Il Movimento 5 Stelle non la racconta tutta sul nuovo contratto Rai

Il partito ha votato a favore insieme al governo, dicendo di aver permesso di migliorare il testo. Ma i risultati rivendicati non sono tutti frutto di suoi emendamenti
Ansa
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Il 3 ottobre la Commissione parlamentare di vigilanza Rai ha espresso parere favorevole sul nuovo contratto di servizio tra la Rai e lo Stato per il quinquennio 2023-2028. Il contratto, che stabilisce gli obiettivi della televisione pubblica per i prossimi anni, è stato approvato con i voti favorevoli di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e del Movimento 5 Stelle. Il Partito Democratico, Alleanza Verdi-Sinistra e Italia Viva hanno votato contro, mentre Azione si è astenuta. 

Il voto favorevole del partito di Giuseppe Conte ha fatto discutere. Secondo alcune fonti stampa, il voto del Movimento 5 Stelle sarebbe frutto di uno scambio di favori con il centrodestra. In pratica il partito di Conte avrebbe votato a favore per ottenere dai partiti della maggioranza la possibilità di scegliere i vertici di alcuni telegiornali della Rai. Alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione di vigilanza hanno risposto che non c’è stato nessuno “scambio” tra loro e la maggioranza. E che anzi il loro partito ha contribuito a migliorare il testo del contratto, presentando vari emendamenti accolti dalla maggioranza in Commissione di vigilanza. «Abbiamo inserito la massima attenzione del servizio pubblico ai valori costituzionali e il contrasto alla disinformazione, connesso alla verifica delle fonti. E abbiamo aggiunto passaggi sul contrasto alla discriminazione, anche sessuale, e alla violenza di genere, nonché sull’importanza della transizione digitale e green. Poi c’è il richiamo alla promozione e alla valorizzazione del giornalismo d’inchiesta. Infine, è stato aggiunto un intero articolo sulla tutela dei minori», ha dichiarato il 4 ottobre la senatrice del Movimento 5 Stelle Barbara Floridia, presidente della Commissione di vigilanza, in un’intervista con il Fatto Quotidiano. Il deputato del M5S Riccardo Ricciardi ha dichiarato a la Repubblica che grazie al suo partito è stata inserita «la citazione della valorizzazione delle sedi regionali, la tutela delle minoranze linguistiche, il sostegno audiovisivo alle arti, per fare qualche esempio», tutte parti che «prima non c’erano». 

Ma è vero che tutte queste modifiche sono state introdotte con emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle? In breve: no. Gran parte dei meriti rivendicati dal partito di Conte non sono frutto di sue richieste.

Gli emendamenti del Movimento 5 Stelle

Durante l’esame del contratto in Commissione di vigilanza i rappresentanti dei partiti hanno presentato centinaia di emendamenti per modificare il testo. In base alle verifiche di Pagella Politica, gli emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle sono stati 72. Tra questi, quelli accolti del tutto o in parte nel parere della maggioranza sono stati sei, mentre gli altri sono stati respinti o ritirati. Un emendamento è respinto quando non viene accolto dalla commissione, mentre viene ritirato, per esempio, quando il gruppo che l’ha presentato ha trovato un accordo sul tema con i gruppi di maggioranza oppure quando gli emendamenti sono talmente tanti che il presidente della commissione chiede a singoli partiti di segnalare quelli più importanti. E di conseguenza quelli non segnalati decadono. 

Gli emendamenti del M5S accolti sono il 3.8, il 3.11, il 9.28, l’11-bis.2, il 21.5 e il 25.2. Il testo del contratto approvato dalla Commissione di vigilanza non è al momento pubblicamente disponibile, ma Pagella Politica ne ha potuto prendere visione.

L’emendamento 3.8 prevede che «la Rai deve dotarsi di una strategia accelerata di transizione verso la completa e integrale digitalizzazione dei processi produttivi, delle strategie distributive e dell’elaborazione dei contenuti informativi, di narrazione e intrattenimento». L’emendamento 3.11 prevede che lo sviluppo del portale di Rainews.it e di tutta la sezione digitale avvenga «in un quadro di maggiore internazionalizzazione» e il 9.28 che la Rai si impegni a tutelare le minoranze linguistiche, valorizzando le sedi periferiche della televisione pubblica. L’emendamento 11-bis.2 prevede poi la valorizzazione delle videoteche Rai come «un bene comune da tutelare e rendere accessibile a tutti», il 21.5 che tra i membri del comitato di confronto tra Ministero delle Imprese e del Made in Italy e Rai vengano rappresentate persone con «disabilità sensoriali», mentre il 25.2 stabilisce che gli allegati al contratto di servizio siano pubblicati in Gazzetta Ufficiale, come previsto per il contratto stesso. 

In sostanza è dunque vero, come ha sostenuto Floridia, che il Movimento 5 Stelle ha contribuito a inserire il tema della transizione digitale nel contratto di servizio Rai. Allo stesso tempo, però, nessun altro tra i meriti rivendicati dalla presidente della Commissione di vigilanza è frutto di emendamenti presentati dal suo partito. È vero invece, come ha sostenuto Ricciardi, che il Movimento 5 Stelle ha contribuito a inserire la tutela delle minoranze linguistiche e la tutela delle sedi periferiche della Rai, mentre non è chiaro che cosa intenda quando parla di «sostegno audiovisivo alle arti».

La tutela dei minori e il giornalismo d’inchiesta

Fatta eccezione per la transizione digitale, altri meriti rivendicati da Floridia sono frutto di emendamenti presentati dai partiti di maggioranza. 

Per esempio l’articolo dedicato alla tutela dei minori, il 5-bis, è stato introdotto con un emendamento firmato da tre membri del centrodestra della Commissione di vigilanza, ossia i deputati di Fratelli d’Italia Francesco Filini e Augusta Montaruli, e il senatore della Lega Giorgio Maria Bergesio. Il Movimento 5 Stelle aveva chiesto di inserire un comma aggiuntivo, per informare sia i minori sia gli adulti riguardo all’uso appropriato delle trasmissioni televisive, ma l’emendamento è stato ritirato perché non segnalato (ossia non era stato ritenuto tra i più importanti dal M5S).

Allo stesso modo la valorizzazione del giornalismo d’inchiesta è stata inserita con un emendamento di Filini, Montaruli e Bergesio, così come l’attenzione per la transizione ecologica. Tra gli emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle non compare invece nessun riferimento al giornalismo d’inchiesta, mentre aveva presentato tre emendamenti riguardo la transizione ecologica, due dei quali sono stati respinti mentre l’altro è stato ritirato perché non è stato segnalato.

I valori costituzionali e la disinformazione

Il discorso è diverso per quanto riguarda il richiamo ai valori costituzionali. In questo caso il riferimento è stato inserito all’articolo 2 del contratto, con il parere finale presentato dal relatore Maurizio Lupi (Noi Moderati), e non è riconducibile a nessuno specifico emendamento presentato durante l’esame in commissione. Con tutta probabilità è stato quindi frutto di un accordo tra i partiti inserito dal relatore nel testo del parere. Sul tema il Movimento 5 Stelle aveva chiesto di promuovere la cultura scientifica nella televisione pubblica nel rispetto dell’articolo 9 della Costituzione, ma l’emendamento era stato respinto

Il contrasto alla disinformazione era presente invece nel contratto di servizio (articolo 4) prima dell’approvazione degli emendamenti. Nel parere finale del contratto è stata poi inserita la parte relativa alla «verifica puntuale delle fonti», proposta da un emendamento di Maria Stella Gelmini (Azione), che è stato comunque ritirato. Pure il Movimento 5 Stelle aveva presentato due emendamenti per la lotta alla disinformazione, ma uno è stato ritirato perché non segnalato e l’altro è stato respinto.

La lotta alla discriminazione

Come per la disinformazione, anche il contrasto alla discriminazione era già presente all’interno del testo originario del contratto Rai (articolo 2) e non è stato inserito grazie all’intervento del Movimento 5 Stelle. Con il parere finale sono stati aggiunti altri due riferimenti al tema nell’articolo 2: uno contro i discorsi d’odio e un altro più generico, che chiede il contrasto di ogni forma di violenza e discriminazione fondata su motivazioni etniche, religiose e sessuali diffondendo i valori dell’accoglienza e dell’inclusività. Il contrasto ai discorsi d’odio è stato inserito con due emendamenti del Partito Democratico, entrambi accolti dal centrodestra. L’altro riferimento alla discriminazione presente all’articolo 2 è stato introdotto con un emendamento del Partito Democratico e uno di Gelmini, entrambi accolti dalla maggioranza. L’emendamento di Gelmini ha introdotto nello stesso articolo pure il contrasto alla violenza di genere. 

Il Movimento 5 Stelle aveva chiesto di inserire all’articolo 5-bis la promozione «di modelli di riferimento, femminili e maschili, paritari e non stereotipati, mediante contenuti che educhino al rispetto della diversità di genere e al contrasto della violenza», ma l’emendamento è stato ritirato perché non segnalato.

Che cosa succede ora?

Il contratto di servizio della Rai, stipulato tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e la Rai, disciplina la concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale in Italia, e deve essere rinnovato ogni cinque anni. Lo schema generale del nuovo contratto di servizio è stato approvato dal Consiglio di amministrazione della Rai lo scorso 3 luglio e ora, dopo l’esame della Commissione di vigilanza, deve ottenere l’approvazione definitiva sia da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy sia nuovamente del Consiglio di amministrazione della televisione pubblica. 

In altre parole, la nuova versione del contratto approvata dalla Commissione di vigilanza Rai non è quella definitiva, visto che su questa dovranno esprimersi sia il ministero sia i vertici dell’azienda. Al di là dei contenuti introdotti nel contratto, spetterà poi alla Rai metterli in pratica in piena autonomia e sarà compito della Commissione di vigilanza controllare che questo avvenga.

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