L’istruzione e la libertà di scelta
Uno dei motivi principali per cui la Lega si sta interessando a questa vicenda riguarda il tema dell’istruzione e della libertà di scelta dei genitori.
I figli della coppia non frequentavano la scuola e seguivano la pratica dell’unschooling, una forma di homeschooling (cioè l’istruzione a casa) che rifiuta programmi formali e punta sull’apprendimento spontaneo guidato dagli interessi del minore.
Sul suo sito personale, la madre dei bambini sostiene che «la scuola convenzionale si concentra sulla separazione dei bambini dai genitori, dagli anziani e dai fratelli di cui si fidano». Secondo la donna, la scuola «controlla e implementa ciò che i bambini devono imparare e quando devono impararlo» e «utilizza un sistema di premi e punizioni che crea ansia e autocritica». Inoltre, Birmingham sostiene che i legami con i coetanei sarebbero nocivi perché porterebbero i bambini a cercare l’approvazione dei compagni, causando il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la depressione, l’ansia, lo stress «e, peggio di tutto, il suicidio».
L’unschooling, al contrario, «favorisce prima la maturazione del cervello e permette il naturale sviluppo dell’autonomia e del desiderio».
I giudici del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, nella loro ordinanza, hanno dato però una lettura opposta: gli studi in psicologia evidenziano la centralità del confronto tra pari nello sviluppo dei minori. La socializzazione non è un dettaglio, ma il contesto in cui si formano competenze socio-emotive, autonomia e capacità di gestire i conflitti. L’isolamento totale, al contrario, può generare difficoltà di apprendimento, bassa autostima, problemi nella regolazione emotiva e, nel tempo, maggiore vulnerabilità alla pressione del gruppo.
Sul piano normativo, l’istruzione parentale è legale in Italia, purché vengano rispettati alcuni requisiti: per esempio, presentare dichiarazioni formali, dimostrare le competenze educative ed economiche dei genitori, e completare le verifiche annuali del livello di apprendimento dei bambini. Secondo i giudici, la coppia non aveva depositato la documentazione prevista per l’homeschooling, mentre il 24 novembre il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha annunciato che, in base alle sue verifiche, l’obbligo scolastico sarebbe stato rispettato.
In questo quadro, la Lega legge la scelta educativa della famiglia come coerente con il principio della «libertà educativa», che il partito sostiene da anni. Nel suo programma elettorale del 2022, la Lega affermava che «le famiglie devono essere pienamente libere di scegliere il sistema di istruzione più adatto per i propri figli». Inoltre, nel 2019, un’ex deputata leghista aveva presentato una proposta di legge – poi mai discussa dal Parlamento – che prevedeva contributi economici alle famiglie che praticano l’istruzione parentale, partendo dall’idea che questo comporti risparmi per lo Stato.
Le posizioni espresse in passato dal partito sul ruolo centrale della famiglia nell’educazione restano pienamente attuali anche in questa vicenda, almeno nella lettura che la Lega propone del caso. «Noi crediamo fortemente nel primato educativo della famiglia e nella libertà di scelta educativa», ha spiegato a Pagella Politica Rossano Sasso, deputato della Lega ed ex sottosegretario all’Istruzione del governo Draghi.
A sostegno della sua posizione, Sasso ha citato l’articolo 30 della Costituzione, in base al quale «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». L’articolo stabilisce anche che «nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti».
L’interpretazione varia a seconda della valutazione di incapacità o meno dei genitori di istruire ed educare i figli, ma su questo punto Sasso e il suo partito si sono schierati dalla parte della famiglia. «I giudici avrebbero potuto evitare una misura così drastica come il trasferimento coattivo dei bimbi, la cui unica colpa è stata quella di essere felici con i propri genitori, in mezzo alla natura e agli animali», ha dichiarato il deputato della Lega. «Provo profonda tristezza per quei bambini e per uno Stato che sta facendo del male ad una famiglia».
Per completezza, va detto che durante l’attuale legislatura il governo Meloni, sostenuto dalla Lega,
è intervenuto per inasprire le pene di chi non manda i figli a scuola. Il decreto “Caivano”, convertito in legge a novembre 2023, ha infatti introdotto il reato di “inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”. Ora i genitori che non fanno rispettare l’obbligo scolastico rischiano fino a due anni di carcere, mentre prima gli si poteva dare al massimo una multa. Lo scorso maggio, il Ministero del Lavoro
ha chiarito con un decreto interministeriale che le famiglie che non documentano l’adempimento dell’obbligo di istruzione dei figli possono perdere l’assegno di inclusione, un sussidio introdotto nel 2024 dal governo Meloni al posto del reddito di cittadinanza.