Il fact-checking di Dargen D’Amico su immigrati ed economia

Secondo il cantante lo Stato incassa più di quando spende per l’accoglienza. In linea di massima ha ragione, ma vanno fatte alcune precisazioni
Ansa
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Domenica 11 febbraio su Rai 1 è andata in onda la consueta puntata di Domenica In dopo il Festival di Sanremo, dove i cantanti in gara sono tornati sul palco dell’Ariston per cantare e rispondere alle domande della conduttrice Mara Venier e di alcuni giornalisti e opinionisti. 

Tra i cantanti che si sono esibiti c’è stato anche il rapper Dargen D’Amico, in gara al Festival con la canzone Onda alta, che in alcuni passaggi fa riferimento al viaggio dei migranti nel Mediterraneo. Commentando la sua canzone, Dargen D’Amico ha detto (min. 3:50:30) che «non si parla mai del fatto che la bilancia economica dell’immigrazione è in positivo, cioè quello che gli immigrati immettono nelle nostre casse per pagare le nostre pensioni è più di quanto spendiamo in accoglienza». «Queste sono statistiche che ogni tanto andrebbero raccontate», ha proseguito il cantante, che è stato invitato da Mara Venier a cambiare discorso. «Questa è una festa e ci vorrebbe troppo tempo per affrontare questi discorsi», ha detto la conduttrice, salutando il rapper.

In poche ore le parole di Dargen D’Amico sono state molto commentate, sui social network e sui giornali. Ma è vero che gli immigrati spendono in tasse più di quanto l’Italia spende per l’accoglienza dei migranti? In linea di massima sì, ma va fatta una precisazione.

Il costo dell’accoglienza

Dargen D’Amico, nella sua canzone, fa riferimento ai migranti che arrivano via mare, dunque partiamo da qui. Il processo di accoglienza dei migranti che arrivano in Italia per chiedere protezione è articolato in due fasi: la prima accoglienza è quella relativa alle azioni che lo Stato intraprende al momento dello sbarco dei migranti di solito nei luoghi cosiddetti “hotspot”, e riguarda il soccorso medico, l’assistenza sanitaria e l’identificazione, oltre all’erogazione di tutti i servizi essenziali che permettono ai migranti di richiedere una forma di protezione internazionale; la seconda fase dell’accoglienza riguarda i progetti di integrazione e assistenza che vengono attivati per i migranti che ottengono lo status di rifugiati e che sono quindi ammessi al soggiorno in Italia.

Ma l’arrivo via mare è un caso particolare, nell’insieme del fenomeno migratorio in Italia. Il confronto tra il gettito fiscale degli immigrati e la spesa italiana in accoglienza infatti presenta alcuni problemi, perché non tutti gli immigrati che vivono in Italia sono arrivati nel nostro Paese attraverso il sistema di accoglienza dei migranti gestito dal Ministero dell’Interno. Nel sistema dell’accoglienza non rientrano tutti gli immigrati comunitari, ossia quelli che arrivano dagli Stati membri dell’Unione europea, che secondo gli ultimi dati disponibili sono circa 1,4 milioni, più o meno il 20 per cento dei 5 milioni totali di stranieri residenti in Italia. Il paragone tra tasse versate dagli immigrati e i costi del sistema d’accoglienza andrebbe quindi fatto escludendo questa fetta di immigrati comunitari, che rappresentano un quinto del totale. Oltretutto, anche uno straniero extracomunitario regolare che lavora e paga i contributi potrebbe essere arrivato in Italia senza passare dal sistema dell’accoglienza. 

In ogni caso le fasi del processo di accoglienza, che come abbiamo detto non riguardano tutti gli stranieri nel nostro Paese ma solo i richiedenti asilo, sono finanziati attraverso una serie di voci inserite nell’ambito dei fondi per la “cooperazione allo sviluppo”. Questi fondi fanno parte di un programma gestito dal Ministero degli Esteri che in base a una legge del 2014, raccoglie una serie di iniziative tra i Paesi più sviluppati del mondo per combattere la povertà, tutelare i diritti umani e prevenire e risolvere i conflitti nei Paesi più poveri. Tra le iniziative della cooperazione allo sviluppo, ci sono, per esempio, la partecipazione ai programmi di cooperazione dell’Unione europea o interventi diretti in aree di emergenza umanitaria.

Secondo le stime di Openpolis, una fondazione che promuove la trasparenza nella politica italiana, la legge di Bilancio per il 2024 ha stanziato per quest’anno 6,5 miliardi di euro destinati alla “cooperazione allo sviluppo”: di questi fondi circa 1,4 miliardi (quasi il 23 per cento) servirà a coprire la voce di spesa “rifugiati nel Paese donatore”, ossia l’accoglienza in Italia dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale.

Le tasse degli immigrati

Passiamo ora alla seconda parte dell’affermazione di Dargen, quella che riguarda i soldi che gli immigrati «immettono nelle nostre casse per pagare le nostre pensioni». Anche in questo caso però va fatta una precisazione: la spesa a cui si riferisce Dargen riguarda i soli contributi previdenziali, ossia i versamenti che i lavoratori effettuano al loro ente previdenziale (come per esempio l’Inps) al fine di ottenere la pensione una volta finito di lavorare. Questi soldi, che contribuiscono a finanziare tutto il sistema pensionistico e quindi in un certo modo anche «le nostre pensioni», non bastano però a definire l’intera «bilancia economica dell’immigrazione», che si calcola sottraendo il totale della spesa pubblica per gli stranieri – e quindi non solo «l’accoglienza» ma anche la sanità e l’istruzione – al totale delle entrate che la presenza straniera versa ogni anno in tasse – e quindi non solo in contributi previdenziali ma anche altre imposte come l’Irpef e l’IVA.

Al netto di questa precisazione, vediamo se è vero, come ha detto il cantante, che questa bilancia economica è in positivo, e che quindi gli immigrati in Italia versano in tasse più di quello che ricevono in servizi. Come per il costo dell’accoglienza, non è facile stabilire con certezza il contributo degli stranieri al finanziamento della spesa pubblica. Tuttavia, una stima annuale dell’impatto economico delll’immigrazione è fatta da oltre dieci anni dalla Fondazione Leone Moressa, un istituto di ricerca che realizza studi statistici sull’economia dell’immigrazione in Italia. L’ultimo Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, pubblicato lo scorso ottobre dalla casa editrice Il Mulino, analizza una serie di dinamiche demografiche ed economiche relative alla popolazione straniera nel nostro Paese, che rappresenta stabilmente poco più dell’8 per cento della popolazione totale e contribuisce a circa il 9 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) dell’Italia.

Secondo questo rapporto, nel 2021 i contribuenti immigrati erano circa 4,3 milioni, che a fronte di un totale di redditi dichiarati di 64 miliardi di euro hanno versato 9,6 miliardi di Irpef, ossia l’Imposta sul reddito delle persone fisiche. «Questi quasi 10 miliardi di euro però sono il dato relativo all’Irpef pagata in Italia da tutti i nati all’estero nel 2021», ha specificato a Pagella Politica Enrico Di Pasquale, ricercatore della fondazione Leone Moressa. «Questo dato, che ci è stato fornito dal Ministero dell’Economia, tiene però conto anche dei nati all’estero che sono cittadini italiani: nel rapporto quindi abbiamo ristretto il dato ai soli immigrati stranieri e ottenuto la stima finale di 4,3 miliardi Irpef versata».

Il solo versamento dell’Irpef, quindi, basterebbe per confermare il fatto che le tasse pagate dagli stranieri residenti in Italia superano la spesa statale in accoglienza, ma il rapporto della Fondazione Moressa fa una stima complessiva di tutta la «bilancia economica dell’immigrazione» citata da Dargen, aggiungendo all’accoglienza anche tutti i servizi pubblici di cui godono gli immigrati residenti in Italia.

Secondo il rapporto, che elabora dati provenienti dal Ministero dell’Economia, dall’Istat e da altre fonti, nel 2021 lo Stato ha speso per gli immigrati 27,4 miliardi euro così suddivisi: 6,4 miliardi di euro in sanità, 6,3 miliardi in istruzione, 1,3 miliardi in servizi sociali, 1,9 miliardi in accoglienza, 3 miliardi in giustizia e sicurezza e 8,4 in previdenza sociale (pensioni e tutele varie).

Nello stesso anno però gli immigrati residenti hanno versato nelle casse dello Stato 29,2 miliardi di euro tra Irpef, IVA e contributi pensionistici: al netto della spesa, quindi, secondo le stime della Fondazione Moressa la bilancia economica dell’immigrazione è in positivo di 1,8 miliardi di euro.
Immagine 1. La tabella che stima il saldo della bilancia economica dell’immigrazione nel 2022 – Fonte: Fondazione Leone Moressa
Immagine 1. La tabella che stima il saldo della bilancia economica dell’immigrazione nel 2022 – Fonte: Fondazione Leone Moressa
«Il trend che abbiamo osservato nei nostri rapporti è che la bilancia economica dell’immigrazione è generalmente sempre positiva», ha aggiunto Di Pasquale. «Il motivo è soprattutto il fatto che la popolazione straniera in Italia è generalmente giovane e in età da lavoro, e che quindi influisce poco sulle due principali voci della spesa pubblica, ossia la sanità e le pensioni». Nonostante questo, però, Di Pasquale ha precisato come siano sbagliate le affermazioni di chi dice che “gli immigrati ci pagano la pensione”: «I cittadini stranieri che vivono in Italia contribuiscono sicuramente a sostenere il nostro sistema previdenziale, ma in percentuale tutto sommato marginale rispetto al totale della spesa pensionistica». Inoltre, in questo tipo di studi non si fa riferimento al fenomeno dell’immigrazione irregolare, dato che le persone che vivono questa condizione per ovvi motivi non pagano le tasse e non contribuiscono a sostenere la spesa pubblica. «Allo stesso tempo però gli immigrati irregolari beneficiano in termini marginali dei servizi garantiti dallo Stato e quindi non sono considerati nel nostro rapporto», ha sottolineato Di Pasquale.

Un’altra analisi che fa una stima della bilancia economica dell’immigrazione in Italia è quella a cura degli economisti Massimo Baldini, Francesca Campomori ed Emmanuele Pavolini, pubblicata dal sito di informazione economica lavoce.info nel 2021 e che si basa su dati del 2019. Secondo questo studio, cinque anni fa i milioni di cittadini stranieri residenti in Italia hanno garantito allo Stato entrate pari a 29,3 miliardi di euro, a fronte di un peso sulla spesa pubblica pari a 25,3 miliardi. Nel 2019 quindi il saldo della bilancia economica avrebbe registrato un saldo positivo pari a 4 miliardi, segno che gli immigrati in Italia «contribuiscono ormai sostanzialmente alla tenuta non solo del tessuto produttivo del paese, ma anche del suo sistema di protezione sociale».
Immagine 2. La tabella sulla la bilancia economica dell’immigrazione nel 2019 - Fonte: lavoce.info
Immagine 2. La tabella sulla la bilancia economica dell’immigrazione nel 2019 - Fonte: lavoce.info
Ricapitolando: il confronto i contributi versati dagli immigrati «per pagare le nostre pensioni» e «la spesa in accoglienza» è impreciso, perché i contributi previdenziali sono solo parte dei soldi versati dai cittadini stranieri residenti in Italia e non tutti gli immigrati hanno a che fare con il sistema dell’accoglienza. Nonostante questo, le stime danno ragione a Dargen D’Amico quando dice che nel nostro Paese «la bilancia economica dell’immigrazione è in positivo», e che quindi gli immigrati contribuiscono al bilancio dello Stato più di quanto lo Stato spende per loro in servizi.

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