Mercoledì 14 dicembre la Commissione europea ha inviato al governo italiano il proprio parere sul Documento programmatico di bilancio per il 2023, con cui il governo di Giorgia Meloni aveva anticipato alle autorità europee i provvedimenti economici contenuti nella legge di Bilancio per il prossimo anno. Una prima versione del Documento programmatico di bilancio era stata presentata all’Unione europea dal governo Draghi il 10 ottobre, mentre la versione aggiornata è stata inviata dal governo Meloni il 24 novembre.
Nel suo parere, la Commissione Ue ha scritto che le previsioni macroeconomiche del governo italiano, per quanto riguarda per esempio la crescita dell’economia del nostro Paese nel 2022 e nel 2023, sono «plausibili». Il governo stima che quest’anno il Pil dell’Italia crescerà del 3,7 per cento rispetto all’anno scorso, mentre nel 2023 l’aumento sarà più ridotto, dello 0,6 per cento rispetto al 2022. «La valutazione della Commissione è complessivamente positiva, con alcuni rilievi critici», ha dichiarato alla stampa il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni.
Nelle conclusioni del suo parere, la Commissione Ue ha scritto che il Documento programmatico di bilancio dell’Italia è «in linea con gli orientamenti di bilancio» contenuti nella raccomandazione fatta dal Consiglio dell’Unione europea lo scorso 12 luglio. Tra questi, il Consiglio aveva raccomandato al nostro Paese di aumentare gli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale, e per la sicurezza energetica, e di contenere la crescita della cosiddetta “spesa primaria corrente”, ossia la spesa dello Stato che ricorre ogni anno per pagare servizi pubblici, pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici. Secondo la Commissione, l’Italia non ha però «ancora compiuto progressi sul fronte della parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio». Qui, per esempio, rientra la richiesta di approvare la riforma del fisco (bloccata in Parlamento nella scorsa legislatura da Lega e Forza Italia, che sostenevano il governo Draghi) e di perseguire un maggiore contrasto all’evasione fiscale.
Le critiche specifiche della Commissione Ue riguardano inoltre quattro misure contenute nel disegno di legge di Bilancio per il 2023, ora all’esame della Camera, che non rispettano le raccomandazioni fatte in passato dall’Ue. Nello specifico, la Commissione Ue ha criticato: la proposta di alzare il limite all’uso del contante nel 2023 fino a 5 mila euro; la cancellazione automatica delle cartelle esattoriali con un valore fino a mille euro, relative al periodo tra il 2000 e il 2015 (secondo la Commissione, si tratta di un «condono fiscale»); l’eliminazione dell’obbligo per i commercianti di accettare i pagamenti elettronici per qualsiasi importo, mantenendolo solo per i pagamenti superiori ai 60 euro; e la cosiddetta “quota 103”, ossia la possibilità di andare in pensione anticipata il prossimo anno con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi previdenziali versati.
Questo non significa che necessariamente il governo italiano dovrà intervenire per modificare queste misure: esiste infatti un certo margine di flessibilità nei rapporti con l’Ue. Per esempio, per quanto riguarda i pagamenti elettronici, il governo sembrerebbe intenzionato ad abbassare la soglia da 60 a 40 euro sotto la quale non varrebbe più l’obbligo di accettare transazioni con le carte.
Nel suo parere, la Commissione Ue ha scritto che le previsioni macroeconomiche del governo italiano, per quanto riguarda per esempio la crescita dell’economia del nostro Paese nel 2022 e nel 2023, sono «plausibili». Il governo stima che quest’anno il Pil dell’Italia crescerà del 3,7 per cento rispetto all’anno scorso, mentre nel 2023 l’aumento sarà più ridotto, dello 0,6 per cento rispetto al 2022. «La valutazione della Commissione è complessivamente positiva, con alcuni rilievi critici», ha dichiarato alla stampa il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni.
Nelle conclusioni del suo parere, la Commissione Ue ha scritto che il Documento programmatico di bilancio dell’Italia è «in linea con gli orientamenti di bilancio» contenuti nella raccomandazione fatta dal Consiglio dell’Unione europea lo scorso 12 luglio. Tra questi, il Consiglio aveva raccomandato al nostro Paese di aumentare gli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale, e per la sicurezza energetica, e di contenere la crescita della cosiddetta “spesa primaria corrente”, ossia la spesa dello Stato che ricorre ogni anno per pagare servizi pubblici, pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici. Secondo la Commissione, l’Italia non ha però «ancora compiuto progressi sul fronte della parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio». Qui, per esempio, rientra la richiesta di approvare la riforma del fisco (bloccata in Parlamento nella scorsa legislatura da Lega e Forza Italia, che sostenevano il governo Draghi) e di perseguire un maggiore contrasto all’evasione fiscale.
Le critiche specifiche della Commissione Ue riguardano inoltre quattro misure contenute nel disegno di legge di Bilancio per il 2023, ora all’esame della Camera, che non rispettano le raccomandazioni fatte in passato dall’Ue. Nello specifico, la Commissione Ue ha criticato: la proposta di alzare il limite all’uso del contante nel 2023 fino a 5 mila euro; la cancellazione automatica delle cartelle esattoriali con un valore fino a mille euro, relative al periodo tra il 2000 e il 2015 (secondo la Commissione, si tratta di un «condono fiscale»); l’eliminazione dell’obbligo per i commercianti di accettare i pagamenti elettronici per qualsiasi importo, mantenendolo solo per i pagamenti superiori ai 60 euro; e la cosiddetta “quota 103”, ossia la possibilità di andare in pensione anticipata il prossimo anno con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi previdenziali versati.
Questo non significa che necessariamente il governo italiano dovrà intervenire per modificare queste misure: esiste infatti un certo margine di flessibilità nei rapporti con l’Ue. Per esempio, per quanto riguarda i pagamenti elettronici, il governo sembrerebbe intenzionato ad abbassare la soglia da 60 a 40 euro sotto la quale non varrebbe più l’obbligo di accettare transazioni con le carte.