I prezzi degli assorbenti non sono calati abbastanza: ora potrebbero aumentare

Meloni e Fratelli d’Italia difendono il mancato rinnovo del taglio dell’Iva sui prodotti per l’infanzia e l’igiene intima dicendo che non ha funzionato. Con l’imposta più alta però questi beni potrebbero costare ancora di più
Ansa
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Nel disegno di legge di Bilancio per il 2024, che deve ancora essere presentato in Parlamento, il governo Meloni ha deciso di non rinnovare il taglio dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia e per l’igiene intima femminile in vigore quest’anno, alzando la cosiddetta tampon tax

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha difeso la scelta, dicendo che il taglio «non ha funzionato» dal momento che negli scorsi mesi i prezzi di questi prodotti non sono scesi. Questa posizione è stata ribadita da Fratelli d’Italia, che sulle sue pagine social ufficiali ha scritto: «Facciamo chiarezza, basta strumentalizzazioni. Il taglio dell’Iva sui prodotti della prima infanzia non comportava alcun risparmio per i cittadini, poiché i prezzi dei prodotti non sono diminuiti».

Ribadiamo che il testo ufficiale del disegno di legge di Bilancio non è ancora stato trasmesso al Parlamento, che potrà modificarlo prima che le nuove norme entrino in vigore.

Ma perché i prezzi non sono diminuiti nonostante il taglio dell’Iva? E cosa succederà a questi prodotti ora che l’Iva torna al livello precedente al taglio? Abbiamo fatto anche noi un po’ di chiarezza.

Che cos’è la tampon tax

L’espressione tampon tax (in italiano “tassa sugli assorbenti”) indica l’aliquota dell’Iva su alcuni prodotti per l’igiene intima femminile, tra cui gli assorbenti. Questa aliquota è più alta rispetto ad altri prodotti considerati invece di prima necessità: per esempio in Italia l’Iva su beni come acqua e latte ha un valore pari al 4 per cento del loro prezzo. 

Per i prodotti di igiene intima femminile, come gli assorbenti e i tamponi interni, questa percentuale è stata a lungo pari al 22 per cento. Con il governo Draghi è scesa al 10 per cento nel 2022 e il governo Meloni l’ha ulteriormente portata al 5 per cento con la legge di Bilancio per il 2023. Per coprire le mancate entrate dovute al taglio dell’Iva su questi prodotti, la legge di Bilancio per il 2023 stanziava circa 40 milioni di euro l’anno, mentre per i prodotti per la prima infanzia (anche loro con un’Iva ridotta al 5 per cento) lo stanziamento era stato pari a quasi 180 milioni.

Perché abbassare l’Iva non funziona

Come abbiamo spiegato in un altro articolo, è vero che nonostante il taglio dell’Iva i prezzi dei prodotti per la prima infanzia come pannolini, latte in polvere e seggiolini, sono calati poco nel 2023, intorno al 2 per cento. Almeno secondo la teoria economica però, era prevedibile che questa misura non avrebbe avuto gli effetti sperati. 

Quasi tutti i beni seguono la legge della domanda e dell’offerta: la domanda di un bene cala se il suo prezzo aumenta. Il problema è: di quanto cala la domanda? Per questo motivo in economia si introduce il concetto di “elasticità”. Il rapporto tra la variazione di prezzo e la variazione della domanda rappresenta l’elasticità di un prodotto. Quando a un aumento del prezzo dell’1 per cento si assiste a un calo della domanda superiore all’1 per cento, si dice che il bene è elastico. Al contrario, se a un aumento del prezzo dell’1 per cento si assiste a un calo della domanda inferiore all’1 per cento, la domanda si dice anelastica. I beni essenziali sono anelastici: se si aumenta il prezzo del pane o della pasta, il calo della domanda sarà contenuto; se si aumenta della stessa percentuale il prezzo di prodotti non essenziali, invece, è probabile che si assista a un calo della domanda più sostanzioso. 

Poiché l’utilizzo degli assorbenti è praticamente inevitabile per le donne, indipendentemente dal prezzo, questi possono essere considerati beni anelastici. Che cosa comporta quindi un taglio dell’Iva? Se consideriamo soltanto il lato consumatore, ossia le donne che acquistano gli assorbenti, allora si dovrebbe avere una riduzione di prezzo. Ma questo ragionamento non considera l’impatto che il taglio potrebbe avere sul lato dell’offerta, ossia sulle imprese.  

Per esempio per i beni per la prima infanzia il calo dell’Iva non si è trasferito sul prezzo finale al consumatore. Un monitoraggio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha stimato che nei primi mesi del 2023 per alcuni prodotti la riduzione del prezzo è stata solo al 50 per cento di quella attesa. 

Una possibile spiegazione è che le imprese, davanti a un calo dell’Iva sui consumi di un bene anelastico, abbiano deciso di aumentare i loro ricavi aumentando il prezzo al netto dell’imposta, fino a raggiungere il prezzo precedente al taglio. Semplificando: se con l’Iva al 22 per cento un bene costava 100 al consumatore, con l’Iva al 5 per cento dovrebbe costare 83. Ma un’azienda potrebbe decidere di alzare di 17 il prezzo di questo prodotto, lasciando il prezzo finale al consumatore inalterato ma aumentando i propri ricavi.

In questo modo la domanda per il bene aumenterebbe o, nel peggiore dei casi, rimarrebbe comunque la stessa, in quanto il bene è necessario per i consumatori. Questo però avrebbe comunque un costo, per lo Stato e per i cittadini: i maggiori ricavi dell’impresa sarebbero infatti sottratti al gettito Iva, e comporterebbero quindi minori entrate che lo Stato spenderebbe per finanziare la spesa pubblica.

Le conseguenze dell’aumento dell’Iva

Questo discorso però non vale al contrario. Se lo Stato decide di aumentare l’Iva su un bene anelastico, la cui domanda non varia proporzionalmente all’aumentare del prezzo, il produttore potrà decidere di non intervenire sul prezzo di un bene e lasciare che aumenti insieme all’Iva. Uno scenario del genere potrebbe verificarsi con la prossima legge di Bilancio se non sarà cambiata dal Parlamento.

Ricapitolando: se è vero che la riduzione dell’Iva può non essere una politica efficace per ridurre il prezzo dei prodotti considerati essenziali, un suo aumento porterà probabilmente effetti al rialzo sul prezzo degli assorbenti e dei prodotti igienici femminili. 

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