Come funziona la “legge elettorale” per nominare il nuovo Papa

Chi vota il successore di Papa Francesco, come si vota, quali sono le regole del Conclave e perché è tutto segreto
ANSA/ETTORE FERRARI/POOL
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Dopo la morte di Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio), avvenuta nella mattina di lunedì 21 aprile, si è aperto un periodo di transizione in attesa dell’elezione del suo successore. La nomina del nuovo pontefice – massima autorità della Chiesa cattolica e vescovo di Roma – segue norme scritte e prassi consolidate nel tempo.

Il testo principale che disciplina questo momento è la costituzione apostolica Universi dominici gregis (in italiano, “Di tutto il gregge del signore”). Nel linguaggio ecclesiastico, una costituzione apostolica è uno dei documenti più solenni con cui un Papa stabilisce le norme fondamentali per la Chiesa. Questo testo fu scritto da Papa Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła) nel 1996 e modificato nel 2013 da Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger). Non è raro che un pontefice definisca per iscritto le regole per l’elezione del proprio successore o ne aggiorni di esistenti: nel Novecento, almeno sei Papi lo hanno fatto.

«Nella formulazione della nuova disciplina, pur tenendo conto delle esigenze del nostro tempo, mi sono preoccupato di non deflettere nella sostanza dalla linea della saggia e veneranda tradizione finora invalsa», scriveva Giovanni Paolo II nella costituzione apostolica del 1996, ancora in vigore, con rimandi al Codice di diritto canonico. Quest’ultimo è l’insieme delle leggi che regolano la vita interna della Chiesa, dai sacramenti all’organizzazione del clero.

Secondo l’Universi dominici gregis, dopo la morte del Papa devono trascorrere almeno 15 giorni prima dell’inizio del Conclave, l’assemblea in cui si elegge il nuovo pontefice. Dopo 20 giorni, le votazioni devono cominciare obbligatoriamente. Dunque, sulla base di queste regole, il Conclave potrà iniziare tra il 6 e l’11 maggio, ma una modifica voluta da Benedetto XVI consente di anticipare l’avvio se tutti i cardinali elettori arrivano a Roma prima del 6 maggio.

Chi elegge il Papa

La responsabilità dell’elezione del Papa è affidata ai cardinali, come ribadisce anche il Codice di diritto canonico: «I cardinali di santa romana Chiesa costituiscono un collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del romano pontefice, a norma del diritto peculiare». I cardinali sono tra i massimi responsabili della Chiesa cattolica: affiancano il Papa nelle decisioni più importanti e, rispetto ai vescovi, rivestono incarichi che spesso riguardano tutta la Chiesa e non solo una singola diocesi.

Secondo le statistiche della Santa Sede, i cardinali nel mondo sono 252, di cui il 45 per cento europei. Non tutti però partecipano all’elezione del nuovo Papa: solo i cosiddetti “cardinali elettori” hanno diritto di voto, ossia quelli che non hanno ancora compiuto 80 anni. Questa regola è stata introdotta da Papa Paolo VI, in carica dal 1963 al 1978, e poi confermata da Giovanni Paolo II nell’Universi dominici gregis. «La ragione di tale disposizione è da cercare nella volontà di non aggiungere al peso di così veneranda età l’ulteriore gravame costituito dalla responsabilità della scelta di colui che dovrà guidare il gregge di Cristo in modo adeguato alle esigenze dei tempi. Ciò, tuttavia, non impedisce che i padri cardinali ultraottantenni abbiano parte alle riunioni preparatorie del Conclave», scrisse Giovanni Paolo II nella costituzione apostolica.

Escludendo i cardinali con più di 80 anni, restano 135 cardinali elettori: di questi, 108 sono stati nominati da Papa Francesco, 22 da Papa Benedetto XVI e cinque da Papa Giovanni Paolo II. La componente più numerosa è quella europea, con 53 cardinali, seguita da Asia (23) e Africa (18).
Il più giovane cardinale elettore ha 45 anni ed è l’ucraino Mykola Bychok. Secondo le verifiche di Pagella Politica, 14 cardinali sono nati nel 1945, ma solo quattro hanno già compiuto 80 anni e non potranno dunque partecipare al Conclave (l’ultimo è il cardinale indiano George Alencherry, che ha compiuto 80 anni il 19 aprile, due giorni prima della morte di Papa Francesco).

Dopo la morte del Papa, i cardinali elettori sono tenuti a recarsi a Roma, «a meno che siano trattenuti da infermità o da altro grave impedimento». Se un cardinale elettore dovesse lasciare il Vaticano «per qualche ragione grave, riconosciuta dalla maggioranza degli elettori», potrà rientrare nel Conclave e votare, a condizione che il nuovo Papa non sia ancora stato eletto.

Come si vota

Le votazioni per eleggere il Papa si svolgono nella Cappella Sistina del Palazzo Apostolico, il palazzo in Vaticano dove risiede il pontefice. Giovanni Paolo II scelse di confermare questo luogo per la votazione, sottolineando che lì «tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato».

L’elezione avviene per scrutinium, ossia tramite una votazione segreta. In passato erano previste anche due modalità alternative di elezione, poi abolite: l’acclamationem seu inspirationem (“per acclamazione o ispirazione”), quando tutti i cardinali sceglievano lo stesso candidato senza votazione formale, e il compromissum (“per compromesso”), quando l’elezione veniva delegata a un piccolo gruppo.
La Cappella Sistina – Foto: ANSA
La Cappella Sistina – Foto: ANSA
Per essere eletto, un candidato deve ottenere almeno i due terzi dei voti dei cardinali elettori presenti e votanti (quindi 90 voti se partecipano tutti e 135 votano). Il primo giorno di Conclave può svolgersi al massimo una votazione, nel pomeriggio. Nei giorni successivi si possono fare fino a quattro votazioni al giorno: due al mattino e due al pomeriggio.

La procedura si divide in tre fasi: pre-scrutinio, scrutinio e post-scrutinio. Durante il pre-scrutinio, si distribuiscono ai cardinali le schede e si sorteggiano nove incaricati: tre scrutatori, tre addetti alla raccolta dei voti dei cardinali infermi (che possono votare rimanendo nelle loro stanze), e tre revisori che controlleranno la regolarità dell’intera procedura. Se uno dei sorteggiati è impossibilitato a svolgere il compito, si effettua un nuovo sorteggio.

Nello scrutinio, ogni cardinale scrive un solo nome con grafia non riconoscibile, piega la scheda, pronuncia un giuramento solenne e la depone in un’urna sull’altare della Cappella Sistina. Una volta votato, il primo scrutatore mescola le schede, l’ultimo le conta: se il numero non corrisponde agli elettori, le schede vengono bruciate e si vota di nuovo. Altrimenti, si passa allo spoglio: il primo scrutatore legge il nome, il secondo lo verifica e il terzo lo proclama ad alta voce. Ogni cardinale annota i voti ricevuti dai candidati. Se due schede risultano piegate insieme, valgono come un solo voto se recano lo stesso nome, altrimenti sono annullate. In entrambi i casi, la votazione resta valida. Le schede vengono poi perforate, infilate su un filo e conservate.

Nel post-scrutinio, gli scrutatori contano i voti di ogni candidato e ne verificano l’esattezza. Se nessuno ha ottenuto i due terzi, si procede a una nuova votazione. Se invece la soglia viene raggiunta, il candidato è eletto dopo che i revisori hanno controllato la regolarità delle operazioni. 

Al termine delle votazioni, tutte le schede vengono bruciate: se si vota di nuovo subito dopo, le schede di entrambe le votazioni vengono bruciate insieme, in una stufa di ghisa, alta circa un metro, usata dal 1939. Il fumo nero che esce dal comignolo della Cappella Sistina segnala che non c’è ancora un nuovo Papa. Quando si aggiungono paglia umida e altre sostanze, il fumo diventa bianco e segnala l’avvenuta elezione.

Se dopo tre giorni di votazioni consecutive nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti, il regolamento prevede una pausa di un giorno, in cui i cardinali elettori possono pregare e confrontarsi liberamente. Se dopo la ripresa non si raggiunge comunque l’elezione, ogni serie di sette scrutini può essere seguita da una nuova pausa, sempre con preghiera e dialogo. L’alternanza di sette votazioni e pausa può essere fatta al massimo per quattro volte.

Se anche dopo tutte queste fasi l’elezione non avviene, si tiene un ulteriore giorno di preghiera e riflessione. A quel punto, nelle votazioni successive possono essere votati solo i due cardinali che nello scrutinio precedente hanno ottenuto più voti (questi due, però, non possono votare). Anche in questa fase resta comunque necessario raggiungere i due terzi dei voti per un’elezione valida.

Il segreto

Per garantire che l’elezione del nuovo Papa si svolga in un clima di assoluta riservatezza, la Chiesa impone regole molto rigide sulla segretezza del Conclave. Dal momento in cui iniziano le operazioni dell’elezione fino all’annuncio ufficiale del nuovo pontefice, tutti i cardinali elettori devono vivere all’interno della Domus Sanctae Marthae (in italiano “Casa di Santa Marta”), una residenza all’interno del Vaticano, e possono spostarsi solo per raggiungere la Cappella Sistina, dove si tengono le votazioni. Durante questo periodo non possono né ricevere visite né comunicare con l’esterno, se non per gravi motivi riconosciuti da una speciale commissione.
L’appartamento di Papa Francesco nella Casa di Santa Marta – Foto: ANSA
L’appartamento di Papa Francesco nella Casa di Santa Marta – Foto: ANSA
Anche il personale ammesso negli ambienti del Conclave – come cerimonieri, religiosi, medici e addetti ai servizi – deve restare all’interno delle aree riservate e viene scelto e approvato in anticipo. Tutti devono prestare un giuramento solenne di assoluto segreto su tutto ciò che riguarda lo svolgimento dell’elezione, in particolare i voti e gli scrutini. Violare questo segreto comporta la scomunica automatica (in latino latae sententiae), che non richiede una dichiarazione ufficiale.

Ogni forma di influenza esterna è vietata: nessuno può proporre candidati, promettere voti o stringere accordi prima o durante il Conclave. Sono proibiti anche i patti in cui i cardinali si impegnano ad agire in un certo modo nel caso vengano eletti. Qualsiasi tentativo di condizionare l’elezione da parte di governi, gruppi di potere o singole persone è considerato una grave interferenza e comporta anch’esso la scomunica.

Per questo motivo, non esistono statistiche ufficiali sul numero di voti con cui sono stati eletti in passato i pontefici, ma solo indiscrezioni.

«Habemus Papam»

Quando un cardinale ottiene almeno i due terzi dei voti, gli viene chiesto se accetta e quale nome vuole assumere: da quel momento, se è già vescovo, diventa subito Papa e può iniziare a guidare la Chiesa. Se invece non è ancora vescovo, deve prima essere ordinato. È molto raro, però, che un cardinale non sia già vescovo: un caso recente è quello del frate Raniero Cantalamessa, nominato cardinale da Papa Francesco senza che fosse vescovo (Cantalamessa ha più di 80 anni e non farà parte del Conclave). In teoria, né l’Universi dominici gregis né il Codice di diritto canonico pongono limiti su chi possa essere eletto Papa: però, dovendo essere nominato vescovo, deve essere per forza uomo e battezzato.

Dopo l’accettazione, i cardinali si avvicinano a lui per promettergli obbedienza. Poi uno dei cardinali annuncia pubblicamente l’elezione, pronunciando il tradizionale annuncio Habemus Papam (in italiano, “Abbiamo il Papa”) dal balcone della Basilica di San Pietro. Il nuovo pontefice si affaccia e impartisce la benedizione Urbi et Orbi alla città e al mondo.
Il Conclave termina ufficialmente quando il nuovo Papa accetta l’elezione. Nei giorni successivi si svolge la cerimonia di inaugurazione del pontificato e, in un secondo momento, il nuovo Papa prende possesso della cattedra del Vescovo di Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

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