Il 20 dicembre, la deputata di Italia viva Lucia Annibali ha scritto su Facebook che nei giorni scorsi la Conferenza Stato Regioni ha raggiunto un’intesa sullo schema per la ripartizione delle risorse del cosiddetto “reddito di libertà”, un contributo economico destinato alle donne vittime di violenza. Annibali ha anche annunciato un rifinanziamento, per effetto di un emendamento a sua firma nella legge di Bilancio per il 2021, del Fondo per il reddito di libertà introdotto a luglio dal decreto “Rilancio”.

Vediamo che cos’è il reddito di libertà e di quante risorse disporrà nel 2021 e 2022.

Il “Fondo per il reddito di libertà” e l’emergenza coronavirus

Il “Fondo per il reddito di libertà” è stato istituito dal decreto “Rilancio” (art. 105 bis del decreto n. 34 del 19 maggio 2020) come una delle risposte agli effetti economici della pandemia, nello specifico per «le donne in condizione di maggiore vulnerabilità» e con lo scopo di «favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà».

Il decreto “Rilancio”, per questo obiettivo, ha rifinanziato con 3 milioni di euro un fondo già esistente da diversi anni, ma fino ad ora denominato come un generico “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità” (art. 19, co. 3 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006). Il 20 dicembre è stato approvato un emendamento alle legge di Bilancio per il 2021 a prima firma di Lucia Annibali (Italia viva) per destinare al “Fondo per il reddito di libertà” – come è stato rinominato il fondo – 5 milioni di euro nel 2021 e nel 2022, per un totale di 10 milioni di euro.

Nel decreto “Rilancio” si stabiliva inoltre che risorse del “Fondo per il reddito di libertà” sarebbero state «ripartite secondo criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per le Pari opportunità e la famiglia, di concerto con il ministro del Lavoro e delle politiche sociali», dopo aver stipulato un’intesa con la Conferenza Stato Regioni.

La Conferenza Stato Regioni, così come ha detto Annibali, ha sancito l’intesa sul fondo il 17 dicembre, esprimendo alcune raccomandazioni. Ma non è ancora stato pubblicato il testo del decreto del Dipartimento per le Pari opportunità, quindi al momento non ci sono dettagli aggiuntivi su come verranno ripartiti i finanziamenti fra le regioni e in base a quali criteri il reddito verrà assegnato in futuro.

Al momento, il reddito di libertà esiste già in alcune regioni. Vediamo come funziona in Sardegna e Lazio.

Il reddito di libertà in Sardegna e nel Lazio

La Regione Sardegna ha istituito il reddito di libertà per le donne vittime di violenza con la legge regionale n. 33 del 2 agosto 2018. Nella delibera, la giunta regionale rivendica di essere la «prima tra le Regioni in Italia ad aver approvato una legge organica in materia».

La giunta regionale stabiliva che potessero accedere al reddito di libertà «le donne, con o senza figli minori, vittime di violenza certificata dai servizi sociali del Comune di residenza o dai servizi sociali del Comune di nuovo domicilio», tenendo conto della «persistenza della condizione di pericolo imminente che ha determinato l’inserimento della richiedente in una casa di accoglienza».

La misura ricorda l’impostazione del reddito di cittadinanza introdotto poi nel 2019: l’ammontare minimo del contributo per una donna sola è di 780 euro, variabile in caso di figli o disabilità della donna o dei figli. La beneficiaria del contributo partecipa a un piano personalizzato, che può prevedere il supporto alla ricerca di un nuovo impiego o all’avvio di un’attività propria, la ricerca di una casa e un aiuto economico per spostarsi in un’altra città e allontanarsi dalla minaccia di violenza di cui è stata vittima.

Anche la Regione Lazio, con la delibera n. 684 del 20 novembre 2018, ha istituito un “contributo di libertà” per supportare l’autonomia economica delle donne vittime di violenza, destinato in particolare al pagamento degli affitti. La misura è stata ridefinita il 14 aprile 2020: a differenza del reddito mensile, si tratta di un contributo unico da 5 mila euro da utilizzare per le spese abitative, sanitarie e scolastiche del nucleo familiare.

L’importanza del sostegno economico per le vittime di violenza

Come abbiamo scritto in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sul totale delle circa 6.500 vittime di violenza domestica che hanno contattato il numero antiviolenza e stalking 1522 da marzo a giugno 2020, una vittima su due ha detto di aver ritirato la denuncia di violenza domestica perché ritornata dal maltrattante, mentre il 6,9 per cento di aver preso questa decisione poiché non aveva un posto sicuro dove andare.

A questo si aggiunge un altro dato preoccupante. Come ha sottolineato il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo in audizione in Parlamento il 24 novembre, «sono state soprattutto le donne – maggiormente impiegate nei servizi e in lavori precari – a subire gli effetti maggiori» della crisi economica dovuta alla pandemia. Questo ha portato, sempre secondo l’Istat, il tasso di occupazione femminile fra i 15-64 anni al 48,4 per cento contro il 66,6 per cento di quello maschile (dati parziali aggiornati a novembre 2020). Un ulteriore calo rispetto alla percentuale già bassa certificata da Istat ed Eurostat nel 2019, quando il tasso di occupazione femminile era al 50,1 per cento per le donne e al 68 per cento per gli uomini.

In conclusione

La deputata di Italia viva Lucia Annibali ha scritto su Facebook che nei giorni scorsi la Conferenza Stato Regioni ha sancito l’intesa su uno schema per la ripartizione delle risorse del “Fondo per il reddito di libertà”, un contributo economico per aiutare le donne vittime di violenza. Il fondo è stato introdotto a luglio dal decreto “Rilancio” ed è appena stato rifinanziato per effetto di un emendamento a sua firma nella legge di Bilancio per il 2021 (10 milioni in totale per i prossimi due anni).

La Conferenza Stato Regioni, così come ha detto Annibali, ha sancito l’intesa sul fondo il 17 dicembre, esprimendo alcune raccomandazioni. Il testo del decreto del Dipartimento per le Pari opportunità non è ancora stato pubblicato, quindi al momento non ci sono dettagli aggiuntivi su come verranno ripartiti i finanziamenti fra le regioni e in base a quali criteri il reddito verrà assegnato.

Il reddito di libertà esiste già in Sardegna e nel Lazio. Nel primo caso si tratta di un sussidio mensile pari o superiore a 780 euro, affiancato da un piano personalizzato per reinserire la beneficiaria nel mondo del lavoro. Nel secondo caso si tratta dell’erogazione di un’unica tranche da 5mila euro per coprire spese abitative, mediche ed eventualmente scolastiche se la donna ha figli.