Covid-19: l’immunità di gregge è ancora irraggiungibile, ma non è un problema

Ansa
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All’8 marzo nel nostro Paese è stato completamente vaccinato contro la Covid-19 il 2,7 per cento della popolazione (circa 1,6 milioni di persone), mentre il 3,5 per cento ha ricevuto solo la prima dose (circa 2,1 milioni). Il 7 marzo, ospite a Mezz’ora in più su Rai 3, il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto che entro la fine dell’estate saranno vaccinati tutti gli italiani che «lo vorranno».

È possibile stimare quando sarà raggiunta l’immunità di gregge, la soglia del numero dei vaccinati oltre la quale si arresta la diffusione di un virus? Abbiamo fatto un po’ di calcoli e, considerando diversi fattori, è molto probabile che questa immunità sia irrangiungibile nel breve futuro. Ma questo non dovrebbe impedirci di poter tornare a vivere una vita normale. Numeri alla mano, vediamo perché.

Di che cosa stiamo parlando

Con il termine “immunità di gregge” si intende il raggiungimento di una determinata percentuale di immuni all’interno di una popolazione, soglia che permette il rallentamento della diffusione di un’epidemia, fino al suo esaurimento. In questo momento il concetto è particolarmente importante perché la campagna di vaccinazione contro la Covid-19 punta a raggiungere il maggior numero di persone per debellare il coronavirus e poter così tornare alla normalità.

L’immunità di gregge varia a seconda del tipo di infezione: maggiore è la trasmissibilità di un agente patogeno, maggiore è il numero di persone da immunizzare. Per esempio, per il morbillo la soglia da raggiungere è il 95 percento della popolazione, mentre per la poliomielite è sufficiente l’80 per cento.

L’immunità di gregge può essere raggiunta in due modi: con le infezioni, lasciando un virus libero di circolare, o con le vaccinazioni. La prima strada comporta un alto costo in termini di vite, avendo la Covid-19 una letalità di circa l’1 per cento in Italia.

Per calcolare il livello di immunità di gregge si può usare una semplice formula: p=1-1/R0, dove “p” è la soglia da raggiungere, mentre R0 è il cosiddetto “numero di riproduzione base”, che stima quanti nuovi contagi vengono generati da chi è già stato contagiato in una popolazione completamente infettabile.

Più è alto l’indice R0, maggiore sarà la soglia da raggiungere per ottenere l’immunità di gregge. Facendo un esempio, se R0 è pari a 2, la soglia per l’immunità di gregge è del 50 per cento, ma se invece è pari a 4, è del 75 per cento.

Ad oggi esistono varie stime del valore dell’indice R0 del coronavirus: in generale vanno da 1,4 a 3,8. Nella comunità scientifica, sulla base dei dati arrivati dalla Cina e poi dall’Italia, l’anno scorso si era formato un certo consenso su un R0 pari a 3. In questo caso bisognerebbe vaccinare poco meno del 70 per cento della popolazione. L’immunologo statunitense Anthony Fauci, che consiglia il presidente Joe Biden sulla pandemia, ha detto a dicembre che bisognerebbe vaccinare anche fino all’85 o 90 per cento della popolazione per raggiungere l’immunità di gregge.

Perché le varianti complicano i piani

Negli ultimi mesi si è affermato il tema della varianti del coronavirus, che stanno destando parecchia preoccupazione anche nel nostro Paese. L’ultima indagine condotta dall’Istituto superiore di sanità (Iss) con le regioni e le province autonome ha scoperto che la cosiddetta “variante inglese” rappresenta in Italia il 54 per cento dei casi di metà febbraio, quella brasiliana il 4,3 per cento e quella sudafricana allo 0,4 per cento. Nell’indagine precedente la variante inglese era diffusa solo nel 18 per cento dei casi.

La diffusione della variante inglese è particolarmente importante ai fini del calcolo dell’immunità di gregge, perché essendo maggiormente infettiva alza l’indice di riproduzione e di conseguenza la soglia dell’immunità di gregge.

Come abbiamo spiegato di recente, ci sono diverse stime sulla maggiore trasmissibilità della variante inglese. Una recente ricerca, non ancora sottoposta al controllo della comunità scientifica, ha stimato che la variante sia tra il 43 e l’82 per cento più trasmissibile delle varianti di coronavirus preesistenti. La Fondazione Bruno Kessler (Fbk), un ente di ricerca di interesse pubblico che collabora con l’Iss, ha stimato sulla base delle due indagini che la variante inglese ha una maggiore trasmissibilità del 37 per cento, seppur con una grande incertezza statistica.

Se si ipotizza una maggiore trasmissibilità del 40 per cento e un indice R0 del coronavirus iniziale di 3, si ha che l’R0 della variante inglese è pari a poco più di 4, e dunque l’immunità di gregge salirebbe a un livello tra il 70 e l’80 per cento.

Quando raggiungeremo l’immunità di gregge

Oltre che dalla contagiosità di una malattia, il raggiungimento dell’immunità di gregge dipende da quante persone si possono effettivamente vaccinare e dalla disponibilità di vaccini.

Secondo i dati più recenti del Ministero della Salute, l’Italia dovrebbe ricevere circa 16 milioni di vaccini tra gennaio e marzo (al momento ne sono stati consegnati 7 milioni), 45 milioni tra aprile e giugno e 78 milioni tra luglio e settembre e 32,7 milioni tra ottobre e dicembre. Dai dati del Ministero abbiamo escluso il vaccino CureVac perché al momento è ancora tra la fase 2 e la fase 3 e quindi la sua disponibilità non è sicura.

Va inoltre considerato che i vaccini finora disponibili non sono autorizzati per chi ha meno di 16 anni (Moderna) o 18 anni (Pfizer e AstraZeneca). Sotto i 16 anni in Italia ci sono 8,3 milioni di ragazzi che quindi per ora non potranno essere vaccinati. Pfizer e Moderna stanno già svolgendo delle sperimentazioni fino ai 12 anni e anche altre società farmaceutiche puntano a farlo nei prossimi mesi.

Non tutta la popolazione potrebbe inoltre essere disponibile e farsi vaccinare. Un sondaggio condotto da Quorum a dicembre ha rilevato che il 63 per cento degli intervistati si è detto disponibile a fare il vaccino, il 19 per cento dovrebbe pensarci e il 16 per cento non intende farlo.

Ipotizzando un tasso di adesione pari all’80 per cento tra chi può fare il vaccino, bisognerebbe somministrare dosi a più di 40 milioni di persone. La disponibilità di vaccini ci permetterebbe di raggiungere questo obiettivo non prima di metà del terzo trimestre, cioè intorno ad agosto.

Con un tasso di adesione all’80 per cento e una parte di popolazione che non può essere vaccinata, non si raggiungerebbe però l’immunità di gregge, in quanto si arriverebbe a circa il 67 per cento di italiani vaccinati. Con un’adesione del 90 per cento, ci si avvicinerebbe invece parecchio, arrivando a circa il 77 per cento. Per vaccinare 46 milioni di persone si dovrebbe aspettare circa settembre.

In generale è evidente come sia difficile raggiungere l’immunità di gregge se non si può vaccinare quasi tutta la popolazione. Anche senza contare gli under 16, prima di settembre non ci sarebbero sufficienti vaccini per farlo.

Va inoltre considerato che l’idea dell’immunità di gregge si basa sull’assunzione che i vaccini proteggano non solo dalle conseguenze della malattia, ma anche dall’infezione. Le sperimentazioni che ad oggi hanno portato alle autorizzazioni dei vaccini contro la Covid-19 non si sono concentrate particolarmente su questo aspetto. Come abbiamo spiegato di recente, esistono comunque alcune evidenze incoraggianti. Per esempio, per il vaccino Pfizer c’è uno studio condotto in Israele che ha dimostrato un’efficacia contro la trasmissione del virus del 90 per cento.

Ma è davvero così importante?

Considerando le difficoltà che ci sono per raggiunte l’immunità di gregge nel breve futuro, vale la pena chiedersi se sia davvero un obiettivo così importante.

Sappiamo infatti che la Covid-19 è una malattia che colpisce in particolar modo le persone anziane. Gli over 80 sono la fascia della popolazione più a rischio e rappresentano il 60 per cento dei decessi nel nostro Paese, mentre sotto i 60 anni la letalità della Covid-19 scende sotto l’1 per cento.

Vaccinando gli over 60 si stima una riduzione dei decessi fino al 90 per cento, dell’83 per cento degli ospedalizzati e del 75 per cento delle persone in terapia intensiva. Dopo aver vaccinato gli over 50 i decessi scenderebbero fino al 95 per cento e gli ospedalizzati e le terapie intensive fino all’80 per cento. Una volta che si sono vaccinati tutti gli over 50, pari al 46 per cento della popolazione italiana, si avrebbero quindi pochissimi decessi e una pressione ospedaliera minima.

Anche senza il raggiungimento dell’immunità di gregge, dunque, è possibile poter tornare progressivamente alla normalità in quanto la parte più a rischio della popolazione sarebbe protetta dal vaccino.

In conclusione

Per raggiungere l’immunità di gregge è necessario vaccinare fino all’80 per cento della popolazione, ma questo obiettivo è parecchio complesso da raggiungere nel prossimo futuro, sia perché non tutti sono disponibili a farsi vaccinare sia perché chi ha meno di 16 anni non può essere vaccinato.

L’immunità di gregge non può essere comunque raggiunta prima di agosto o settembre per via della disponibilità di vaccini, a meno di un cambio di passo nella produzione o con l’approvazione di nuovi vaccini. È anche necessario che tutti i vaccini utilizzati proteggano effettivamente dalla trasmissione.

Complessivamente potremmo non raggiungere l’immunità di gregge per molto tempo, ma nonostante questo si possono quasi azzerare le conseguenze della Covid-19 e tornare progressivamente alla normalità.

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