Il 30 luglio, in un’intervista al Tg2, il segretario del Partito democratico Enrico Letta ha commentato la posizione e gli obiettivi del partito in vista delle elezioni del prossimo 25 settembre. Tra le altre cose, Letta ha detto che il Pd intende introdurre una nuova «dote» per i giovani che compioni 18 anni, finanziata con una «tassa di successione sui patrimoni plurimilionari». «Questo è il senso delle generazioni che si aiutano», ha detto Letta.
Come spesso succede con le promesse elettorali, la proposta non è nuova: già a maggio 2021 Letta aveva proposto di aumentare le imposte sulle eredità oltre i 5 milioni di euro, in modo da raccogliere fondi per dare ogni anno ai diciottenni meno avvantaggiati una «dote» da 10 mila euro. La misura, secondo il Pd, avrebbe colpito solo la parte più abbiente della popolazione, per ridistribuire la ricchezza verso i meno fortunati. In quell’occasione, l’idea era criticata dal centrodestra ed era stata accantonata dal governo guidato da Mario Draghi, senza quindi concretizzarsi.
A meno di due mesi dalle elezioni, l’idea di aumentare le tasse sulle successioni ha nuovamente trovato l’opposizione di molti dei partiti. Oltre alle critiche del centrodestra – dalla Lega di Matteo Salvini a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che hanno definito la misura una «patrimoniale» – anche alcuni partiti di centro hanno bocciato la misura. Per esempio, il leader di Italia viva, Matteo Renzi, ha dichiarato: «Aumentare la tassa di successione è folle», chiedendosi: «Possiamo almeno morire gratis?», mentre il segretario di Azione Carlo Calenda ha scritto su Twitter che «ai diciottenni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro».
Al di là delle opinioni relative alla proposta del Pd, come funziona oggi la tassa di successione in Italia? E cosa comporterebbe aumentarla? Abbiamo guardato ai numeri che stanno dietro a questa proposta.
Come spesso succede con le promesse elettorali, la proposta non è nuova: già a maggio 2021 Letta aveva proposto di aumentare le imposte sulle eredità oltre i 5 milioni di euro, in modo da raccogliere fondi per dare ogni anno ai diciottenni meno avvantaggiati una «dote» da 10 mila euro. La misura, secondo il Pd, avrebbe colpito solo la parte più abbiente della popolazione, per ridistribuire la ricchezza verso i meno fortunati. In quell’occasione, l’idea era criticata dal centrodestra ed era stata accantonata dal governo guidato da Mario Draghi, senza quindi concretizzarsi.
A meno di due mesi dalle elezioni, l’idea di aumentare le tasse sulle successioni ha nuovamente trovato l’opposizione di molti dei partiti. Oltre alle critiche del centrodestra – dalla Lega di Matteo Salvini a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che hanno definito la misura una «patrimoniale» – anche alcuni partiti di centro hanno bocciato la misura. Per esempio, il leader di Italia viva, Matteo Renzi, ha dichiarato: «Aumentare la tassa di successione è folle», chiedendosi: «Possiamo almeno morire gratis?», mentre il segretario di Azione Carlo Calenda ha scritto su Twitter che «ai diciottenni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro».
Al di là delle opinioni relative alla proposta del Pd, come funziona oggi la tassa di successione in Italia? E cosa comporterebbe aumentarla? Abbiamo guardato ai numeri che stanno dietro a questa proposta.