Che cosa dice davvero l’email del magistrato criticata dal governo Meloni

È stata inviata ad altri colleghi dal giudice Patarnello, le cui dimissioni sono state chieste da vari politici della maggioranza
ANSA
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Nelle scorse ore vari esponenti del governo Meloni e dei partiti che lo sostengono hanno criticato il magistrato Marco Patarnello per il contenuto di un’email, divulgata da Il Tempo il 20 ottobre, critica nei confronti del governo. Tra gli altri, l’articolo del quotidiano romano è stato rilanciato sui social network dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con una grafica e la scritta: «“Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio”. La mail choc del magistrato». 

Ma che cosa ha scritto davvero il magistrato Patarnello, le cui dimissioni sono state richieste dal leader della Lega Matteo Salvini? Vari quotidiani, tra cui il Corriere della Sera, hanno pubblicato il testo integrale dell’email, che era diretta ad altri colleghi magistrati, nello specifico alla mailing list dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), un’organizzazione di rappresentanza dei magistrati. Il testo dell’email è stato diffuso anche da Magistratura Democratica, che fa parte dell’Anm ed è considerata una corrente di centrosinistra e sinistra.
L’oggetto dello scambio di email tra Patarnello e gli altri magistrati è la sentenza con cui il Tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di 12 migranti nei centri costruiti dall’Italia in Albania, sentenza duramente criticata dal governo.

L’email di Patarnello inizia con un commento su quelle che secondo lui sono le posizioni dei partiti al governo nei confronti della magistratura. «Indubbiamente l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte, forse neppure ai tempi di Berlusconi. In ogni caso oggi è un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni», ha scritto il magistrato, motivando subito dopo questa dichiarazione. «Innanzitutto perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto».

Successivamente, Patarnello ha aggiunto un’altra motivazione a sostegno della sua posizione: «In secondo luogo perché la magistratura è molto più divisa e debole rispetto ad allora. E isolata nella società. A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio. Possiamo e dobbiamo farlo. Quanto meno dobbiamo provarci. Sull’isolamento sociale non abbiamo il controllo ma sul tema della compattezza interna possiamo averlo. Non è accettabile chinare le spalle ora o che qualcuno si ritagli uno spazio politico ai danni dell’intera magistratura».

Dunque, dalle parole del magistrato, si capisce che l’espressione “porre rimedio” fa riferimento a quelle, che secondo lui, sono le divisioni all’interno della magistratura, e non al fatto che Meloni sia considerata «più pericolosa» di Silvio Berlusconi, perché a differenza dell’ex leader di Forza Italia non ha processi in corso a suo carico. 

«In terzo luogo la compattezza e omogeneità di questa maggioranza è molto maggiore che nel passato e la forza politica che può esprimere è enorme e può davvero mettere in discussione un assetto costituzionale ribaltando principi cardine che consideravamo intangibili. Come corollario di questa condizione politica, anche l’accesso a un’informazione decente è ancora più difficile dell’era di Berlusconi», ha proseguito il magistrato nella sua mail.

Secondo Patarnello, le tre ragioni viste finora dimostrerebbero perché «il pericolo per una magistratura ed una giurisdizione davvero indipendente è altissimo». «Dobbiamo essere uniti e parlare con chiarezza. Non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini ad un giudice indipendente. Senza timidezze», ha scritto il magistrato ai suoi colleghi.

Verso la fine della sua email, Patarnello ha spiegato che i magistrati devono «pretendere che il Consiglio superiore della magistratura [l’organismo che ha il compito di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistrati, ndr] apra un dibattito al proprio interno e deliberi una reazione chiara e netta. Che anche l’Anm mostri il proprio approccio unitario e fermo». Nelle parole finali, il magistrato ha giudicato alcune dichiarazioni fatte da Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Anm: «Ieri ho sentito un buon Santalucia, pacato ma piuttosto chiaro. Vorrei che si sentisse chiaramente che rappresenta tutta la magistratura. Non possiamo fare molto ma essere uniti, tenere la schiena dritta e parlare con chiarezza questo sì».

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