L’IA può inventare le immagini, ma non i dati sull’occupazione

Dietro il post di Fratelli d’Italia fatto con l’intelligenza artificiale ci sono numeri che ridimensionano i «record»
Pagella Politica
Il 3 settembre Fratelli d’Italia ha pubblicato su Instagram un carosello di immagini realizzate con l’intelligenza artificiale, in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni compare su un campo da calcio con la maglia della nazionale. Nelle illustrazioni la leader di Fratelli d’Italia dribbla la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il segretario della CGIL Maurizio Landini, tutti raffigurati con una maglietta rossa che porta il simbolo comunista della falce e martello. Sul tabellone di uno stadio compare la scritta: «Goal! Record occupazione, disoccupazione al 6 per cento. L’Italia più forte nell’Eurozona». La didascalia che accompagna il post recita: «La sinistra tifa e gioca contro la Nazionale, ma in campo c’è Giorgia Meloni: dribbla ogni ostacolo, calcia e segna. L’Italia vince».
Abbiamo verificato che cosa dicono davvero i numeri sul lavoro in Italia e, per quanto siano migliorati, il messaggio diffuso da Fratelli d’Italia resta esagerato.

Il record che non basta

Il primo tema è il «record» dell’occupazione rivendicato da Fratelli d’Italia.

Secondo i dati ISTAT, a luglio il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni ha raggiunto il 62,8 per cento, la percentuale più alta mai registrata in Italia da quando esistono le rilevazioni mensili. In pratica, oggi nel nostro Paese lavorano più di sei persone su dieci in questa fascia d’età. È quindi corretto parlare di record a livello nazionale, ma non lo è se il confronto viene esteso all’Unione europea o all’Eurozona, cioè ai 20 Paesi che adottano l’euro.

Secondo i dati più recenti di Eurostat, nel primo trimestre del 2025 il tasso di occupazione italiano tra i 15 e i 64 anni, pari al 62,5 per cento, era il più basso tra tutti i 27 Paesi dell’Unione europea. Nonostante i progressi degli ultimi anni, simili a quelli registrati in gran parte dei Paesi europei, l’Italia rimane in fondo alla classifica. La media dell’Ue è del 70,6 per cento e quella dell’Eurozona del 70,4 per cento. Tra i principali Paesi, la Germania si attesta al 77,3 per cento, la Francia al 69,1 per cento e la Spagna al 65,9 per cento. 

Una delle ragioni di questo ritardo è la forte differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile: il primo è del 71,2 per cento, più alto solo in cinque Paesi, tra cui la Spagna, mentre il secondo si ferma al 53,7 per cento, il livello più basso in assoluto in Europa.

Un numero che può ingannare

Il secondo elemento è il tasso di disoccupazione, che secondo Fratelli d’Italia è «al 6 per cento». La cifra è corretta: a luglio l’ISTAT ha registrato un tasso di disoccupazione pari al 6 per cento nel nostro Paese. Non si tratta però di un minimo storico, dal momento che prima della crisi economica, nel 2007, in alcuni mesi il dato era sceso sotto il 5 per cento.

A differenza dell’occupazione, misurata con cadenza trimestrale, Eurostat raccoglie ogni mese i dati sulla disoccupazione nei Paesi europei. A luglio il 6 per cento italiano era inferiore alla media dell’Eurozona, pari al 6,2 per cento, ma leggermente superiore a quella dell’intera Ue, pari al 5,9 per cento.

Per capire bene questi numeri, però, è necessario chiarire che cosa misura il tasso di disoccupazione. Non include tutte le persone che non lavorano, ma solo quelle che non hanno un impiego e lo stanno cercando, rapportate alla cosiddetta “forza lavoro”, cioè alla somma di occupati e disoccupati. È quindi un indicatore diverso dal tasso di occupazione, che invece mette in rapporto chi lavora con l’intera popolazione in età da lavoro. Questo spiega perché, pur avendo il tasso di occupazione più basso dell’Ue, l’Italia non risulta avere anche il tasso di disoccupazione più alto: i due indicatori non sono speculari. In altre parole, dire che la disoccupazione è al 6 per cento non significa che soltanto sei persone su cento non lavorino, perché la quota di chi non lavora in realtà è molto più alta.

Quasi uno su tre non lavora

Per completare il quadro bisogna considerare anche il tasso di inattività, che misura quante persone non lavorano e non cercano un lavoro in rapporto alla popolazione. In questa categoria rientrano situazioni diverse, come le donne che fanno le casalinghe, chi ha smesso di cercare lavoro dopo tentativi falliti, e chi invece possiede immobili o capitali investiti e quindi vive di rendita. Chi lavora in nero non rientra tra gli inattivi, ma tra gli occupati.

Nei primi tre mesi del 2025 il tasso di inattività in Italia tra i 15 e i 64 anni era pari al 32,9 per cento, il secondo più alto nell’Ue dopo la Romania, che registra il 33,2 per cento. La media europea è del 24,6 per cento, quella dell’Eurozona del 24,5 per cento. In termini concreti, significa che in Italia quasi una persona su tre non lavora, pur essendo in età lavorativa, con conseguenze evidenti sull’economia, perché più occupati significano in genere anche una crescita più rapida del Prodotto interno lordo (PIL).

In sintesi, il post di Fratelli d’Italia esagera la realtà. È vero che il tasso di occupazione italiano ha toccato il suo massimo storico e che la disoccupazione si colloca sotto la media dell’Eurozona. Ma questi risultati non raccontano tutto, se si tiene conto del tasso di inattività, che resta il secondo peggiore in Europa.

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