In questi giorni si è tornati a parlare della prossima legge di Bilancio, che dovrà essere approvata dal Parlamento entro la fine dell’anno. Uno dei temi più discussi riguarda le pensioni: senza un intervento del governo, infatti, l’età per andare in pensione dovrà aumentare, a causa dell’incremento dell’aspettativa di vita. La Lega ha annunciato che il governo intende bloccare questo aumento automatico, ma la decisione avrà un costo per le casse pubbliche: mantenere l’età di pensionamento più bassa significa erogare assegni per un periodo più lungo e quindi sostenere una spesa previdenziale più elevata.

Ogni volta che i requisiti per la pensione diventano più rigidi, la misura viene percepita come una violazione dei diritti dei lavoratori, che si vedono spostare in avanti un traguardo fissato dopo anni di contributi. Ma l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita è indispensabile per la tenuta del sistema previdenziale. Non a caso, uno degli argomenti più frequenti tra chi è già in pensione o prossimo a ritirarsi è il seguente: la pensione “me la sono pagata” con i contributi che ho versato. 

Ma è davvero così? In breve, la realtà è diversa. Indossiamo i nostri occhiali da economisti e proviamo a capire perché.