Il governo dovrà risarcire alcuni migranti trattenuti sulla “Diciotti”

La Cassazione ha accolto un ricorso, ritenendo che nel 2018 siano stati danneggiati dal trattenimento sulla nave della Guardia costiera
Ansa
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Il 7 marzo la Corte di Cassazione ha annunciato di aver accolto il ricorso presentato da alcuni migranti contro il governo italiano per i fatti avvenuti tra il 16 e 28 agosto 2018 a bordo della nave Diciotti. All’epoca era in carica il primo governo di Giuseppe Conte, supportato dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. 

Ai migranti salvati dalla Guardia costiera fu impedito lo sbarco per alcuni giorni, e per questo motivo alcuni di loro, di nazionalità eritrea, avevano chiesto di condannare il governo per il «risarcimento dei danni non patrimoniali patiti in occasione dell’illegittima restrizione della libertà personale».

Il ricorso era stato presentato a dicembre del 2018, ma era stato contestato subito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il governo aveva giustificato il trattenimento dei migranti come un “atto politico”, che si inseriva nel contesto di tensione internazionale nei rapporti tra Italia e Malta sul tema della gestione dell’immigrazione. Per questo motivo, secondo il governo il trattenimento non poteva essere sottoposto al controllo dei giudici.

A luglio 2019 una prima sentenza aveva dato ragione al governo, motivo per cui i migranti hanno deciso di ricorrere in appello. A marzo 2024 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il ricorso dei migranti, ritenendo però che il loro trattenimento a bordo della nave Diciotti non fosse un “atto politico” ma un “atto amministrativo”, e che quindi potesse essere giudicato dalla giustizia italiana. 

A questo punto Kefela Mulugeta Gebru, uno dei cittadini eritrei che rappresenta il gruppo di migranti, ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, che ora è stato accolto.

Le reazioni

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha apprezzato la sentenza e ha scritto su X che adesso «il governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano». «Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante», ha concluso Meloni. 

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha definito la sentenza «l’ennesima vergogna». «Chiedere dopo anni che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, è indegno. Paghino i giudici e accolgano i clandestini, se ci tengono tanto», ha aggiunto. 

Nel 2018, quando era ministro dell’Interno, Salvini è stato accusato di sequestro di persona per aver impedito alle persone migranti di sbarcare, ma non è mai andato a processo perché a fine marzo 2019 il Senato ha respinto l’autorizzazione a procedere. Il reato di cui era accusato Salvini era stato commesso durante l’esercizio delle sue funzioni di ministro. In questi casi l’articolo 96 della Costituzione prevede che presidente del Consiglio e ministri siano sottoposti alla giurisdizione ordinaria «previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati». Ma il Senato aveva respinto l’autorizzazione a procedere e quindi Salvini non è mai stato processato.

Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto di non condividere la sentenza. Al contrario, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha difeso i giudici, sostenendo che non sia possibile che «ogni giorno il governo attacchi le sentenze».

In risposta alle polemiche, la prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano ha dichiarato in un comunicato stampa che le decisioni della Corte, «al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica». «Sono invece inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto», ha aggiunto Cassano.

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