Da qualche giorno si sta parlando della possibilità di “sciogliere” il comune di Bari, attualmente amministrato da Antonio Decaro, esponente del Partito Democratico e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci). In breve, il motivo è questo: il 26 febbraio la polizia ha arrestato a Bari 130 persone ritenute responsabili di una serie di reati di stampo mafioso, tra cui quello di scambio elettorale politico-mafioso. Tra gli arrestati ci sono anche una consigliera del comune di Bari e suo marito, ex consigliere della Regione Puglia. In seguito agli arresti, il 19 marzo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha firmato un “provvedimento di accesso ispettivo” nei confronti del comune di Bari, per verificare lo stato dell’amministrazione cittadina ed eventualmente sciogliere il comune per infiltrazioni mafiose. Decaro ha definito la decisione di Piantedosi «un atto di guerra», che punterebbe a «sabotare il corso regolare della vita democratica della città di Bari, proprio (guarda caso) alla vigilia delle elezioni». Nel capoluogo pugliese, infatti, l’8 e il 9 giugno si terranno le elezioni comunali, oltre alle elezioni europee, per eleggere il nuovo sindaco e il consiglio comunale.
Il 20 marzo Decaro ha tenuto un incontro con i giornalisti, in cui ha ribadito la sua estraneità ai fatti e ha accusato Piantedosi di aver firmato il provvedimento su richiesta di due parlamentari pugliesi di Forza Italia, il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Mauro D’Attis e il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. Lo stesso giorno il Ministero dell’Interno ha pubblicato una nota in cui ha precisato che l’accesso ispettivo «non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa».
Al di là delle valutazioni politiche sulla vicenda di Bari, vediamo come si arriva allo scioglimento di un comune e quali sono le sue possibili conseguenze.
Il 20 marzo Decaro ha tenuto un incontro con i giornalisti, in cui ha ribadito la sua estraneità ai fatti e ha accusato Piantedosi di aver firmato il provvedimento su richiesta di due parlamentari pugliesi di Forza Italia, il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Mauro D’Attis e il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. Lo stesso giorno il Ministero dell’Interno ha pubblicato una nota in cui ha precisato che l’accesso ispettivo «non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa».
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