Il governo dice di avere un’intesa con l’Ue per la revisione del Pnrr, ma non è vero

Una richiesta ufficiale non è ancora stata né mandata dall’Italia né approvata dalle autorità europee
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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Il 31 gennaio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicato sui social alcune slide per rivendicare 100 «importanti traguardi» raggiunti dal governo nei suoi primi 100 giorni di attività. Tra gli obiettivi centrati si legge che il governo avrebbe raggiunto «un’intesa con la Commissione europea, così come previsto dai regolamenti europei, per la revisione del Pnrr», ossia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato entro il 2026 con oltre 190 miliardi di euro. Secondo il governo, questo è «un importante successo che permetterà una gestione più efficiente dei fondi del Pnrr, per far fronte alle nuove necessità e priorità scaturite in seguito ai recenti eventi internazionali, come la guerra in Ucraina e il caro energia».
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Al momento di questa intesa ufficiale non sembra però esserci traccia. Il programma elettorale del centrodestra conteneva la promessa di chiedere all’Ue una revisione del piano, ma a oggi l’impegno non può dirsi ancora mantenuto, a differenza di quanto detto dal governo.

Dal 22 ottobre, giorno dell’insediamento dell’esecutivo, Meloni ha avuto due incontri ufficiali con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il primo è avvenuto il 3 novembre 2022, il secondo lo scorso 9 gennaio: in entrambi i casi si è parlato anche dell’attuazione del Pnrr, senza però annunciare un accordo ufficiale sulla modifica del piano italiano. Da settimane varie fonti stampa raccontano che il governo, e in particolare il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto, stanno trattando con le autorità per raggiungere un’intesa. In breve, secondo l’esecutivo, l’aumento dei costi delle materie prime e le conseguenze della guerra in Ucraina avrebbero reso necessario la modifica di alcuni stanziamenti. 

Come abbiamo spiegato in passato, in base all’articolo 21 del regolamento che ha creato il fondo comune europeo con cui è finanziato il Pnrr, l’Italia può presentare all’Ue una modifica del proprio piano a una determinata condizione. L’articolo in questione stabilisce infatti che una revisione è possibile se il piano «non può più essere realizzato, in tutto o in parte» a causa di «circostanze oggettive». L’espressione chiave qui è «circostanze oggettive», tra cui potrebbero rientrare gli aumenti delle materie prime e le conseguenze del conflitto in Ucraina. 

Per cambiare il Pnrr, come prima cosa l’Italia dovrebbe avanzare una «richiesta motivata» alla Commissione europea, a cui può anche chiedere un supporto tecnico per elaborare una proposta alternativa agli impegni presi finora. Prima di inviare il nuovo piano all’Ue, il governo deve presentarlo alla Camera e al Senato, in tempo utile per il suo esame parlamentare. 

Successivamente la Commissione Ue, se ritiene che i motivi addotti dall’Italia giustifichino una modifica del piano, valuta il nuovo Pnrr ed entro due mesi presenta al Consiglio dell’Ue la proposta di approvare il nuovo piano. Questa scadenza temporale non è però rigida: lo stesso articolo 21 chiarisce che l’Italia e la Commissione Ue possono «prorogare tale termine di un periodo di tempo ragionevole». Il Consiglio dell’Ue adotta poi la decisione di accettare o meno le modifiche al piano «entro quattro settimane dall’adozione della proposta della Commissione». 

Se però la Commissione ritiene che i motivi addotti dall’Italia per cambiare il Pnrr non giustifichino una sua modifica, può respingere la richiesta fatta dal nostro Paese, dopo aver dato la possibilità all’Italia di presentare entro un mese le proprie osservazioni.

Al momento già due Stati europei hanno fatto richiesta ufficiale all’Ue per modificare i propri piani nazionali di ripresa e resilienza, ricevendo una risposta positiva. Il 19 gennaio è stato il turno della Germania, che ha invocato l’articolo 21 del regolamento per cambiare alcuni investimenti del piano. Il 10 gennaio era invece arrivata la risposta al Lussemburgo, che aveva chiesto una rimodulazione di alcuni progetti sulla base delle effettive risorse messe a disposizione.

Ricordiamo che alla fine di dicembre il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico per il finanziamento del piano REPowerEU. L’obiettivo del piano è quello di aiutare gli Stati membri dell’Unione europea con interventi volti a ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili importati dalla Russia. Il 1° febbraio la Commissione europea ha pubblicato un documento per spiegare come i vari Stati membri dovranno fare richiesta delle risorse, da integrare poi all’interno dei loro piani di ripresa e resilienza.

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