La polemica su Roccella e i viaggi ad Auschwitz

Secondo la ministra, le visite scolastiche al campo di concentramento hanno ridotto l’antisemitismo a un problema del passato. Una posizione che ha suscitato molte critiche
ANSA/ELISABETTA BARACCHI
ANSA/ELISABETTA BARACCHI
Domenica 12 ottobre la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Maria Roccella (Fratelli d’Italia) è stata criticata da più parti per alcune sue dichiarazioni sull’antisemitismo e i viaggi d’istruzione nel campo di concentraemtno di Auschwitz, pronunciate durante un convegno organizzato a Roma dall’Unione delle comunità ebraiche italiane in occasione del secondo anniversario del 7 ottobre 2023.

Nella parte iniziale del suo intervento, Roccella ha sostenuto che in Italia, subito dopo l’attacco di Hamas contro Israele, sarebbe mancata una reazione unanime di solidarietà verso Israele e le vittime dei massacri. La ministra ha criticato in particolare il mondo universitario, accusandolo di aver smesso di essere un luogo di riflessione e di aver preso posizione contro Israele, citando le richieste per sospendere le collaborazioni con gli atenei israeliani. Secondo Roccella, questa assenza di empatia e di analisi sarebbe il segno di un «antisemitismo sommerso, strisciante», con cui l’Italia non avrebbe mai fatto davvero i conti.

È in questo contesto che la ministra ha introdotto un passaggio sui viaggi della memoria, affermando:

«Noi non abbiamo fatto i conti fino in fondo con l’antisemitismo, con l’antisemitismo del nostro Paese in particolare. E tutte le gite scolastiche ad Auschwitz cosa sono state? Sono state gite? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate perché servivano esattamente all’inverso: a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, un tempo lontano o non tanto lontano, ma insomma collocato ormai in un passato storico e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz, secondo me, sono state un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta. E quindi che il problema era essere antifascisti, non essere antisemiti. Non controllare fino in fondo quello che è avvenuto nel nostro passato, non fare i conti fino in fondo con quello che è avvenuto».

Nella seconda parte del suo discorso, Roccella ha poi spiegato che, a suo avviso, questa rimozione collettiva avrebbe portato a una forma di distacco emotivo e culturale dal tema dell’antisemitismo, confinato nella memoria del fascismo e del passato. La ministra ha aggiunto che, a differenza di altri Paesi come la Germania, in Italia non ci sarebbe stata una riflessione profonda su ciò che l’antisemitismo continua a rappresentare nel presente. Dunque, secondo lei, il compito oggi sarebbe quello di «fare i conti con il nostro antisemitismo» e di creare nuovi luoghi di pensiero e confronto, dal momento che le università non avrebbero più assolto a questo ruolo.

Nelle ore successive, le parole di Roccella sui viaggi ad Auschwitz sono state criticate perché lette come una svalutazione del significato educativo e civile di quelle esperienze, considerate da molti uno strumento fondamentale per trasmettere la memoria della Shoah alle nuove generazioni.

La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha chiesto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni «una netta presa di distanza» dall’«inqualificabile dichiarazione» di Roccella. La ministra è stata criticata, tra gli altri, anche dal co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e dal segretario di Più Europa Riccardo Magi. Secondo Magi, Roccella «non solo dà una lettura strumentale e provinciale del ricordo dell’Olocausto anche attraverso le gite scolastiche nei campi di concentramento, ma sembra voler sminuire il ruolo del nazifascismo che un secolo fa ha pianificato lo sterminio programmatico degli ebrei in Europa».

Commentando le parole della ministra su Auschwitz, la senatrice a vita Liliana Segre – sopravvissuta alla deportazione in quel campo di concentramento – ha dichiarato: «Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito “gite” i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo». «Quale sarebbe la colpa? Durante la seconda guerra mondiale, in tutta l’Europa occupata dalle potenze dell’Asse, i nazisti, con la collaborazione zelante dei fascisti locali – compresi quelli italiani della Repubblica sociale italiana – realizzarono una colossale industria della morte per cancellare dalla faccia della terra ebrei, rom e sinti e altre minoranze», ha detto Segre, aggiungendo che «la formazione dei nostri figli e nipoti deve partire dalla conoscenza della storia» e che «la memoria della verità storica fa male solo a chi conserva scheletri negli armadi».

Il 13 ottobre, in un’intervista con Il Giornale, Roccella ha replicato alle accuse, dicendo che chi la critica tenta «di rovesciare i fatti appigliandosi al nulla». «Il mio messaggio è chiaro: siamo di fronte a uno strisciante antisemitismo, non possiamo nasconderlo pensando di relegare questo fenomeno odioso al nazifascismo, cristallizzandolo nel passato», ha dichiarato la ministra, ribadendo che i viaggi ad Auschwitz sono «utili se c’è la consapevolezza che l’antisemitismo è ancora presente nel sottofondo della nostra cultura». Il giorno prima, Roccella ha annunciato di essere disponibile a chiarire la sua posizione di fronte alla “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, una commissione parlamentare presieduta proprio da Liliana Segre.

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