Perché la Lega ha così a cuore il caso della famiglia nel bosco

C’entrano le storiche battaglie del partito di Salvini sulla libertà educativa e sulla giustizia, oltre a motivi di opportunità politica
Ansa
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A prima vista, il caso dei due genitori che vivono in un bosco in Abruzzo, a cui sono stati allontanati i tre figli, sembra tutto fuorché destinato a diventare una battaglia politica della Lega. Si tratta infatti di una coppia di stranieri extracomunitari che abita in una casa priva di elettricità e acqua corrente, per scelta e per non pagare le bollette, seguendo una filosofia green orientata a ridurre l’impatto ambientale e un’educazione alternativa in cui i figli non vanno a scuola. Una scelta di vita che, almeno sulla carta, non coincide con molti dei riferimenti culturali e identitari del partito di Matteo Salvini.

Eppure, negli ultimi giorni, proprio la Lega è stata il partito più attivo nel prendere le difese di questa famiglia, contribuendo a trasformare la vicenda in un caso nazionale. Dal 21 al 24 novembre, le pagine social della Lega e del suo leader hanno pubblicato almeno 15 contenuti sul tema: dagli appelli per «riportare quei bambini tra le braccia di mamma e papà» alle critiche contro l’«arroganza» della magistratura, spesso accompagnati dall’invito a sostenere la riforma costituzionale della giustizia e il Sì al referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati.
Come si spiega questo apparente paradosso? Perché proprio la Lega ha scelto di farsi carico della causa di una famiglia che, almeno in superficie, sembra lontana dal suo immaginario politico? Le ragioni sono diverse, e spaziano dalla difesa della libertà educativa al confronto con la magistratura.

La decisione dei giudici

Prima di analizzare il posizionamento della Lega, è utile riassumere che cos’è successo finora. Il 20 novembre il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha disposto l’allontanamento di tre bambini dalla coppia anglo-australiana – l’inglese Nathan Trevallion e l’australiana Catherine Birmingham – al termine di un percorso durato oltre un anno.

Tutto era iniziato dopo l’intossicazione da funghi che, a settembre 2024, aveva portato la famiglia in pronto soccorso e aveva attivato i monitoraggi dei servizi sociali: visite domiciliari, verifiche sull’abitazione e richieste di accertamenti sanitari. Nel corso dei mesi, però, il Tribunale ha riscontrato una serie di criticità: l’abitazione era priva di acqua, luce e servizi igienici; i genitori avevano rifiutato i controlli medici ritenuti necessari; i bambini vivevano in completo isolamento, senza rapporti con coetanei e con difficoltà perfino a comunicare in italiano; infine, erano stati esposti in televisione durante il procedimento.

Sulla base di questo insieme di elementi – e non dello stile di vita o dell’istruzione parentale in quanto tale – i giudici hanno concluso che esistesse un pregiudizio attuale e grave per l’incolumità e lo sviluppo dei minori. Da qui la decisione di sospendere la responsabilità genitoriale e collocare temporaneamente i bambini in una casa-famiglia, consentendo comunque incontri regolati con la madre. 

La difesa della famiglia ha già annunciato ricorso contro il provvedimento.

L’istruzione e la libertà di scelta

Uno dei motivi principali per cui la Lega si sta interessando a questa vicenda riguarda il tema dell’istruzione e della libertà di scelta dei genitori.

I figli della coppia non frequentavano la scuola e seguivano la pratica dell’unschooling, una forma di homeschooling (cioè l’istruzione a casa) che rifiuta programmi formali e punta sull’apprendimento spontaneo guidato dagli interessi del minore. 

Sul suo sito personale, la madre dei bambini sostiene che «la scuola convenzionale si concentra sulla separazione dei bambini dai genitori, dagli anziani e dai fratelli di cui si fidano». Secondo la donna, la scuola «controlla e implementa ciò che i bambini devono imparare e quando devono impararlo» e «utilizza un sistema di premi e punizioni che crea ansia e autocritica». Inoltre, Birmingham sostiene che i legami con i coetanei sarebbero nocivi perché porterebbero i bambini a cercare l’approvazione dei compagni, causando il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la depressione, l’ansia, lo stress «e, peggio di tutto, il suicidio».  

L’unschooling, al contrario, «favorisce prima la maturazione del cervello e permette il naturale sviluppo dell’autonomia e del desiderio».

I giudici del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, nella loro ordinanza, hanno dato però una lettura opposta: gli studi in psicologia evidenziano la centralità del confronto tra pari nello sviluppo dei minori. La socializzazione non è un dettaglio, ma il contesto in cui si formano competenze socio-emotive, autonomia e capacità di gestire i conflitti. L’isolamento totale, al contrario, può generare difficoltà di apprendimento, bassa autostima, problemi nella regolazione emotiva e, nel tempo, maggiore vulnerabilità alla pressione del gruppo.

Sul piano normativo, l’istruzione parentale è legale in Italia, purché vengano rispettati alcuni requisiti: per esempio, presentare dichiarazioni formali, dimostrare le competenze educative ed economiche dei genitori, e completare le verifiche annuali del livello di apprendimento dei bambini. Secondo i giudici, la coppia non aveva depositato la documentazione prevista per l’homeschooling, mentre il 24 novembre il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha annunciato che, in base alle sue verifiche, l’obbligo scolastico sarebbe stato rispettato. 

In questo quadro, la Lega legge la scelta educativa della famiglia come coerente con il principio della «libertà educativa», che il partito sostiene da anni. Nel suo programma elettorale del 2022, la Lega affermava che «le famiglie devono essere pienamente libere di scegliere il sistema di istruzione più adatto per i propri figli». Inoltre, nel 2019, un’ex deputata leghista aveva presentato una proposta di legge – poi mai discussa dal Parlamento – che prevedeva contributi economici alle famiglie che praticano l’istruzione parentale, partendo dall’idea che questo comporti risparmi per lo Stato.

Le posizioni espresse in passato dal partito sul ruolo centrale della famiglia nell’educazione restano pienamente attuali anche in questa vicenda, almeno nella lettura che la Lega propone del caso. «Noi crediamo fortemente nel primato educativo della famiglia e nella libertà di scelta educativa», ha spiegato a Pagella Politica Rossano Sasso, deputato della Lega ed ex sottosegretario all’Istruzione del governo Draghi. 

A sostegno della sua posizione, Sasso ha citato l’articolo 30 della Costituzione, in base al quale «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». L’articolo stabilisce anche che «nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti».

L’interpretazione varia a seconda della valutazione di incapacità o meno dei genitori di istruire ed educare i figli, ma su questo punto Sasso e il suo partito si sono schierati dalla parte della famiglia. «I giudici avrebbero potuto evitare una misura così drastica come il trasferimento coattivo dei bimbi, la cui unica colpa è stata quella di essere felici con i propri genitori, in mezzo alla natura e agli animali», ha dichiarato il deputato della Lega. «Provo profonda tristezza per quei bambini e per uno Stato che sta facendo del male ad una famiglia».

Per completezza, va detto che durante l’attuale legislatura il governo Meloni, sostenuto dalla Lega, è intervenuto per inasprire le pene di chi non manda i figli a scuola. Il decreto “Caivano”, convertito in legge a novembre 2023, ha infatti introdotto il reato di “inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”. Ora i genitori che non fanno rispettare l’obbligo scolastico rischiano fino a due anni di carcere, mentre prima gli si poteva dare al massimo una multa. Lo scorso maggio, il Ministero del Lavoro ha chiarito con un decreto interministeriale che le famiglie che non documentano l’adempimento dell’obbligo di istruzione dei figli possono perdere l’assegno di inclusione, un sussidio introdotto nel 2024 dal governo Meloni al posto del reddito di cittadinanza.

La magistratura, i “gretini” e i campi rom

Oltre alla difesa del principio della libertà educativa, la vicenda della famiglia del bosco ha offerto alla Lega anche un terreno politico su cui insistere. Criticando il provvedimento dei giudici, diversi esponenti del partito hanno collegato il caso alla riforma costituzionale della giustizia e al referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, accusando i giudici di incoerenza.

Uno degli argomenti più dibattuti riguarda le condizioni dell’abitazione in cui vive la famiglia nel bosco abruzzese. Chi difende la decisione dei giudici le considera incompatibili con standard igienico-sanitari minimi per tre bambini. 

La Lega, invece, ha ribaltato la narrazione, definendo la coppia una «famiglia green» che viveva nella natura e riduceva quasi del tutto le emissioni. Salvini ha parlato di «cortocircuito» della magistratura e della sinistra, chiedendosi perché una famiglia «a emissioni zero» debba essere punita. Anche Sasso ha insistito su questo punto: «Sono anni che un certo mainstream ci stressa con il green e una volta che una famiglia è coerente con questa visione della vita che facciamo, li perseguitiamo? Dove sono i Friday for future, dove stanno gli ecologisti italiani, dove sono i gretini e il codazzo intellettuale al seguito?».

A questo tema se ne affianca un altro, centrale nella comunicazione di Salvini: il paragone con le condizioni dei bambini rom. Secondo il partito, l’attenzione della magistratura sarebbe sproporzionata: i minori rom vivrebbero in condizioni di degrado molto peggiori senza che vi siano interventi altrettanto rigorosi (in realtà, gli interventi dei servizi sociali sono documentati anche per i campi rom). «Crescono nella sporcizia, tra i ratti, nel fango», ha detto Sasso. «Quella sì che non è una visione culturale compatibile con il nostro ordinamento e con la civiltà, ma guai a toccare quei bambini. Per certa magistratura va bene così e per la sinistra magari quella è la loro cultura e va rispettata».

In definitiva, al di là di come la si pensi sulla vicenda della famiglia nel bosco, è evidente che la storia è uscita dal perimetro della cronaca per diventare terreno di scontro politico nazionale. La Lega, più di ogni altro partito, ha colto l’occasione per confermare la propria linea sulla libertà educativa e, allo stesso tempo, per evidenziare quelle che considera contraddizioni della magistratura e della sinistra. 

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