La confusa teoria di Meloni sulla moneta elettronica «privata»

Viene spesso citata per difendere il primato dei pagamenti in contante su quelli con carta, considerati più costosi, ma rischia di essere fuorviante
ANSA
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Da settimane, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ad altri politici di Fratelli d’Italia, ripete una frase per difendere l’aumento del tetto al contante e l’eliminazione delle sanzioni per chi non accetta pagamenti elettronici di qualsiasi importo. «La moneta elettronica è una moneta privata», con un «problema di commissioni», ha per esempio dichiarato Meloni (min. 11:54) il 12 dicembre nel secondo episodio della rubrica “Gli appunti di Giorgia”, ribadendo quanto già detto (min. 14:00) il 4 dicembre nel primo episodio: «In Italia l’unica moneta a corso legale è il denaro contante stampato dalla Banca centrale europea. Significa che l’unica moneta con la quale tu non puoi rifiutare di farti pagare è l’euro stampato dalla Bce. La moneta elettronica è una moneta privata: è una moneta legale, chiaramente, ma privata, gestita dalle banche». Meloni ha pronunciato parole simili anche lo scorso 26 ottobre scorso in Senato, durante il discorso sulla fiducia, dichiarando che «la moneta elettronica non è moneta a corso legale, ma è una forma di moneta privata». 

Il tema è piuttosto tecnico, ma il messaggio secondo cui esisterebbe una moneta “vera” e pubblica, ossia il denaro contante, contrapposta a una moneta privata, quella dei pagamenti elettronici, con costi aggiuntivi, è fuorviante e rischia di creare confusione nel dibattito politico.

Che cos’è la moneta, in breve

Prima di addentrarci nella tesi secondo cui la moneta elettronica è privata, facciamo un breve ripasso su che cos’è la moneta. Come spiega la Bce sul suo sito ufficiale, la moneta è uno strumento che svolge tre funzioni: è un mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi, è un’unità di conto per attribuire un prezzo ai beni e servizi ed è una riserva di valore per il risparmio.
Le funzioni della moneta – Fonte: Bce
Le funzioni della moneta – Fonte: Bce
La Bce racconta anche qual è stata, nel corso dei secoli, l’evoluzione della natura della moneta, divisa in tre fasi, seguendo una tradizionale e popolare spiegazione considerata oggi obsoleta da molti economisti. Semplificando un po’, in passato, quando la moneta è nata, aveva la forma di “moneta merce”, ossia era rappresentata da un bene che aveva un proprio valore intrinseco, come le monete fatte con materiali preziosi. Nel tempo, la moneta ha poi assunto la forma di “moneta rappresentativa”, per esempio attraverso le banconote, che potevano essere scambiate con un certo quantitativo di materiali preziosi, come l’oro o l’argento. Oggi nelle economie moderne, come quelle europee, la moneta ha la forma di “moneta fiduciaria”. Questa, spiega la Bce, «non ha valore intrinseco: la carta utilizzata per le banconote è in linea di principio priva di valore, ma è accettata in cambio di beni e servizi, perché gli utilizzatori confidano che la banca centrale manterrà il valore della moneta stabile nel tempo». La moneta fiduciaria è detta anche “a corso legale” – l’espressione più volte usata da Meloni – perché è quella considerata da uno Stato come lo strumento valido di pagamento: in quanto tale, non può essere rifiutata quando si accetta un pagamento di un bene o di un servizio (a meno che compratore e venditore non abbiano concordato un mezzo di pagamento alternativo).

Nei 19 Paesi dell’area euro, tra cui c’è l’Italia, l’unica moneta a corso legale è l’euro. Questo non significa, però, che le banconote in euro sono le uniche a costituire moneta, come lasciato intendere da Meloni in alcune dichiarazioni. Per esempio, anche il saldo di un conto corrente bancario, ossia la differenza tra quanto è depositato su un conto in banca e quanto viene speso con quel conto, è moneta. Ed è qui che entra in gioco il dibattito sulla moneta elettronica.

La moneta elettronica è privata?

La Bce può essere descritta come la banca delle banche commerciali private nell’area euro. Per esempio, le banche commerciali possono rivolgersi alla Bce per richiedere prestiti, finanziarsi e alimentare a loro volta le economie nazionali, erogando credito alle imprese e ai cittadini. Tutto questo non avviene esclusivamente con la stampa di banconote in euro: la moneta è accreditata elettronicamente presso le banche private e i singoli cittadini o imprese possono a loro volta depositare contanti presso le banche, che saranno elettronicamente conteggiati nei loro saldi di conto corrente.

Non è vero che questa moneta, che possiamo definire “elettronica”, non ha corso legale, come sostenuto più volte da Meloni. «La moneta elettronica a corso legale esiste ed è quella che le banche si scambiano, tra le altre cose, per regolare i nostri pagamenti», ha spiegato a Pagella Politica Andrea Terzi, professore di Economia e finanza alla Franklin University di Lugano, in Svizzera, e docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. Semplificando un po’, «quando io faccio un pagamento con un’altra persona, che ha un conto corrente in un’altra banca, la mia banca deve sostanzialmente spostare banconote elettroniche dal suo conto a quello presso la banca del beneficiario», ha sottolineato Terzi. «È vero che avere un saldo di conto corrente è un credito nei confronti della nostra banca, e non nei confronti della banca centrale. In questo senso, il saldo di conto corrente può essere considerato una sorta di moneta privata, o meglio: un credito verso un’istituzione privata, ossia una banca, che tuttavia svolge la funzione di agente intermediario dello Stato. Ma nel momento in cui io faccio un pagamento, quindi uso il saldo di conto corrente, e il pagamento va a buon fine, a quel punto il pagamento ricevuto ha valore di corso legale. Nessun giudice annullerebbe l’acquisto di un immobile, per esempio, perché è stato fatto con un conto corrente, e non in contanti».

Questo non vuol dire che non ci siano differenze tra la moneta elettronica e quella rappresentata dalle banconote. «Se ho un conto corrente presso una banca e quest’ultima fallisse, posso rischiare di perdere una parte dei miei soldi, ma solo quelli al di sopra del limite dell’assicurazione dei depositi, oggi fissato a 100 mila euro», ha sottolineato Terzi. «Ma questo non intacca il discorso sul corso legale: un pagamento è regolato in maniera definitiva se il beneficiario riceve fondi in euro. E i fondi in euro puoi riceverli benissimo in banconote o con un saldo bancario».

Ricapitolando: quando parla di moneta elettronica «privata» e corso legale, Meloni fa confusione tra la natura della moneta bancaria, intesa come valore depositato presso una banca, e il regolamento del pagamento. È vero che la moneta bancaria può essere trasferita con strumenti di pagamento privati, come Satispay e Paypal, ma questo non vuol dire che nell’effettuare un pagamento il saldo di conto corrente sia, per così dire, meno legale rispetto al denaro contante.

Inoltre, questa conclusione non può essere utilizzata per sostenere che ognuno possa creare liberamente la propria moneta elettronica privata. Come spiega la Banca d’Italia, un cittadino che ha moneta depositata su un conto corrente «può chiedere all’emittente di convertirla in qualsiasi momento e senza perdita di valore (al valore nominale pieno) in moneta avente corso legale», per esempio ritirando dal bancomat o facendo un pagamento con un bonifico. E questa moneta «è emessa da operatori del sistema bancario e finanziario, ossia soggetti qualificati che sono sottoposti al controllo di autorità pubbliche che ne assicurano la sana e prudente gestione e che vigilano anche sulla stabilità complessiva del sistema». Per i Paesi dell’Unione europea, queste autorità sono la Bce e le singole autorità nazionali competenti.

Un’ulteriore precisazione: Meloni sostiene che il «denaro contante sia stampato dalla Bce». In realtà non è proprio così: la produzione delle banconote in euro è sì il frutto della collaborazione tra la Bce e le banche centrali nazionali, ma sono quest’ultime a distribuire le banconote, materialmente stampate in 11 officine nei Paesi dell’Ue.

I costi della moneta

Come anticipato, nel dibattito su pagamenti elettronici e pagamenti in contanti, Meloni solleva spesso il problema delle commissioni bancarie, facendo passare il messaggio che i primi abbiano costi aggiuntivi rispetto ai secondi. «La moneta elettronica, a differenza del denaro contante, ha un problema di commissioni, essendo una moneta privata, e un servizio offerto», ha per esempio dichiarato (min. 11:48) la presidente del Consiglio nel secondo episodio della rubrica “Gli appunti di Giorgia”.

Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in un altro approfondimento, è vero che i pagamenti elettronici hanno costi specifici rispetto al contante. Innanzitutto, un commerciante deve far fronte ad alcune spese fisiche, legate per esempio all’acquisto del dispositivo per l’accettazione dei pagamenti elettronici (il cosiddetto “Pos”, un acronimo dall’inglese point of sale, “punto di vendita”) e alla sua installazione, che variano in base alla banca o alla società di pagamenti che si sceglie come fornitrice del servizio. Ci sono poi le commissioni: semplificando un po’, quando si effettua un pagamento con un carta, una parte della transazione (nella maggior parte dei casi una percentuale, nella minoranza dei casi una cifra fissa) viene trattenuta dalle banche e dai circuiti di pagamento per coprire i costi delle infrastrutture e avere un margine di guadagno.

Le commissioni comportano un costo per i commercianti, ma stabilire con precisione il loro valore complessivo non è semplice. Quest’ultimo, infatti, cambia tra i vari fornitori di servizi per il pagamento con carte, siano essi una banca o un’altra società alternativa, che si fanno concorrenza tra loro. Nel tempo, comunque, il valore delle commissioni è sceso e vari governi sono intervenuti per ridurre il loro peso sulle transazioni, per esempio dando la possibilità alle imprese di convertirle in crediti di imposta.

Al di là di questo, l’idea che solo la moneta elettronica abbia dei costi è parziale e fuorviante: anche il denaro contante ha alcuni costi, sebbene siano meno visibili di quelli legati ai pagamenti elettronici. In uno studio pubblicato nel 2020, la Banca d’Italia ha calcolato che il contante costa annualmente al sistema economico italiano circa 7,4 miliardi di euro (stima che fa riferimento all’anno 2016). Qui dentro rientrano, tra gli altri, i costi di stampa delle banconote e quelli per le operazioni di controllo anti-contraffazione, e i costi per gli esercenti, legati per esempio alle assicurazioni, alla contabilità, al trasporto dei valori e ai furti. Più nel dettaglio, il costo annuo del contante per gli esercenti è stimato in circa 3,8 miliardi di euro. 

Se si considerano i costi del contante e quelli dei pagamenti elettronici, ha scritto la Banca d’Italia, il contante «può essere percepito quale mezzo di pagamento più economico da imprese ed esercenti» per due motivi: da un lato, come abbiamo appena visto, i commercianti «non sostengono del tutto i costi direttamente imputabili al contante», ma li dividono con lo Stato; dall’altro lato, il costo del contante è in media di 0,19 euro per singola operazione, contro gli 0,46 euro per ogni singola operazione effettuata con carte elettroniche. Il contante risulta meno conveniente, però, se si cambia prospettiva. «Se commisurato in percentuale del valore della transazione, il costo privato del contante risulta il più elevato», pesando per l’1 per cento su singola transazione contro lo 0,65 per cento di quello delle carte. Questo avviene «a causa dei maggiori oneri variabili legati alla sicurezza (es. furti, trasporto valori, assicurazioni)».
Confronto tra costi di accettazione presso l’esercente – Fonte: Banca d’Italia
Confronto tra costi di accettazione presso l’esercente – Fonte: Banca d’Italia
«Per gli esercenti in generale, e soprattutto per alcune categorie merceologiche, l’uso massivo delle carte per i pagamenti di basso importo o degli altri strumenti elettronici – spiega lo studio del 2020 della Banca d’Italia – potrebbe rendere più conveniente l’attività di impresa e ridurre i rischi derivanti dalla gestione del contante».
Costo del contante presso gli esercizi commerciali – Fonte: Banca d’Italia
Costo del contante presso gli esercizi commerciali – Fonte: Banca d’Italia

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