Le Pen e Salvini la pensano all’opposto sulle autonomie regionali

I due leader hanno spesso preso posizioni divergenti sulla richiesta di maggiori poteri da parte di regioni e comunità locali
ANSA/MICHELE MARAVIGLIA
ANSA/MICHELE MARAVIGLIA
Domenica 17 settembre si è tenuto a Pontida, in provincia di Bergamo, il tradizionale raduno della Lega. Tra i vari ospiti dell’evento c’è stata Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra francese Rassemblement National, definita «un’alleata e un’amica» dal segretario della Lega Matteo Salvini. Il giorno successivo Salvini e Le Pen hanno partecipato insieme alla trasmissione Cinque minuti su Rai 1, dove si sono detti «totalmente d’accordo» su tutti i fronti, dall’immigrazione alle alleanze in Europa. In realtà c’è almeno un tema, centrale da sempre nel programma della Lega, su cui i due leader in passato hanno mostrato posizioni opposte. Stiamo parlando della possibilità di concedere maggiore autonomia alle regioni e alle comunità locali.

Dal 2015 Lega e Rassemblement National fanno parte dello stesso gruppo al Parlamento europeo, dapprima tra le file del gruppo “Europa delle Nazioni e della Libertà” e dal 2019 nel gruppo “Identità e democrazia”. I due partiti hanno portato avanti insieme battaglie contro una maggiore integrazione europea, contro l’immigrazione e per la tutela della tradizione e della sovranità delle nazioni. Per questo Salvini, Le Pen e i loro alleati sono stati definiti “nazionalisti”, “euroscettici” e “sovranisti”.

Allo stesso tempo, fin dalle sue origini, la Lega (nata come “Lega Nord”) chiede maggiore autonomia per le regioni del Nord Italia. La rivendicazione iniziale del partito di Salvini, fondato nel 1991 da Umberto Bossi, era quella di una riforma costituzionale in senso federale per diminuire i poteri dello Stato centrale a vantaggio della macroregione del Nord. Nel 1995 la Lega è passata a una politica apertamente secessionista chiedendo l’indipendenza per la “Padania”, indipendenza autoproclamata da Bossi l’anno successivo. Nei primi anni 2000 l’idea della secessione è stata abbandonata in favore di un progetto costituzionale di trasferimento di competenze dallo Stato centrale alle regioni, poi bocciato da un referendum costituzionale nel 2006. Oggi questa battaglia è portata avanti, in modo meno drastico rispetto al passato, attraverso la riforma sull’autonomia differenziata per concedere maggiori poteri alle regioni. Al momento questa riforma è all’esame in Senato e il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli ha assicurato che sarà approvata nel 2024.

Diversamente dagli alleati della Lega, il Rassemblement National non si è mai distinto per una particolare attenzione alle autonomie locali. Questa caratteristica del partito di Le Pen è stata sottolineata dall’ex europarlamentare leghista Mario Borghezio, che durante il raduno di Pontida ha definito la presenza della politica francese «una grave contraddizione». Secondo Borghezio, infatti, Le Pen è una «nemica delle autonomie», a cominciare da quelle di Corsica, Catalogna e Paesi Baschi. Ma è giusto considerare la leader francese una “nemica” della causa autonomista?

Le autonomie secondo Le Pen

Marine Le Pen si è candidata tre volte alle elezioni presidenziali francesi: nel 2012, nel 2017 e nel 2022. In nessuno dei programmi elettorali presentati in queste occasioni le autonomie locali occupavano un posto di primo piano. Anzi: Le Pen ha spesso proposto riforme per limitarle. 

Per esempio, a gennaio 2012, in un discorso programmatico Le Pen sosteneva che «lo Stato deve recuperare la sua piena legittimità nella gestione della politica nazionale, in particolare arrestando la deriva del decentramento». Per raggiungere questo obiettivo Le Pen proponeva di limitare per legge le competenze degli enti locali (che in Francia sono i comuni, i dipartimenti e le regioni) e rafforzare i poteri dei prefetti, ossia i funzionari del governo centrale che garantiscono l’ordine pubblico nei vari dipartimenti.

Nel programma elettorale del 2017 Le Pen chiedeva una revisione complessiva della struttura degli enti locali. La proposta era di «mantenere tre livelli di amministrazione: comuni, dipartimenti e Stato», eliminando dunque le regioni. Secondo la leader francese questo avrebbe reso più chiara la divisione delle competenze tra gli enti locali e rafforzato il ruolo dei sindaci. Per i cittadini avrebbe comportato «una riduzione delle tasse locali».

Alle elezioni presidenziali del 2022 il tema delle autonomie locali non era menzionato nel programma di Le Pen. A febbraio 2022 la leader del Rassemblement national si era comunque espressa sul tema in un’intervista rilasciata ad Acteurs publics, una testata francese specializzata nel settore delle politiche pubbliche. In quell’occasione Le Pen affermava che la riorganizzazione territoriale non era la priorità per la Francia, anche se c’era ragione di «mettere in discussione la pertinenza dell’attuale quadro dipartimentale». In ogni caso, Le Pen proponeva «il ricentramento di alcune competenze, in particolare nel settore dei trasporti».

La Corsica e le minoranze linguistiche

In uno Stato centralista come quello francese la regione che vive la maggiore spinta autonomista è la Corsica. In seguito alla riforma degli enti locali del 2015 l’isola è considerata una “collettività a statuto particolare”, paragonabile alle regioni a statuto speciale in Italia. Questo riconoscimento non ha però interrotto le rivendicazioni autonomiste corse. 

A marzo 2022, un mese prima delle elezioni presidenziali, un’ondata di proteste è scattata in risposta all’aggressione mortale ai danni del militante indipendentista corso Yvan Colonna, recluso nel carcere di Marsiglia per aver ucciso un prefetto nel 1998. Incaricato dal presidente Emmanuel Macron, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin si era recato in Corsica per placare le proteste, dicendo di essere pronto a concedere un’autonomia ancora maggiore all’isola. All’epoca Marine Le Pen aveva criticato su Twitter (oggi X) le parole del ministro, accusando il governo di opportunismo in vista delle elezioni: «Il clientelismo cinico di Emmanuel Macron infrange l’integrità del territorio francese: la Corsica deve rimanere francese». 

Poche settimane più tardi, alla vigilia del secondo turno delle elezioni presidenziali, la leader del Rassemblement National si è dichiarata contraria all’insegnamento delle lingue regionali nelle scuole. «Le scuole devono concentrarsi sull’insegnamento dei saperi fondamentali. Le lingue territoriali fanno parte del nostro patrimonio, ma la lingua della Repubblica è il francese», ha affermato Le Pen. Questa posizione ha scontentato soprattutto i baschi in territorio francese, interessati a insegnare la lingua basca nelle scuole.

La questione catalana

Il tema delle autonomie è stato al centro del dibattito politico europeo nel 2017, quando il Parlamento della Catalogna aveva convocato un referendum sull’indipendenza dalla Spagna. Il governo spagnolo lo riteneva illegittimo e per impedirlo aveva mobilitato tutte le forze di polizia, provocando tensioni e scontri tra gli indipendentisti e gli agenti. 

In quell’occasione sia Salvini sia Le Pen erano intervenuti sulla questione, esprimendo posizioni divergenti. Il segretario della Lega, che già tempo prima si era espresso a favore delle rivendicazioni catalane, aveva attaccato il governo spagnolo all’indomani del referendum: «Non è possibile che per impedire alla gente di votare e di scegliere si usino i manganelli e i proiettili di gomma». Salvini aveva criticato anche l’Unione europea, accusata di ipocrisia per la sua reazione di fronte alla violenza: «Sanzioni contro la Russia perché Putin non è democratico e silenzio su 700 cittadini manganellati perché chiedevano il diritto di votare». Il segretario concludeva il suo messaggio con un appello: «Viva l’autonomia, viva la libertà, ovunque i cittadini la richiedano».

All’epoca anche Marine Le Pen aveva accusato l’Unione europea, ma per motivi diversi. Secondo la leader francese «l’Ue è stata ipocrita sulla Catalogna, perché è lei a incoraggiare questo genere di rivendicazioni separatiste avendo rapporti con le regioni». Allo stesso tempo, un comunicato ufficiale del partito (che allora si chiamava Front National) criticava «l’atteggiamento settario degli indipendentisti sostenuti dall’estrema sinistra catalana, totalitaria e antidemocratica, che ha avviato questo processo contro una decisione della giustizia costituzionale».

Le Pen e Salvini sono alleati da quasi dieci anni e i loro partiti hanno condiviso diverse battaglie, come quella contro l’immigrazione o contro l’attribuzione di maggiori poteri alle istituzioni europee. Allo stesso tempo, però, la Lega e il Rassemblement National restano distanti sulle autonomie locali.

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