Il convegno “negazionista” in Senato sulla Covid-19: tre sbagli di Sgarbi

Ansa
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Il 27 luglio si è svolta nella biblioteca del Senato la conferenza “Covid-19 in Italia tra informazione, scienza e diritto”, che secondo fonti di stampa è stata organizzata dal deputato Vittorio Sgarbi (Gruppo misto) e dal senatore Armando Siri (Lega).

Durante il suo intervento Sgarbi ha fatto una serie di dichiarazioni sbagliate o poco accurate: ha affermato, per esempio, che indossando la mascherina potremmo essere considerati come potenziali terroristi (min. 18:48); che in Brasile non c’è nessuna emergenza sanitaria (min. 20:50); e che secondo un report ufficiale del governo tedesco la Covid-19 non sarebbe altro che un «falso allarme globale» (min. 24:50).

Abbiamo fatto un po’ di chiarezza, andando a guardare i dati ufficiali, e le tre affermazioni sono sbagliate.

Indossare la mascherina non ci rende «potenziali terroristi»

Citando un passaggio del libro di Giorgio Agamben A che punto siamo Sgarbi afferma che, secondo il testo unico di pubblica sicurezza, «ogni volta che pongo la maschera sono un potenziale terrorista» (min. 18:48).

Le cose in realtà non stanno così. Il testo unico di pubblica sicurezza (Regio Decreto n.773 del 1931, art. 85) dispone che «è vietato comparire mascherato in luogo pubblico». Chi infrange questo divieto non commette un reato ma un semplice illecito amministrativo, punito con una sanzione pecuniaria di lieve entità (compresa tra i 10 e i 103 euro).

Già il fatto che non sia un comportamento che abbia rilevanza penale rende evidente che il legame con il terrorismo non esista. Ma, anche a prescindere dal terrorismo, la scarsa attualità di questa norma – che secondo alcuni esperti andrebbe abrogata, per meglio disciplinare la materia – è dimostrata dall’assenza di giurisprudenza recente in proposito da un lato, e dall’altro dall’esistenza di consuetudini come il Carnevale, Halloween e altre feste in cui è normale mascherarsi senza essere perseguiti dalla legge.

C’è poi un’altra norma, più recente, che ha un contenuto simile e che permette di capire meglio quale sia la situazione: la legge 22 maggio 1975, n. 152, che contiene «Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico», e che è stata modificata più volte nel corso degli anni.

Nella sua formulazione attuale prevede, all’articolo 5, che «è vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo».

Se le mascherine chirurgiche potrebbero forse essere considerate un mezzo che rende difficoltoso il riconoscimento della persona, ovviamente non è vero che chi la indossa possa essere considerato dal governo un potenziale terrorista.

Il divieto dell’articolo 5 infatti cade se c’è un giustificato motivo e indossare la mascherina non solo è giustificato dalla situazione di pandemia, ma è stato anche reso obbligatorio in determinate situazioni dai Decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) che si sono susseguiti nel tempo.

Il Dpcm del 26 aprile, ad esempio, rendeva obbligatorio l’uso della mascherina su tutto il territorio nazionale (art. 3 co.2) «nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza», tranne che per i bambini con meno di 6 anni di età.

Da ultimo il Dpcm del 14 luglio ha previsto (Allegato 1) una molteplicità di situazioni in cui è obbligatorio indossare la mascherina ma, lo ribadiamo, anche quando non è obbligatorio è sicuramente legittimo – e, anzi, consigliato dagli esperti – indossarla.

Per concludere, è vero che esistono delle disposizioni che puniscono l’uso di maschere in pubblico ma non sono collegate al terrorismo. La loro applicazione in concreto poi, come dimostra l’assenza di giurisprudenza recente in proposito, non è problematica. Se non ci sono stati problemi per chi indossava negli anni passati la mascherina contro lo smog, o una maschera di carnevale, non ce ne saranno certo ora chi indossa una mascherina per prevenire la Covid-19.

Ovviamente diverso sarebbe se qualcuno si mascherasse per commettere ad esempio una rapina. Ma in quel caso la maschera sarebbe un’aggravante di un reato diverso, e non un reato a sé stante.

I numeri sul Brasile

Durante il convegno in Senato Sgarbi ha anche parlato della situazione in sudamerica, affermando (min. 20:50): «Il Brasile vive una situazione di emergenza? Non è vero». Sgarbi ha sostenuto la sua tesi citando varie cifre (imprecise, come vedremo) e ha detto che in Italia «abbiamo avuto presunti 35 mila morti […] per coronavirus a fronte di 65 milioni di abitanti, il Brasile ne ha avuti 72 a fronte di 210 milioni di abitanti, senza chiusure».

Per prima cosa precisiamo che, secondo i dati della Banca mondiale, nel 2019 l’Italia aveva 60,3 milioni di abitanti, mentre il Brasile più di 211 milioni. I dati di Sgarbi quindi sono più o meno corretti per il Brasile, mentre esagerano la popolazione italiana di circa 5 milioni di abitanti.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), al 28 luglio il Brasile è il secondo Paese al mondo per numero di decessi legati alla Covid-19, che ammontano a circa 87 mila. L’Italia, invece, è al quinto posto con 35 mila morti. I dati di Sgarbi sono quindi corretti per l’Italia ma riportano 15 mila decessi in meno per il Brasile.

Inoltre, come abbiamo già spiegato, è molto probabile che il numero reale di vittime per coronavirus sia superiore a quanto indicato dai conteggi ufficiali. Il numero di morti ufficialmente attribuite al nuovo coronavirus è infatti strettamente legato alla disponibilità e all’esecuzione dei tamponi, mentre un indicatore più vicino alla realtà è l’eccesso di mortalità, cioè la differenza tra i decessi stimati per un determinato periodo (in base alle tendenze degli anni precedenti) e quelli realmente registrati.

In un nostro articolo del 12 giugno scorso abbiamo analizzato i dati della mortalità in eccesso nei principali Paesi europei. Per quanto riguarda l’Italia, nel periodo marzo-aprile 2020, pur togliendo tutti i morti ufficialmente attribuiti alla Covid-19, rimanevano comunque quasi 19 mila decessi “sommersi”, che non rientravano nelle previsioni ma non sono stati nemmeno ricondotti al coronavirus: il 40,4 per cento dell’eccesso totale.

I dati relativi al Brasile sono forniti da uno studio realizzato da tre medici dell’Università federale di Rio de Janeiro, pubblicato sulla rivista “Ciência & Saúde Coletiva”. Nel periodo marzo-maggio 2020 (quindi un periodo di tre mesi) su un totale di 39.146 morti in eccesso, 29.314 sono state conteggiate come dovute alla Covid-19. Le morti sommerse sono quindi circa 10 mila: il 33,5 per cento del totale.

A prescindere dai numeri precisi (che, a causa delle differenze temporali nei periodi considerati, non sono comparabili), possiamo comunque dire che sia in Italia che in Brasile il numero di vittime legate alla Covid-19 è addirittura superiore rispetto a quello accertato dalle statistiche ufficiali.

Guardando poi alle curve di sviluppo dell’epidemia vediamo che, dopo una rapida scalata, il numero cumulativo di decessi in Italia si è stabilizzato, mentre in Brasile continua a salire: la situazione di emergenza dunque esiste eccome. Anzi, come segnala un articolo del New York Times è particolarmente preoccupante nelle zone vicine al Rio delle Amazzoni, più difficili da raggiungere e spesso ignorate dal governo centrale.
Sgarbi ha anche detto (min. 21:06) che il Brasile ha gestito la pandemia «senza chiusure», cioè senza imporre lockdown o quarantene ai cittadini. È vero che il presidente brasiliano Jair Bolsonaro non ha mai deciso un lockdown su scala nazionale paragonabile a quello attivato in Italia e in molti altri Paesi, europei e non solo. Bolsonaro – che l’8 luglio è risultato positivo al coronavirus, ma ha poi fatto sapere di essere guarito – ha infatti definito la Covid-19 come una «normale influenza», o una «montatura mediatica» e si è sempre dichiarato scettico riguardo alle misure di distanziamento sociale o al blocco delle attività produttive.

Allo stesso tempo però diversi governatori locali hanno adottato misure restrittive nelle proprie aree di competenza. Non tutti i sindaci hanno aderito, e anche i cittadini spesso non hanno rispettato le regole, per necessità o ideologia.

Il report del governo tedesco

Verso la fine del suo intervento al convegno in Senato, Vittorio Sgarbi ha affermato (min. 24:50): «Il rapporto ufficiale del governo tedesco denuncia il Covid-19, nel giugno del 2020, come falso allarme globale».

La notizia, in realtà, circola in rete già dal mese di maggio ed è stata raccontata anche da vari siti italiani, tra cui Affari Italiani e La cruna dell’ago, largamente conosciuto come uno tra i principali diffusori di notizie false.

Informazioni sul report sono presto arrivate all’estero – comparendo per esempio nel Regno Unito, in Grecia o nei Paesi Bassi – ed è diventato un vero e proprio caso in Germania, dove è stata trattata dai principali media nazionali e addirittura smentita dal ministero dell’Interno con un comunicato stampa ufficiale.

Vediamo che cosa è successo.

Il report in questione esiste veramente ed è stato scritto da Stephan Kohn, un (ormai ex) funzionario per la divisione KM 4 del ministero dell’Interno tedesco: si tratta del settore dedicato alla “protezione delle infrastrutture critiche”, cioè quelle che forniscono servizi essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società (il sistema elettrico, energetico, sanitario, le reti stradali e via dicendo).

Il report è stato pubblicato il 7 maggio 2020 ed è intitolato “L’emergenza coronavirus nel 2020 dal punto di vista della Protezione delle infrastrutture critiche”. Al suo interno, il rapporto afferma che le misure di contenimento adottate per contenere il virus sono state a loro volta dannose e non necessarie. Secondo quanto si dice nel documento infatti «probabilmente il pericolo posto dal virus non ha mai superato i livelli normali di allerta» e si chiede al governo di terminare immediatamente il lockdown, anche considerando i danni collaterali che questo potrebbe causare.

I nostri colleghi di Correctiv ci hanno spiegato che il report è stato scritto individualmente da Kohn ed esprime quindi le sue opinioni personali. Il problema, però, sta nel fatto che per diffonderlo il funzionario ha utilizzato la carta intestata del ministero dell’Interno, dando così l’impressione che si trattasse di informazioni ufficiali.

Il 10 maggio, il ministero dell’Interno (Bunderministerium des Innern, Bmi) ha pubblicato quindi un comunicato stampa ufficiale per prendere le distanze dal rapporto. Nel comunicato si legge che «ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione liberamente», compresi i dipendenti pubblici (come Kohn), «purché ciò avvenga sulla base della Costituzione». Il ministero dell’Interno tedesco ha confermato che l’analisi è stata condotta in modo indipendente, ed è quindi al di fuori delle sue responsabilità, ma ha anche detto che «è inaccettabile e incompatibile con gli obblighi di servizio pubblico che le opinioni private siano scritte usando simboli ufficiali, come la carta intestata ufficiale, e rese disponibili al pubblico. Questo dà l’impressione che l’opinione privata rifletta l’opinione ufficiale di un’autorità».

I media tedeschi hanno riportato che, in seguito alla diffusione del report, Stephan Kohn è stato rimosso dai suoi incarichi presso il Ministero. I giornalisti di Correctiv hanno provato a contattare le autorità per chiedere chiarimenti in merito agli sviluppi della vicenda, ma al 28 luglio non hanno ricevuto risposta.

Ricapitolando: il rapporto di cui ha parlato Sgarbi durante la conferenza del 27 luglio esiste davvero e afferma che i rischi posti dalla Covid-19 sono stati largamente sopravvalutati. Il report però non è un documento ufficiale del governo tedesco: è stato scritto in modo autonomo da un dipendente del Ministero dell’Interno, che ha poi utilizzato la carta intestata per diffondere le sue idee.

In conclusione

Il 27 luglio, partecipando al convegno in Senato “Covid-19 in Italia tra informazione, scienza e diritto”, il deputato del Gruppo misto Vittorio Sgarbi ha fatto diverse affermazioni false relative all’emergenza coronavirus.

Per prima cosa, Sgarbi ha detto che indossando la mascherina diventiamo tutti «potenziali terroristi», poiché andiamo in giro con il volto coperto. Il riferimento è al testo unico di pubblica sicurezza, dove «comparire mascherati in luogo pubblico» viene considerato come un semplice illecito amministrativo. Eventuali violazioni – che sono comunque piuttosto comuni– non hanno quindi rilevanza penale, e non c’è alcun legame con il terrorismo.

Diversi Dpcm emanati durante l’emergenza hanno poi reso obbligatorio l’utilizzo di mascherine per fermare i contagi da coronavirus, e la pratica è fortemente consigliata dalla comunità scientifica.

Il deputato ha poi affermato che in Brasile non esiste alcuna emergenza sanitaria, ma i numeri di contagi e vittime, in continua crescita, dicono il contrario. Inoltre il paragone con l’Italia dimostra l’esatto contrario di quanto sostenuto da Sgarbi: mentre da noi la curva dei decessi totali si è fermata dopo il lockdown, in Brasile continua a salire in misura preoccupante.

Infine, Sgarbi ha citato un «report ufficiale del governo tedesco» secondo cui la Covid-19 sarebbe soltanto un falso allarme globale. Il report in questione esiste ed è stato diffuso il 7 maggio scorso da Stephan Kohn, un ex funzionario del Ministero dell’Interno tedesco. L’analisi è stata pubblicata utilizzando carta intestata ma riflette le opinioni personali di Kohn, che infatti è stato rimosso dal suo incarico. Il Ministero ha affermato di non avere alcun legame con quanto si dice nel documento.

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