Sulla “Camera delle deputate e dei deputati” non è convinto nemmeno il PD

La proposta di cambiare il nome a un ramo del Parlamento divide anche gli esponenti del partito di Elly Schlein
Ansa
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Nelle ultime ore vari politici dei partiti di centrodestra hanno criticato una proposta di riforma costituzionale presentata alla Camera per cambiarle il nome in “Camera delle deputate e dei deputati”. La proposta è stata depositata lo scorso 31 gennaio da due deputati del Partito Democratico Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari, che è anche segretaria del gruppo parlamentare del PD alla Camera. 

«Le grandi battaglie del PD», ha commentato su Facebook la Lega, pubblicando una grafica con la faccia della segretaria Elly Schlein. «Sembra uno scherzo di carnevale, considerato il periodo, e invece fanno proprio sul serio», ha scritto il deputato di Fratelli d’Italia Antonio Baldelli.
La proposta non solo ha raccolto le critiche dai partiti della maggioranza, ma anche all’interno dello stesso PD ci sono dubbi. Alcuni deputati la sostengono, altri non vogliono commentarla, mentre altri ancora credono non sia una priorità cambiare il nome della Camera per renderlo più inclusivo. 

Che cosa prevede il testo

Il testo della riforma costituzionale presentato da Girelli e Ferrari non è al momento ancora pubblicamente disponibile, ma Pagella Politica ne ha potuto prendere visione. 

Il testo è composto da un solo articolo, che prevede di sostituire le parole “Camera dei deputati” con “Camera delle deputate e dei deputati” in ogni parte della Costituzione in cui è menzionato questo ramo del Parlamento. «Non si tratta di una proposta meramente nominalistica, bensì di un intervento che vuole prendere atto dei cambiamenti intercorsi nel tempo», si legge nella proposta di riforma costituzionale. «La nostra istituzione deve essere esempio anche per quel che riguarda i cambiamenti culturali che si realizzano. Cambia la realtà, cambia la cultura, cambia la lingua che serve a descrivere il mondo nel quale viviamo. E il nuovo nome che si intende attribuire va proprio in questa direzione». 

Secondo i due deputati del PD, la Camera è «un’istituzione secolare, che porta il nome che il tempo le diede», ma è necessario ora che sia «“smaschilizzata”», prendendo atto della presenza e del ruolo che ricoprono le deputate donne. In Italia le donne hanno ottenuto il diritto di voto e il diritto di essere elette in Parlamento nel 1945 e hanno partecipato per la prima volta alle elezioni politiche del 1948.

Nell’attuale legislatura, iniziata a ottobre 2022, il 32 per cento dei deputati alla Camera è donna

Qualora venisse approvata la riforma costituzionale, la Camera non cambierebbe subito il nome, ma dalla prossima legislatura, ossia da ottobre 2027, a meno che il Parlamento non sia sciolto prima e si vada a elezioni anticipate.

Il PD diviso

La proposta di cambiare il nome della Camera non mette d’accordo tutti i deputati del PD. 

La capogruppo del PD alla Camera Chiara Braga e la deputata Marianna Madia, ex ministra del governo Renzi e del governo Gentiloni, hanno detto a Pagella Politica che preferiscono non commentare il testo presentato da Girelli e Ferrari. 

Andrea De Maria, tesoriere del gruppo parlamentare del PD, ha detto di non aver mai sentito parlare della proposta, mentre il deputato Andrea Gnassi, ex sindaco di Rimini, ha detto che ne è a conoscenza, ma che non l’ha approfondita.

Altri deputati del PD sono invece più netti e non considerano la proposta una priorità. «È una proposta sicuramente bella e meritoria, ma non possiamo girarci attorno: lascia un po’ il tempo che trova, i tempi della politica sono stretti e le questioni che contano e che dobbiamo affrontare sono altre», ha dichiarato a Pagella Politica il deputato del PD Claudio Stefanazzi.

Altri deputati ancora condividono la proposta dei colleghi per cambiare nome alla Camera. «Sono convinta sia una proposta di buon senso e condivisibile, che va incontro al cambiamento dei tempi. Non vedo perché non dirsi favorevoli», ha detto l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, oggi deputata del PD. Dello stesso parere è Nicola Zingaretti, già presidente della Regione Lazio. «Non sapevo di questa proposta, ma la trovo interessante e condivisibile. La Camera di cui facciamo parte non è più solo quella di noi deputati, ma anche delle deputate donne che ne fanno parte e che hanno un ruolo importante in essa», ha detto Zingaretti. 

In ogni caso, il percorso per l’eventuale cambio di nome della Camera è lungo. Come ogni proposta di riforma costituzionale, anche quella presentata da Girelli e Ferrari dovrà essere approvata da ciascuna camera con due deliberazioni, in un intervallo di tempo non inferiore ai tre mesi, e devono essere approvate a maggioranza assoluta nella seconda votazione.

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