Nelle ultime ore è arrivata in Italia la notizia secondo cui l’Australia avrebbe intenzione di abbattere 10 mila cammelli, colpevoli di mettere a rischio le riserve d’acqua in un periodo in cui gli incendi stanno devastando da settimane il Paese.
Ma che cosa c’è di vero in questa storia? Si tratta di una novità oppure non è la prima volta che si parla di provvedimenti simili? Analizziamo meglio la questione.
Di che cosa stiamo parlando
Come riportano fonti stampa, ad esempio la Bbc e l’emittente australiana 9 News, l’8 gennaio è iniziato in Australia Meridionale – uno dei sei Stati in cui è suddivisa l’Australia – l’abbattimento di «migliaia» di cammelli (e dromedari), che da giorni starebbero invadendo i centri abitati in cerca di acqua. Da settimane, infatti, l’isola è colpita da devastanti incendi, con le temperature che superano i 40 gradi, in un periodo di siccità e aridità senza precedenti.
Nello specifico, l’abbattimento degli animali – che secondo l’Abc australiana coinvolgerà tra i 4 e i 5 mila cammelli – è stato confermato il 7 gennaio anche dall’autorità locale dell’Anangu Pitjantjatjara Yankunytjatjara (Apy), in una nota sulla sua pagina ufficiale Facebook.
L’Apy è un’area del nord-ovest dell’Australia Meridionale, con una superficie di 103 mila chilometri quadrati (un terzo dell’Italia circa), amministrata dalla popolazione aborigena locale, che secondo i dati dell’Australian Bureau of Statistics nel 2016 contava una popolazione di poco meno di 2.800 cittadini.
A causa della siccità e del caldo estremo, «migliaia di cammelli stanno emigrando dai territori aridi alla ricerca di acqua nelle comunità locali, causando danni alle infrastrutture e alle case, e creando seri rischi alla salute delle persone», spiega la nota dell’Apy.
L’abbattimento, aggiunge Apy, sarebbe supportato dal South Australian Department for Environment and Water, un dipartimento governativo che tra le altre cose si occupa della tutela ambientale e della fauna nell’Australia Meridionale.
Non solo. Per giustificare l’iniziativa, Apy scrive nella nota che l’abbattimento dei cammelli (insieme con quello di altri animali selvatici, come i cavalli) permetterebbe di ridurre anche l’emissioni di CO2, oltre a salvaguardare l’incolumità degli abitanti.
Una non-novità
In realtà, l’abbattimento di animali selvatici non è una novità delle ultime settimane. Già a dicembre 2019, l’amministrazione di Apy aveva tenuto una riunione per valutare l’avvio dell’abbattimento di migliaia di animali, attraverso l’utilizzo di cecchini a bordo di aerei.
E simili valutazioni sono spesso scaturite, negli anni passati, in azioni concrete.
A fine 2013 – oltre sei anni fa – il governo federale ha pubblicato i dati relativi all’Australian Feral Camel Management Project, un’iniziativa che con un budget di circa 19 milioni di dollari a partire dal 2009 aveva portato all’abbattimento di circa 160 mila cammelli. Non mancano notizie di provvedimenti simili più recenti: a inizio 2019, per esempio, alcuni pastori dell’Australia Occidentale avevano dichiarato di avere ucciso circa 2.500 cammelli.
Nel 2010, il governo australiano ha invece pubblicato il National Feral Camel Action Plan, un piano per contrastare «la sovrabbondanza di cammelli selvatici» (stimati dieci anni fa in oltre un milione), che tra le varie opzioni di intervento prevede anche l’abbattimento degli animali, via aereo o terra, oltre che alla costruzione di recinti e la vendita degli animali per scopi commerciali.
Negli anni, gli abbattimenti hanno generato alcune proteste, portando alla nascita di iniziative per valorizzare la presenza di cammelli e dromedari, come quella raccontata da Vice ad aprile 2018 in un video per l’emittente Hbo. In poche parole, l’idea di alcuni imprenditori era quella di sfruttare gli animali per il mercato del latte, salvandoli dall’abbattimento.
Altri promuovono un approccio diverso, come PestSmart – un’organizzazione australiana che si occupa di fornire informazioni sulle specie invasive australiane – che sul suo sito ha pubblicato due guide dettagliate su come vengano condotte le procedure di abbattimento dei cammelli, via terra e via aereo, con tanto di consigli su dove sparare. Per esempio, se si vuole sparare a un animale via terra, PestSmart sconsiglia di colpire la fronte del cammello, perché la particolare conformazione ossea del cranio potrebbe causare un pericoloso rimbalzo del proiettile verso il tiratore.
Una storia nata nell’Ottocento
Ma come ci sono finiti così tanti cammelli e dromedari su un’isola enorme in mezzo all’Oceania? Ad aprile 2018, la Bbc ha dedicato uno speciale sulle origini della presenza di questi animali in Australia (la cui attività è monitorabile anche dalla sezione CamelScan del sito FeralScan del governo australiano).
Proprio la grandezza dell’isola avrebbe incentivato l’importazione soprattutto di dromedari, avvenuta secondo la Bbc tra il 1870 e il 1920, quando furono portati circa 20 mila animali dalla Penisola araba, dall’India e dall’Afghanistan. La loro conformazione fisica era particolarmente indicata per affrontare il caldo dei terreni desertici australiani, rendendoli uno dei mezzi di trasporto migliore.
«Negli anni Trenta del Novecento, l’industria dei cammelli andò a gambe all’aria», scrive la Bbc. «L’arrivo del motore a combustione interna e dei trasporti motorizzati rese di fatto inutili gli animali», che furono così abbandonati a migliaia in natura, causando una successiva esplosione demografica.
In conclusione
È vero: in una specifica area dell’Australia Meridionale, su iniziativa dell’amministrazione locale, è iniziato l’abbattimento di migliaia tra cammelli e dromedari selvatici, accusati di mettere a rischio l’incolumità delle persone, spinti a cercare l’acqua in un periodo di estrema siccità.
Questa notizia va però contestualizzata. L’uccisione di animali di questo tipo (sparando per esempio da elicotteri in volo) non è una novità: tra il 2009 e il 2013, si stima che in Australia siano stati uccisi circa 160 mila tra cammelli e dromedari per un piano nazionale di contenimento, su una popolazione di oltre un milione di individui.
Ricordiamo che questi animali non sono una specie autoctona australiana, ma sono stati importati sull’isola nell’Ottocento.
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