L’Italia ha pochi laureati, anche se c’è stato un miglioramento

In vent’anni è aumentata la percentuale di giovani con un titolo universitario, ma siamo ancora indietro rispetto agli altri Paesi europei
ANSA
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In Italia quasi il 20 per cento dei giovani tra i 15 e i 19 anni non studia e non ha un lavoro, e rientra nella categoria dei cosiddetti “Neet”, acronimo dall’inglese neither in employment or in education or training, che raggruppa chi non è occupato né iscritto a un corso di studi o di formazione professionale. Il dato dell’Italia è il peggiore di tutta l’Unione europea insieme a quello della Romania. Entrambi questi due Paesi sono in fondo alla classifica europea anche per i numeri che riguardano l’istruzione terziaria, quella successiva al completamento dell’istruzione secondaria, e che più comunemente viene chiamata istruzione universitaria. 

Fare i confronti con gli altri Paesi non è semplice sia per la parziale assenza di dati sia per i diversi sistemi universitari. Ma i numeri mostrano che l’Italia continua ad avere pochi laureati rispetto agli altri Paesi europei, sebbene un miglioramento ci sia stato.

Gli iscritti alle università

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, permette di confrontare il numero degli studenti iscritti all’università nei 27 Paesi membri nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni. Questa fascia è quella che comprende la maggior parte degli studenti europei: qui, a livello europeo, gli studenti universitari sono 8,5 milioni su un totale di 18,2 milioni.

In base ai dati più aggiornati, nel 2021 nei 27 Paesi Ue era iscritto all’università il 36,1 per cento dei giovani tra i 20 e i 24 anni. Il 23,1 per cento era iscritto a un corso triennale o equivalente, il 10,6 a un corso magistrale o equivalente e il 2,2 per cento a corsi a ciclo breve che hanno l’obiettivo di fornire competenze tecniche specifiche per determinati settori. L’equivalente italiano di questi corsi sono gli Istituti tecnici superiori (Its), che fanno parte della formazione terziaria non universitaria.

Considerando solo i corsi triennali e magistrali, la Grecia è il Paese più iscritti nella fascia tra i 20 e i 24 anni, con il 46 per cento, seguita da Paesi Bassi (42 per cento) e Slovenia (41 per cento). L’Italia è poco sopra la media europea con il 34,8 per cento, davanti a Germania (32,5 per cento), Spagna (31 per cento) e Francia (30,8 per cento). Questi ultimi due Paesi hanno però un’alta quota di iscritti ai corsi a ciclo breve: sono il 9,2 per cento in Spagna e il 4,8 per cento in Francia.

Non tutti coloro che iniziano l’università però si laureano. E infatti i dati sui laureati in Italia sono meno incoraggianti.

I numeri dei laureati

Nell’Ue il 34,3 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni, quella in età da lavoro, ha ottenuto un titolo dell’istruzione terziaria. In Irlanda e Lussemburgo la percentuale supera il 50 per cento, con Svezia, Cipro, Lituania e Belgio tra il 45 e il 50 per cento.

Tra i grandi Paesi europei Francia e Spagna sono tra il 41 e il 42 per cento, la Germania è al 32,3 per cento, mentre in Italia solo il 20,3 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha un titolo dell’istruzione terziaria. La percentuale italiana è la seconda più bassa tra tutti gli Stati membri dell’Ue, davanti al 19,7 per cento della Romania. 

A differenza di Eurostat, i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) permettono di sapere quanti sono i laureati triennali, magistrali o in corsi brevi. Secondo i dati più aggiornati, nel 2021 in Francia il 14 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni aveva un titolo di studio che si ottiene dopo corsi che rientrano nell’istruzione terziaria a ciclo breve, in Spagna il 12 per cento. In Germania e in Italia questa percentuale era pari all’1 per cento. 

Nel nostro Paese il 14 per cento aveva una laurea magistrale, una percentuale uguale a quella della Francia, più bassa della Spagna (16 per cento) ma più alta della Germania (11 per cento). Il 5 per cento aveva invece un titolo triennale, percentuale più bassa tra i grandi Paesi europei, con Germania al 18 per cento, Spagna all’11 per cento e Francia al 12 per cento.

Nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni i laureati in tutta l’Ue erano in media il 42 per cento, con un picco di oltre il 60 per cento in Irlanda e Lussemburgo. Tra i quattro grandi Paesi europei, in Spagna la percentuale era pari al 50,5 per cento, in Francia al 50,4 per cento, in Germania al 37,1 per cento e in Italia al 29,2 per cento.
Negli ultimi vent’anni l’Italia ha fatto passi avanti, con un aumento del 140 per cento della popolazione laureata tra i 25 e i 34 anni (era il 12,2 per cento nel 2002), mentre in Germania è aumentata del 75 per cento, in Francia del 43 per cento e in Spagna del 35 per cento. Questi ultimi due Paesi partivano comunque da una base di laureati più alta: il peso della popolazione laureata vent’anni fa era già maggiore di quello che ha oggi l’Italia.

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