Il 14 marzo il Partito democratico terrà un’Assemblea nazionale per decidere la strada da percorrere dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario. È la prima tappa per l’elezione del successore (un meccanismo complesso che abbiamo spiegato qui).
In questi giorni, si è spesso parlato delle correnti all’interno del partito e di come queste abbiano giocato un ruolo decisivo anche nelle ultime evoluzioni (l’abbandono del segretario, appunto).
Quali sono dunque le correnti del Pd e che peso hanno? Vediamo nei dettagli.
Da AreaDem ai Giovani turchi
Il Partito democratico è nato nel 2007 dalla fusione dei Democratici di sinistra (Ds) – eredi del Partito comunista italiano, poi diventato Partito democratico di sinistra (Pds) – e dalla Margherita, forza politica centrista e riformista discendente dal Partito popolare italiano. L’idea alla base della fondazione del Pd era la creazione di un polo di centrosinistra a vocazione maggioritaria. In altri termini: superare le frammentazioni del campo progressista per allargare la base elettorale.
È dunque nella natura del Partito democratico contenere anime politiche diverse (secondo i critici, sarebbe il risultato di una “fusione a freddo” mai riuscita del tutto).
Le correnti esistono in realtà in tutti i partiti, ma solo nel Pd sono ancora organizzate come accadeva ai tempi della Prima Repubblica all’interno della Democrazia cristiana: con leader di riferimento, spesso un proprio logo, una reale capacità di spingere il partito in una direzione o nell’altra in base al numero delle adesioni.
Ufficialmente le correnti nascono con i congressi, attorno a una mozione e a un candidato. Possono però anche formarsi al di fuori, a prescindere dai candidati, come aggregazioni politico-culturali intorno a temi condivisi.
Oggi, le correnti di maggiore peso all’interno del Pd sono quattro: AreaDem e Dems – entrambe vicine al segretario uscente Zingaretti – rappresentano la maggioranza nel partito, mentre le altre correnti vengono definite “minoranze”.
Maggioranza
– AreaDem: Nata nel 2009, fa riferimento al ministro della Cultura Dario Franceschini. Ne fanno parte, fra gli altri, la viceministra agli Affari esteri Marina Sereni, l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti, i senatori Franco Mirabelli e Luigi Zanda. È fra le correnti più vicine al segretario Nicola Zingaretti.
– Dems: È la corrente del ministro del Lavoro e vicesegretario del Pd Andrea Orlando ed è attiva dal 2017. Fra i nomi, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, l’ex viceministro all’Economia Antonio Misiani e l’ex sottosegretario con delega all’editoria Andrea Martella. Anche Dems è fra le correnti più in sintonia con il segretario Zingaretti.
Minoranza
– Base riformista: Su Twitter si definiscono “Associazione di cultura politica”. Ne sono a capo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e l’ex ministro per lo Sport Luca Lotti. Il portavoce è il deputato Andrea Romano, coordinatore nazionale è il senatore Alessandro Alfieri. Ha un’ampia rappresentanza fra i parlamentari eletti nel 2018, con oltre 50 tra deputati e senatori. Esiste formalmente dall’estate 2019, quando ha anche pubblicato un proprio manifesto. Vengono spesso definiti “ex renziani”, ma non amano l’etichetta: «È una caricatura che ha il solo scopo di delegittimarci, come se fossimo la quinta colonna di un nemico esterno», ha detto Romano a Pagella Politica. «Ma siamo tutti ex di qualcosa; io ad esempio non definisco Andrea Orlando un “ex bersaniano” ma guardo con rispetto alle sue posizioni».
– Giovani turchi: È l’ala più a sinistra del partito, guidata del deputato Matteo Orfini. Ne fanno parte anche alcuni fra i parlamentari più giovani, le deputate Giuditta Pini e Chiara Gribaudo. È nata nel 2010. Ne faceva parte anche Andrea Orlando, oggi ministro del Lavoro e capocorrente di Dems.
In passato c’era anche un’altra corrente, Fianco a fianco, nata a sostegno di Maurizio Martina quand’era segretario del Pd. Ne facevano parte anche il capogruppo dem Graziano Delrio e la vicepresidente Debora Serracchiani. Ora che Martina si è dimesso dal suo ruolo di deputato per diventare vicedirettore generale aggiunto della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, la corrente non è più considerata in attività.
Un nuovo fronte: gli amministratori locali
C’è poi un gruppo informale di sindaci e presidenti di regione. Sul territorio, lontani dalle strutture del partito ma sempre più presenti nel dibattito nazionale. Rifiutano le etichette: «Noi non rappresentiamo correnti, siamo una squadra», ha detto in un’intervista a Repubblica Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore degli amministratori dem. E tuttavia, proprio alcuni interventi degli amministratori locali hanno contribuito a indebolire la leadership di Nicola Zingaretti prima delle dimissioni.
Nel gruppo le personalità più influenti sono il sindaco di Firenze Dario Nardella e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (talvolta considerati “nostalgici renziani” e vicini alla corrente Base riformista). Ma soprattutto, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna. Le minoranze del partito (in testa Base riformista) guarderebbero proprio a Bonaccini come futura leadership della segreteria.
Giustizia
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