Il 2 agosto la Camera dei deputati ha approvato un ordine del giorno del deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Caiata, segretario della Commissione Affari esteri, per far sì che l’abbigliamento dei deputati, dei dipendenti e anche quello dei visitatori della Camera «sia consono alle esigenze di rispetto della dignità e del decoro dell’istituzione». Il testo, approvato con 181 voti favorevoli e 100 contrari, è stato esaminato prima del via libera al conto consuntivo 2022 e del bilancio di previsione 2023 della Camera. 

L’ordine del giorno di Caiata ha fatto parecchio discutere e ha sollevato le proteste di diversi esponenti dei partiti all’opposizione. Per esempio il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha criticato la scelta di discutere sulla «reintroduzione dell’obbligo di cravatta in aula» e sul divieto di indossare «le scarpe da ginnastica». Una critica simile è stata fatta negli scorsi giorni dalla vicepresidente del Movimento 5 Stelle alla Camera Maria Vittoria Baldino, che il 27 luglio ha scritto su Facebook: «Fratelli d’Italia chiede di bandire le scarpe da ginnastica a chiunque acceda nelle sedi della Camera e di fare obbligo agli uomini di indossare sempre la cravatta». 

Il motivo dietro a queste critiche riguarda il testo originario dell’ordine del giorno presentato da Caiata, che è stato modificato dal collegio dei questori durante l’esame in aula prima della sua approvazione. I questori sono i deputati incaricati di vigilare sul buon andamento dei lavori, sul rispetto delle norme di comportamente e hanno il compito di preparare il bilancio interno dell’aula. 

Al momento il testo originario dell’ordine del giorno non è pubblicamente disponibile ma Pagella Politica ne ha potuto prendere visione. L’ordine del giorno chiedeva inizialmente all’ufficio di presidenza e al collegio dei questori dell’aula di introdurre alcune nuove regole sull’abbigliamento dei deputati, ossia il «divieto indistinto per deputati e deputate dell’utilizzo di scarpe da tennis; l’obbligo per i deputati di indossare sempre la cravatta». Erano richieste anche sanzioni per chi non rispettava queste norme. Da qui sono nate le critiche degli esponenti dei partiti di opposizione. 

Al momento, tutti gli uomini che entrano alla Camera, sia i deputati sia i dipendenti o visitatori, devono indossare la giacca ma non hanno l’obbligo di indossare la cravatta e non sono vietati particolari tipi di scarpe. Al Senato è previsto invece per gli uomini l’obbligo della cravatta e della giacca. 

Dopo la sua presentazione e le critiche ricevute in questi giorni l’ordine del giorno è stato quindi modificato e sono stati eliminati i riferimenti all’obbligo della cravatta e al divieto di indossare «scarpe da tennis», prevedendo semplicemente la tutela del decoro nell’abbigliamento dei deputati. Durante la discussione in aula Caiata ha detto di essere d’accordo con le modifiche fatte dai questori. «Esprimo l’auspicio che si possa arrivare a una regolamentazione, naturalmente dando fiducia al collegio dei questori, perché c’è stata qualche battuta e qualche polemica su questo ordine del giorno, ma in realtà era esclusivamente volto a dare rispetto e tutela a questo ambiente, e credo che sia una cosa sulla quale dovremmo essere tutti d’accordo», ha detto il deputato di Fratelli d’Italia.

Anche la riformulazione ha ricevuto critiche. Per esempio il deputato del Movimento 5 Stelle Riccardo Ricciardi ha dichiarato che il decoro dei parlamentari non deve essere solo «nella forma» ma anche «nella sostanza», ossia nei provvedimenti che propongono. Il deputato Federico Fornaro, eletto nelle liste del Partito Democratico, ha invece contestato l’eccessiva vaghezza della nuova formulazione dell’ordine del giorno, precisando che i deputati sono già tenuti a rispettare delle regole riguardo l’abbigliamento, come per l’appunto l’obbligo di indossare la giacca. 

Al di là del contenuto, non c’è nessun obbligo per la Camera di rispettare quanto richiesto nell’ordine del giorno presentato da Caiata. Gli ordini del giorno sono infatti atti con cui i parlamentari invitano il governo o il Parlamento a intervenire su questioni specifiche. Questi atti devono essere discussi e in seguito messi ai voti, ma non hanno lo stesso valore di una legge. In altre parole, il governo o il Parlamento non sono tenuti a rispettarli e non devono renderne conto ai parlamentari che li hanno proposti.