Oggi il Parlamento ha votato in seduta congiunta – con i deputati e i senatori presenti nella stessa aula – per eleggere un nuovo giudice della Corte Costituzionale, l’organismo che giudica la legittimità costituzionale delle leggi e risolve i conflitti tra lo Stato e le regioni. Per l’ottava volta consecutiva i partiti non hanno raggiunto un accordo e nessun candidato ha ottenuto il voto dei tre quinti dell’assemblea, ossia 363 voti tra deputati e senatori, necessari per essere eletti. I parlamentari dei partiti che sostengono la maggioranza del governo Meloni hanno votato scheda bianca, mentre i parlamentari dei partiti all’opposizione non hanno partecipato al voto.
Secondo varie fonti stampa, nei giorni scorsi Fratelli d’Italia aveva spinto per la candidatura di Francesco Saverio Marini, attuale consigliere giuridico della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e autore della proposta di riforma costituzionale sul “premierato”, ossia l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il nome di Marini è stato dibattuto sia per un suo eventuale conflitto di interessi — da giudice costituzionale Marini potrebbe dover valutare la legittimità costituzionale di una legge da lui stesso proposta — sia perché i partiti di maggioranza non hanno in Parlamento il numero di voti sufficiente per eleggerlo da soli.
La Costituzione prevede che i cinque giudici costituzionali nominati dal Parlamento siano eletti con voto segreto, con la maggioranza dei due terzi dei deputati e dei senatori riuniti insieme. Questa soglia corrisponde a 403 parlamentari sul totale dei 605 tra deputati e senatori attualmente in carica. Se per tre votazioni il Parlamento in seduta comune non riesce a eleggere nessun giudice la soglia scende a tre quinti, ossia per l’appunto a 363 parlamentari. Al momento la maggioranza di centrodestra composta da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati può contare sul voto di 355 tra deputati e senatori, otto in meno della maggioranza dei tre quinti richiesta a partire dalla quarta votazione. Questo numero non considera i voti dei presidenti delle camere, che per prassi non votano.
Il Parlamento è di nuovo in ritardo nell’elezione di un giudice della Corte Costituzionale
Dunque, per avere la certezza di eleggere il giudice mancante della Corte Costituzionale ai partiti che sostengono il governo Meloni servono i voti di alcuni parlamentari appartenenti ai partiti dell’opposizione. Durante l’ottava votazione la maggioranza ha provato a ottenere l’appoggio dei parlamentari del gruppo Misto di Camera e Senato, e dei parlamentari autonomisti, che gli avrebbero garantito i numeri necessari all’elezione di Marini. L’accordo però non è stato raggiunto e, non avendo la certezza di poter eleggere Marini, la maggioranza ha optato per la scheda bianca.
Votare Marini in mancanza dei voti necessari a eleggerlo avrebbe comportato il rischio di “bruciare” la sua candidatura, facendone perdere credibilità. «Noi non siamo stati cercati, abbiamo cercato il dialogo ma abbiamo trovato un muro. Il fatto che ora si sono fermati speriamo voglia dire che si cercherà un dialogo su un passaggio così importante, che ha sempre visto un dialogo tra maggioranza e opposizione», ha detto la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein oggi alla Camera. «Le opposizioni non possono abusare del nostro senso delle istituzioni e pensare di giocare a scegliere loro chi la maggioranza debba volare, perché questa non è democrazia. Se andiamo avanti su Marini? Questo lo decideremo noi, non la Schlein», ha risposto il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli.
La data della prossima votazione per l’elezione del giudice costituzionale mancante non è stata ancora fissata. La legge prevede espressamente che i giudici costituzionali siano sostituiti entro un mese ma questo obbligo è stato costantemente disatteso e in alcuni casi ha creato situazioni di stallo. Il motivo di questi ritardi ha a che fare, come in questo caso, con gli equilibri politici e con le logiche di spartizione tra i partiti. La Corte Costituzionale è composta da 15 giudici: cinque giudici sono nominati dal presidente della Repubblica, altri cinque sono nominati dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, mentre i restanti cinque sono eletti appunto dal Parlamento in seduta comune.
Secondo varie fonti stampa, nei giorni scorsi Fratelli d’Italia aveva spinto per la candidatura di Francesco Saverio Marini, attuale consigliere giuridico della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e autore della proposta di riforma costituzionale sul “premierato”, ossia l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il nome di Marini è stato dibattuto sia per un suo eventuale conflitto di interessi — da giudice costituzionale Marini potrebbe dover valutare la legittimità costituzionale di una legge da lui stesso proposta — sia perché i partiti di maggioranza non hanno in Parlamento il numero di voti sufficiente per eleggerlo da soli.
La Costituzione prevede che i cinque giudici costituzionali nominati dal Parlamento siano eletti con voto segreto, con la maggioranza dei due terzi dei deputati e dei senatori riuniti insieme. Questa soglia corrisponde a 403 parlamentari sul totale dei 605 tra deputati e senatori attualmente in carica. Se per tre votazioni il Parlamento in seduta comune non riesce a eleggere nessun giudice la soglia scende a tre quinti, ossia per l’appunto a 363 parlamentari. Al momento la maggioranza di centrodestra composta da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati può contare sul voto di 355 tra deputati e senatori, otto in meno della maggioranza dei tre quinti richiesta a partire dalla quarta votazione. Questo numero non considera i voti dei presidenti delle camere, che per prassi non votano.
Il Parlamento è di nuovo in ritardo nell’elezione di un giudice della Corte Costituzionale
Dunque, per avere la certezza di eleggere il giudice mancante della Corte Costituzionale ai partiti che sostengono il governo Meloni servono i voti di alcuni parlamentari appartenenti ai partiti dell’opposizione. Durante l’ottava votazione la maggioranza ha provato a ottenere l’appoggio dei parlamentari del gruppo Misto di Camera e Senato, e dei parlamentari autonomisti, che gli avrebbero garantito i numeri necessari all’elezione di Marini. L’accordo però non è stato raggiunto e, non avendo la certezza di poter eleggere Marini, la maggioranza ha optato per la scheda bianca.
Votare Marini in mancanza dei voti necessari a eleggerlo avrebbe comportato il rischio di “bruciare” la sua candidatura, facendone perdere credibilità. «Noi non siamo stati cercati, abbiamo cercato il dialogo ma abbiamo trovato un muro. Il fatto che ora si sono fermati speriamo voglia dire che si cercherà un dialogo su un passaggio così importante, che ha sempre visto un dialogo tra maggioranza e opposizione», ha detto la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein oggi alla Camera. «Le opposizioni non possono abusare del nostro senso delle istituzioni e pensare di giocare a scegliere loro chi la maggioranza debba volare, perché questa non è democrazia. Se andiamo avanti su Marini? Questo lo decideremo noi, non la Schlein», ha risposto il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli.
La data della prossima votazione per l’elezione del giudice costituzionale mancante non è stata ancora fissata. La legge prevede espressamente che i giudici costituzionali siano sostituiti entro un mese ma questo obbligo è stato costantemente disatteso e in alcuni casi ha creato situazioni di stallo. Il motivo di questi ritardi ha a che fare, come in questo caso, con gli equilibri politici e con le logiche di spartizione tra i partiti. La Corte Costituzionale è composta da 15 giudici: cinque giudici sono nominati dal presidente della Repubblica, altri cinque sono nominati dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, mentre i restanti cinque sono eletti appunto dal Parlamento in seduta comune.