Perché è impossibile sapere quanti dipendenti pubblici scioperano

Secondo Meloni, solo il 6 per cento di questi lavoratori ha partecipato allo sciopero generale. Abbiamo controllato quanto è affidabile questa statistica
Ansa
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Il 2 dicembre, ospite a Quarta Repubblica su Rete 4, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che lo sciopero generale del 29 novembre, organizzato dai sindacati CGIL e UIL, ha avuto «deboli risultati». Secondo Meloni, infatti, ha scioperato meno del 6 per cento dei lavoratori nel pubblico impiego.

Abbiamo fatto un po’ di ricerche e la percentuale citata dalla presidente del Consiglio non è molto affidabile, per vari motivi.

La fonte di Meloni

Lo sciopero generale del 29 novembre è stato indetto contro il disegno di legge di Bilancio per il 2025, approvato dal governo e al momento all’esame della Camera. Lo sciopero generale ha riguardato tutti i settori pubblici e privati (come suggerisce il suo nome), a eccezione del trasporto ferroviario, ed è durato per l’intera giornata lavorativa, tranne che nel trasporto pubblico locale. Per quest’ultima categoria, infatti, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha precettato lo sciopero, riducendolo a un massimo di quattro ore. 

Quando Meloni dice che l’adesione allo sciopero nel «pubblico impiego» è stata «sotto il 6 per cento», è probabile che faccia riferimento ai dati sulla partecipazione agli scioperi nel settore pubblico raccolti e pubblicati dal Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le amministrazioni pubbliche sono obbligate dalla legge a comunicare al Dipartimento della Funzione pubblica il numero dei lavoratori che partecipano agli scioperi, le trattenute sul loro stipendio e la durata della mobilitazione. I lavoratori che aderiscono allo sciopero subiscono una riduzione del proprio stipendio che, di solito, corrisponde alla retribuzione di una giornata lavorativa. 

Le amministrazioni pubbliche inviano i dati sulla partecipazione agli scioperi dei suoi lavoratori alla piattaforma GEPAS. Queste informazioni sono poi pubblicate sul sito del Dipartimento per la Funzione pubblica, e sono aggiornate periodicamente nei giorni successive agli scioperi. Alle ore 19 del 2 dicembre, giorno dell’intervista di Meloni con Quarta Repubblica, i dati più aggiornati parlavano di circa 84 mila dipendenti pubblici che avevano aderito allo sciopero. Questo numero corrispondeva al 5,8 per cento degli 1,7 milioni di dipendenti pubblici in servizio il 29 novembre, una percentuale in linea con il «6 per cento» citato da Meloni. Questi numeri, però, facevano riferimento al 27,2 per cento di amministrazioni pubbliche che avevano inserito i dati sulla piattaforma GEPAS. E nel computo totale non erano considerati gli oltre 246 mila lavoratori assenti da lavoro “per altri motivi” il 29 novembre (su questo torneremo tra poco).

Al momento della pubblicazione di questo articolo, i dati più aggiornati fanno riferimento alle ore 19:30 del 3 dicembre. Secondo le ultime informazioni disponibili, il 6,1 per cento dei dipendenti pubblici ha partecipato allo sciopero generale, ma i dati continuano a riguardare una minoranza delle amministrazioni pubbliche. I numeri a disposizione, infatti, si basano su quelli comunicati alla piattaforma GEPAS dal 29,5 per cento delle amministrazioni pubbliche. A questo link è possibile consultare i dati più aggiornati pubblicati dal Dipartimento della Funzione pubblica.

L’aggiornamento dei dati

I numeri forniti dal Dipartimento per la Funzione pubblica hanno vari limiti. 

Innanzitutto, i dati fanno riferimento a un numero limitato di pubbliche amministrazioni che hanno comunicato le informazioni alla piattaforma GEPAS. Nel caso dello sciopero generale del 29 novembre, le informazioni che abbiamo si basano su quanto comunicato meno di un terzo delle pubbliche amministrazioni. Il fatto che il campione sia limitato non significa necessariamente che la percentuale del 6 per cento sia sbagliata. Anzi: non è escluso che la partecipazione allo sciopero possa essere più bassa, se il campione non è rappresentativo di tutte le pubbliche amministrazioni e i dati sono stati inviati da amministrazioni dove la partecipazione alla mobilitazione è stata più alta rispetto alle altre. Questo discorso vale ovviamente anche al contrario, e quindi il 6 per cento potrebbe essere una sottostima della reale partecipazione dei dipendenti pubblici allo sciopero.

«Il modo in cui vengono inseriti i dati nella procedura GEPAS non funziona: le percentuali di amministrazioni pubbliche che inseriscono i dati sono sempre troppo poche e così è impossibile fare analisi serie», ha detto a Pagella Politica un esponente di FP-CGIL, il ramo del sindacato che si occupa dei lavoratori del settore pubblico, che ha preferito restare anonimo. «La percentuale di lavoratori che ha aderito allo scioperò generale potrebbe essere superiore a quella citata da Meloni, ma questo non possiamo saperlo. Il numero del Dipartimento della Funzione pubblica lascia un po’ il tempo che trova». 

Esempi di scioperi recenti mostrano che, nonostante gli aggiornamenti, i dati raccolti restano parziali. Prendiamo il precedente sciopero generale proclamato da CGIL e UIL, del 17 novembre 2023: a distanza di oltre un anno da quel giorno, le amministrazioni pubbliche che hanno comunicato alla piattaforma GEPAS i dati sui dipendenti pubblici che hanno partecipato o meno allo sciopero sono appena il 38 per cento, e l’ultimo aggiornamento dei dati è stato eseguito il 15 gennaio 2024. In quel caso, invece, la percentuale di adesioni registrata è stata di poco superiore al 7 per cento, in linea con la percentuale rilevata per lo sciopero di quest’anno. Anche in occasione dello sciopero del 17 novembre 2023 era nato un dibattito tra il ministro Salvini, che aveva definito la mobilitazione «un flop», e i sindacati, che avevano sottolineato la «grande adesione allo sciopero generale» in alcuni settori.

In ogni caso, gli stessi sindacalisti riconoscono che gli scioperi generali di solito non sono quelli con la più alta percentuale di lavoratori. «Storicamente la partecipazione del pubblico impiego agli scioperi generali non è molto elevata, se non per alcune eccezioni che si rilevano quando le singole amministrazioni fanno sciopero per qualcosa che le interessa direttamente», ha spiegato a Pagella Politica Sandro Columbi, segretario generale della Uil Pubblica amministrazione. «Se c’è un problema interno a uno specifico ente, per esempio l’INAIL, e le organizzazioni sindacali dichiarano lo sciopero per quel problema esclusivo di quell’ente, si arriva a percentuali molto più elevate di partecipazione rispetto a quelle di uno sciopero generale che coinvolge più amministrazioni. Ovviamente questo dipende dal fatto che in quel caso i lavoratori si sentono più coinvolti».

Un quadro parziale

Senza entrare nel dibattito sul successo o meno di uno sciopero generale, i dati del Dipartimento della Funzione pubblica sugli scioperi nel pubblico impiego offre un’immagine parziale del fenomeno per un ulteriore motivo: non viene fatta distinzione tra i lavoratori che possono scioperare e quelli esonerati dallo sciopero. Quest’ultimi sono i lavoratori che non possono scioperare perché svolgono un servizio necessario e garantito anche durante uno sciopero generale. 

«Basti pensare che un’azienda socio-sanitaria di medie dimensioni ha una percentuale di lavoratori esonerati dallo sciopero che va dal 40 al 70 per cento: in quel caso le percentuali del Dipartimento diranno che i lavoratori che hanno aderito allo sciopero sono stati pochi, ma il dato è chiaramente falsato perché non esclude dal totale i lavoratori esonerati», ha sottolineato il sindacalista di FP-CGIL. «Faccio un esempio: in una residenza sanitaria assistenziale (RSA) che ho seguito ci sono 40 dipendenti, di cui quattro hanno aderito allo sciopero. Meloni direbbe che allo sciopero ha aderito solo il 10 per cento, mentre noi sappiamo che in quella struttura ben 36 lavoratori erano esonerati, quindi l’adesione reale è del 100 per cento». 

Il settore della sanità è quello con la più alta concentrazione di servizi garantiti durante uno sciopero e quindi anche di lavoratori esonerati dagli scioperi. La legge infatti stabilisce una serie di regole per conciliare il diritto allo sciopero nei servizi pubblici «essenziali» e il rispetto dei diritti della persona tutelati dalla Costituzione. In questi ambiti, che vanno dalla sanità alla sicurezza, passando per la protezione civile e la raccolta di rifiuti, le singole amministrazioni pubbliche e le imprese erogatrici di questi servizi devono concordare nei contratti collettivi una serie di prestazioni indispensabili che i lavoratori sono tenuti a garantire anche nei periodi di sciopero. Tra le misure applicabili può esserci anche «l’astensione dallo sciopero di quote strettamente necessarie di lavoratori tenuti alle prestazioni ed indicare, in tal caso, le modalità per l’individuazione dei lavoratori interessati». Insomma, oltre alla sanità, in diversi settori della pubblica amministrazione ci sono lavoratori esonerati dagli scioperi.

Gli altri lavoratori “assenti”

I dati del Dipartimento per la Funzione pubblica conteggiano anche un alto numero di lavoratori “assenti per altri motivi”. Secondo l’ultimo aggiornamento, il 29 novembre oltre 108 mila dipendenti pubblici avevano aderito ufficialmente allo sciopero, mentre quasi 288 mila erano assenti dal lavoro “per altri motivi”. Abbiamo contattato il Dipartimento per la Funzione pubblica per avere maggiori dettagli su quali lavoratori siano inclusi tra gli “assenti per altri motivi”, ma al momento della pubblicazione di questo articolo non abbiamo ancora ricevuto risposta.

Una dinamica simile, comunque, si è già verificata in passato. Allo sciopero del 17 novembre 2023 i lavoratori “assenti per altri motivi” erano stati circa 346 mila, a fronte di 155 mila aderenti alla mobilitazione. Due anni prima, nello sciopero generale indetto da CGIL e UIL il 16 dicembre 2021, i lavoratori “assenti per altri motivi” erano stati 99 mila, mentre quelli che avevano aderito allo sciopero erano stati meno di 18 mila. 

Columbi ha spiegato a Pagella Politica che tra gli assenti “per altri motivi” rientrano tutti i lavoratori che nel giorno dello sciopero hanno preso ferie, permessi o sono stati assenti dal lavoro per malattia. «Se un lavoratore sciopera perde una parte del suo stipendio, e quindi non escludo che qualcuno abbia preso ferie, per poi scendere in piazza, senza rinunciare alla retribuzione», ha detto Columbi, sottolineando che questo comportamento è diverso dallo scioperare. «Non possiamo escludere che qualcuno degli 288 mila lavoratori assenti “per altri motivi” fosse in piazza con noi, ma per noi questi lavoratori non hanno scioperato, perché chi sciopera decide di perdere parte della sua retribuzione per rivendicare un diritto», ha spiegato il rappresentante della FP-CGIL.

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