Domenica 17 settembre si è tenuto a Pontida, in provincia di Bergamo, il tradizionale raduno della Lega. Tra i vari ospiti dell’evento c’è stata Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra francese Rassemblement National, definita «un’alleata e un’amica» dal segretario della Lega Matteo Salvini. Il giorno successivo Salvini e Le Pen hanno partecipato insieme alla trasmissione Cinque minuti su Rai 1, dove si sono detti «totalmente d’accordo» su tutti i fronti, dall’immigrazione alle alleanze in Europa. In realtà c’è almeno un tema, centrale da sempre nel programma della Lega, su cui i due leader in passato hanno mostrato posizioni opposte. Stiamo parlando della possibilità di concedere maggiore autonomia alle regioni e alle comunità locali.
Dal 2015 Lega e Rassemblement National fanno parte dello stesso gruppo al Parlamento europeo, dapprima tra le file del gruppo “Europa delle Nazioni e della Libertà” e dal 2019 nel gruppo “Identità e democrazia”. I due partiti hanno portato avanti insieme battaglie contro una maggiore integrazione europea, contro l’immigrazione e per la tutela della tradizione e della sovranità delle nazioni. Per questo Salvini, Le Pen e i loro alleati sono stati definiti “nazionalisti”, “euroscettici” e “sovranisti”.
Allo stesso tempo, fin dalle sue origini, la Lega (nata come “Lega Nord”) chiede maggiore autonomia per le regioni del Nord Italia. La rivendicazione iniziale del partito di Salvini, fondato nel 1991 da Umberto Bossi, era quella di una riforma costituzionale in senso federale per diminuire i poteri dello Stato centrale a vantaggio della macroregione del Nord. Nel 1995 la Lega è passata a una politica apertamente secessionista chiedendo l’indipendenza per la “Padania”, indipendenza autoproclamata da Bossi l’anno successivo. Nei primi anni 2000 l’idea della secessione è stata abbandonata in favore di un progetto costituzionale di trasferimento di competenze dallo Stato centrale alle regioni, poi bocciato da un referendum costituzionale nel 2006. Oggi questa battaglia è portata avanti, in modo meno drastico rispetto al passato, attraverso la riforma sull’autonomia differenziata per concedere maggiori poteri alle regioni. Al momento questa riforma è all’esame in Senato e il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli ha assicurato che sarà approvata nel 2024.
Diversamente dagli alleati della Lega, il Rassemblement National non si è mai distinto per una particolare attenzione alle autonomie locali. Questa caratteristica del partito di Le Pen è stata sottolineata dall’ex europarlamentare leghista Mario Borghezio, che durante il raduno di Pontida ha definito la presenza della politica francese «una grave contraddizione». Secondo Borghezio, infatti, Le Pen è una «nemica delle autonomie», a cominciare da quelle di Corsica, Catalogna e Paesi Baschi. Ma è giusto considerare la leader francese una “nemica” della causa autonomista?
Dal 2015 Lega e Rassemblement National fanno parte dello stesso gruppo al Parlamento europeo, dapprima tra le file del gruppo “Europa delle Nazioni e della Libertà” e dal 2019 nel gruppo “Identità e democrazia”. I due partiti hanno portato avanti insieme battaglie contro una maggiore integrazione europea, contro l’immigrazione e per la tutela della tradizione e della sovranità delle nazioni. Per questo Salvini, Le Pen e i loro alleati sono stati definiti “nazionalisti”, “euroscettici” e “sovranisti”.
Allo stesso tempo, fin dalle sue origini, la Lega (nata come “Lega Nord”) chiede maggiore autonomia per le regioni del Nord Italia. La rivendicazione iniziale del partito di Salvini, fondato nel 1991 da Umberto Bossi, era quella di una riforma costituzionale in senso federale per diminuire i poteri dello Stato centrale a vantaggio della macroregione del Nord. Nel 1995 la Lega è passata a una politica apertamente secessionista chiedendo l’indipendenza per la “Padania”, indipendenza autoproclamata da Bossi l’anno successivo. Nei primi anni 2000 l’idea della secessione è stata abbandonata in favore di un progetto costituzionale di trasferimento di competenze dallo Stato centrale alle regioni, poi bocciato da un referendum costituzionale nel 2006. Oggi questa battaglia è portata avanti, in modo meno drastico rispetto al passato, attraverso la riforma sull’autonomia differenziata per concedere maggiori poteri alle regioni. Al momento questa riforma è all’esame in Senato e il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli ha assicurato che sarà approvata nel 2024.
Diversamente dagli alleati della Lega, il Rassemblement National non si è mai distinto per una particolare attenzione alle autonomie locali. Questa caratteristica del partito di Le Pen è stata sottolineata dall’ex europarlamentare leghista Mario Borghezio, che durante il raduno di Pontida ha definito la presenza della politica francese «una grave contraddizione». Secondo Borghezio, infatti, Le Pen è una «nemica delle autonomie», a cominciare da quelle di Corsica, Catalogna e Paesi Baschi. Ma è giusto considerare la leader francese una “nemica” della causa autonomista?