Aggiornamento 28 novembre, ore 15 – Dopo i rilievi del presidente della Repubblica, il governo ha riformulato l’emendamento presentato sul 2 per mille, prevedendo soltanto un aumento di tre milioni di euro della soglia massima destinata ai partiti per il solo 2024. L’emendamento è stato approvato dalla Commissione Bilancio del Senato.
Nella serata di martedì 26 novembre si è svolta una seduta della Commissione Bilancio al Senato per esaminare il decreto “Fisco”, un decreto-legge che contiene «misure urgenti in materia economica e fiscale». Durante l’esame degli emendamenti, ossia delle modifiche al decreto, è nato un caso che ha riguardato il 2 per mille, il sistema di finanziamento con cui dal 2014 i contribuenti possono destinare ai partiti una piccola quota (il 2 per mille, appunto) dell’IRPEF che devono pagare allo Stato.
Nei giorni scorsi i senatori del Partito Democratico e di Alleanza Verdi-Sinistra che fanno parte della Commissione Bilancio hanno presentato [1] due emendamenti identici per alzare il tetto massimo dei finanziamenti che i partiti possono ricevere dai soldi donati dai contribuenti con il 2 per mille. In base alla legge attualmente in vigore, tutti i partiti messi insieme possono incassare complessivamente dal 2 per mille circa 25 milioni di euro l’anno: eventuali donazioni in eccesso finiscono nelle casse dello Stato. Il Partito Democratico e Alleanza Verdi-Sinistra hanno proposto di portare a 28 milioni di euro questo tetto.
Il governo ha però deciso di modificare il testo degli emendamenti presentati dai due partiti all’opposizione. Al momento sul sito del Senato non è ancora disponibile il resoconto stenografico della seduta in commissione, ma Pagella Politica ha potuto leggere l’emendamento riformulato dal governo. L’obiettivo del nuovo emendamento era ridurre la quota dell’IRPEF che i contribuenti possono destinare ai partiti, portandola dal 2 per mille allo 0,2 per mille. Il nuovo emendamento stabiliva però che nel caso in cui un contribuente non avesse espresso una scelta, la destinazione dello 0,2 per mille dell’IRPEF sarebbe andata a tutti i partiti «in proporzione alle scelte espresse» dagli altri contribuenti. Detto altrimenti, l’emendamento ha proposto di dare ai partiti tutto lo 0,2 per mille “inoptato”, mentre oggi il 2 per mille per cui non è stato indicato un partito beneficiario finisce allo Stato. Questa modifica avrebbe comportato un onere di «42,3 milioni di euro» a partire dal 2025. Insomma, in questo modo il finanziamento ai partiti sarebbe passato da circa 25 milioni di euro a oltre 42 milioni, distribuiti con un meccanismo che avrebbe premiato i partiti più scelti dalle donazioni dei contribuenti.
Alcuni esponenti del Partito Democratico hanno dato il loro parere favorevole all’emendamento presentato dal governo. Per esempio, secondo il senatore del PD Daniele Manca con il nuovo emendamento riformulato il governo aveva deciso «di sfruttare l’occasione per mettere a posto la norma» sul finanziamento ai partiti. Di parere opposto, invece, è Tino Magni, senatore di Alleanza Verdi-Sinistra e firmatario di uno dei due emendamenti presentati in commissione. In un’intervista con il Fatto Quotidiano, Magni ha dichiarato di essere contrario alla riformulazione del testo da parte del governo.
Nella serata di martedì 26 novembre si è svolta una seduta della Commissione Bilancio al Senato per esaminare il decreto “Fisco”, un decreto-legge che contiene «misure urgenti in materia economica e fiscale». Durante l’esame degli emendamenti, ossia delle modifiche al decreto, è nato un caso che ha riguardato il 2 per mille, il sistema di finanziamento con cui dal 2014 i contribuenti possono destinare ai partiti una piccola quota (il 2 per mille, appunto) dell’IRPEF che devono pagare allo Stato.
Nei giorni scorsi i senatori del Partito Democratico e di Alleanza Verdi-Sinistra che fanno parte della Commissione Bilancio hanno presentato [1] due emendamenti identici per alzare il tetto massimo dei finanziamenti che i partiti possono ricevere dai soldi donati dai contribuenti con il 2 per mille. In base alla legge attualmente in vigore, tutti i partiti messi insieme possono incassare complessivamente dal 2 per mille circa 25 milioni di euro l’anno: eventuali donazioni in eccesso finiscono nelle casse dello Stato. Il Partito Democratico e Alleanza Verdi-Sinistra hanno proposto di portare a 28 milioni di euro questo tetto.
Il governo ha però deciso di modificare il testo degli emendamenti presentati dai due partiti all’opposizione. Al momento sul sito del Senato non è ancora disponibile il resoconto stenografico della seduta in commissione, ma Pagella Politica ha potuto leggere l’emendamento riformulato dal governo. L’obiettivo del nuovo emendamento era ridurre la quota dell’IRPEF che i contribuenti possono destinare ai partiti, portandola dal 2 per mille allo 0,2 per mille. Il nuovo emendamento stabiliva però che nel caso in cui un contribuente non avesse espresso una scelta, la destinazione dello 0,2 per mille dell’IRPEF sarebbe andata a tutti i partiti «in proporzione alle scelte espresse» dagli altri contribuenti. Detto altrimenti, l’emendamento ha proposto di dare ai partiti tutto lo 0,2 per mille “inoptato”, mentre oggi il 2 per mille per cui non è stato indicato un partito beneficiario finisce allo Stato. Questa modifica avrebbe comportato un onere di «42,3 milioni di euro» a partire dal 2025. Insomma, in questo modo il finanziamento ai partiti sarebbe passato da circa 25 milioni di euro a oltre 42 milioni, distribuiti con un meccanismo che avrebbe premiato i partiti più scelti dalle donazioni dei contribuenti.
Alcuni esponenti del Partito Democratico hanno dato il loro parere favorevole all’emendamento presentato dal governo. Per esempio, secondo il senatore del PD Daniele Manca con il nuovo emendamento riformulato il governo aveva deciso «di sfruttare l’occasione per mettere a posto la norma» sul finanziamento ai partiti. Di parere opposto, invece, è Tino Magni, senatore di Alleanza Verdi-Sinistra e firmatario di uno dei due emendamenti presentati in commissione. In un’intervista con il Fatto Quotidiano, Magni ha dichiarato di essere contrario alla riformulazione del testo da parte del governo.