Il 3 novembre la Commissione Affari costituzionali della Camera ha bocciato un emendamento di Lega e Fratelli d’Italia che cercava di bloccare, di fatto, il referendum sulla “cannabis legale”. Per questo referendum il 28 ottobre sono state consegnate in Cassazione oltre 630 mila firme, più delle 500 mila necessarie in base alla Costituzione.

L’emendamento in questione proponeva di cancellare dal decreto-legge n. 132 del 30 settembre 2021 – ora all’esame della commissione – l’articolo con cui è stata prorogata di un mese, fino al 30 ottobre, la scadenza della raccolta firme per il referendum sulla cannabis legale. Come abbiamo spiegato in passato, la proroga si era resa necessaria per recuperare i ritardi di molti comuni nell’inviare i certificati elettorali dei firmatari che avevano sottoscritto online il quesito referendario.

Secondo i promotori del referendum, se l’emendamento fosse passato, il percorso del referendum sarebbe stato a rischio, sebbene per alcuni costituzionalisti le firme consegnate sarebbero potute essere considerate lo stesso valide, anche a emendamento passato.

Al di là delle interpretazioni e degli scenari ipotetici, il capogruppo della Lega in Commissione Affari costituzionali alla Camera Igor Iezzi ha già annunciato che l’emendamento sarà comunque ripresentato durante la discussione in Aula, citando due motivazioni: una di metodo e una di merito.

Secondo Iezzi, da un lato «inserire una norma di chiara natura elettorale all’interno di un decreto-legge rappresenta un errore clamoroso e di certo non basta, come scusante, considerarlo un provvedimento attinente alle regole procedurali». Dall’altro lato, Iezzi ha detto che con la proroga il governo «si è schierato al fianco di un referendum truffa che meschinamente parla di cannabis quando in realtà si occupa per la maggior parte di droghe pesanti. Se alcuni partiti della maggioranza vogliono legalizzare la cocaina lo dicano chiaramente».

Entrambe queste due motivazioni non stanno però in piedi. Partiamo dalla prima.

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Le ragioni di metodo

Innanzitutto va sottolineato che la stessa Lega ha beneficiato di un provvedimento simile a quello introdotto per il referendum sulla cannabis legale. La scorsa estate, durante la conversione in legge del decreto “Semplificazioni”, con un emendamento la Camera ha infatti prorogato fino al 30 ottobre la consegna delle firme per i quesiti referendari presentati entro il 15 giugno. A inizio giugno la Lega, con il Partito radicale, ha consegnato in Cassazione i sei quesiti del referendum sulla giustizia, la cui raccolta firme è proseguita fino alla fine di ottobre. Questa raccolta è poi risultata ininfluente, visto che la Cassazione il 30 ottobre ha accettato la richiesta di referendum proveniente da nove consigli regionali amministrati dal centrodestra.

Si potrebbe obiettare, come fatto dal leghista Iezzi, che questa proroga non era originariamente contenuta nel decreto “Semplificazioni”, ma è stata poi aggiunta nella legge di conversione del decreto, durante il relativo dibattito parlamentare. Questo è vero, mentre non è supportata dai fatti la critica secondo cui in un decreto-legge non possano essere inseriti provvedimenti che riguardano i referendum.

Come stabilito dalla Corte costituzionale con una sentenza del 1995, in nessuna parte della nostra Costituzione c’è scritto che la materia referendaria sia per sua natura incompatibile con i presupposti dei decreti-legge, che in base all’articolo 77 della Costituzione sono l’urgenza e la necessità, la cui sussistenza viene eventualmente valutata dalla Corte stessa.

Si può non essere d’accordo sull’inserimento della proroga direttamente in un decreto-legge, ma parlare di «errore clamoroso», come fatto da Iezzi, è quantomeno esagerato.

Le ragioni di merito

Veniamo adesso alla questione di merito sollevata dal capogruppo della Lega in Commissione Affari costituzionali alla Camera. Secondo Iezzi il referendum «parla di cannabis quando in realtà si occupa per la maggior parte di droghe pesanti». In più, il leghista ha lasciato intendere che con il sostegno al referendum si sarebbe pure favorevoli a «legalizzare la cocaina».

Come abbiamo spiegato in passato, il referendum sulla cannabis legale non propone di rendere legale la cocaina, anche se è vero che non si occupa esclusivamente della cannabis. Lo scopo principale della campagna referendaria è infatti quello di depenalizzare la coltivazione – dunque non la vendita o la produzione – non solo della cannabis, ma anche di altre piante o sostanze stupefacenti, come l’oppio, le foglie di coca o i funghi allucinogeni. In più si propone di eliminare la pena del carcere per le condotte illecite relative soltanto alla cannabis, e non alle altre droghe.

Il referendum chiede poi di togliere la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per chi «detiene sostanze stupefacenti o psicotrope» o ne fa «uso personale». Non, attenzione, per chi guida sotto effetto di sostanze stupefacenti: in quel caso la sanzione è penale e non viene toccata dal referendum. A livello di sanzioni amministrative – dunque collegate al consumo e non alla guida in stato di alterazione o ad altre condotte più gravi – se il referendum elimina quella della sospensione della patente, non tocca però le altre previste dalla legge, come ad esempio la sospensione del passaporto.

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In conclusione

In Commissione Affari costituzionali della Camera, Lega e Fratelli d’Italia hanno provato a bloccare l’iter del referendum sulla cannabis legale, proponendo un emendamento – poi bocciato – per eliminare la proroga al 30 ottobre per la raccolta delle firme.

Il capogruppo della Lega in commissione Igor Iezzi ha già dichiarato che il suo partito ripresenterà un emendamento simile nella discussione in Aula, sostenendo da un lato che un decreto-legge non possa contenere provvedimenti sui referendum, e dall’altro lato che il referendum si occupa perlopiù di «droghe pesanti», con la prospettiva di legalizzare la cocaina.

Entrambe queste due motivazioni non stanno però in piedi. Innanzitutto, la Costituzione – e l’interpretazione che ne dà la Corte Costituzionale – non impedisce che nei decreti-legge siano inserite misure relative ai referendum. In più anche la Lega ha beneficiato di una proroga simile a quella per il referendum sulla cannabis, anche se il provvedimento era stato inserito in estate dalla Camera, durante la conversione in legge del decreto “Semplificazioni”.

Infine, non è vero che essere favorevoli al referendum sulla cannabis legale significhi essere favorevoli anche alla legalizzazione della cocaina. Tra le altre cose, il referendum propone di legalizzare la coltivazione – non la vendita o la produzione – della cannabis e di altre sostanze stupefacenti, tra cui le foglie di coca, ma non della cocaina, che è il prodotto di un processo di raffinazione che rimarrebbe vietato dalla legge anche se fosse approvato il referendum.