Alla fine il cashback ha funzionato soltanto a metà

Ansa
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La legge di Bilancio per il 2022, approvata lo scorso 30 dicembre dalla Camera, ha cancellato definitivamente il cashback. Con questa misura, introdotta dal precedente governo, lo Stato rimborsava ai cittadini una parte degli acquisti fatti con pagamenti elettronici. L’obiettivo del provvedimento – finanziato con 4,7 miliardi di euro per il 2021 e 2022 – era quello di incentivare l’uso delle carte di pagamento e di contrastare l’evasione fiscale. La scorsa estate il governo Draghi aveva poi deciso di sospendere il cashback per il secondo semestre del 2021 e ora, con la manovra finanziaria, ha eliminato la possibilità di far ripartire la misura in questo 2022.

Sin dal lancio del cashback ci sono state polemiche sulla bontà o meno della misura. Tra i politici, da un lato c’è chi ha sostenuto che il programma si ripagasse da solo, favorendo i consumi e riducendo l’evasione fiscale; dall’altro lato, c’è chi ha sempre considerato le risorse destinate al cashback come uno spreco. Negli scorsi mesi il problema principale nel valutare l’efficacia del cashback è stata l’assenza di dati riguardo questa misura.

Ma di recente il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha pubblicato un nuovo rapporto, dove spiega di fatto che il cashback ha funzionato a metà. In breve: la misura sembra aver incentivato i pagamenti elettronici, ma non aver contrastato l’evasione fiscale.

Che cosa dice lo studio del Mef

La relazione in questione del Mef si intitola “Relazione per orientare le azioni del governo volte a ridurre l’evasione fiscale derivante da omessa fatturazione” ed è stata da poco resa pubblica dal governo. La sua stesura era una delle 51 scadenze da rispettare con l’Unione europea entro la fine del 2021, per ricevere la prima rata da 24,1 miliardi di euro del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr), pensato per far fronte alla crisi causata dalla pandemia.

Una parte del testo è dedicata (pag. 9) alla valutazione del cashback, rimasto in vigore a dicembre 2020 e nei primi sei mesi del 2021. Secondo il Mef, il cashback «ha contribuito a stimolare i pagamenti elettronici e a rafforzare la digitalizzazione del Paese, ma non sembra aver conseguito effetti significativamente differenti per i settori a più elevata propensione all’evasione fiscale». Questa conclusione va comunque presa con cautela, visto che – come sottolineato dallo stesso Mef – stiamo parlando di «stime preliminari e limitate alla scarsità dei dati disponibili».

Il limite principale del cashback sembra essere stato, a detta del ministero, il fatto che gli incentivi per incoraggiare le transazioni digitali non fossero né sufficienti a dissuadere consumatori e venditori dall’evadere né mirati ai settori con maggiore propensione all’evasione. In conclusione, l’analisi costi-benefici del Mef suggerisce (p. 13-14) di non riproporre il cashback «come strumento “indiretto” di riduzione dell’evasione fiscale dell’economia sommersa». I 4,7 miliardi di euro di risorse stanziate, citate in precedenza, sarebbero state superiori ai guadagni per le casse dello Stato.

Entrando più nel dettaglio, l’analisi del Mef mostra (p. 47) che, anche tenendo conto dell’effetto della pandemia, i pagamenti elettronici sono aumentati con l’introduzione del cashback, mentre l’importo medio dei pagamenti è calato. Questa dinamica è coerente con il meccanismo del cashback, che faceva scattare il rimborso dopo 50 transazioni effettuate.
Grafico 1. Valore e importo medio delle transazioni con pagamenti elettronici – Fonte: Mef, su dati Banca d’Italia
Grafico 1. Valore e importo medio delle transazioni con pagamenti elettronici – Fonte: Mef, su dati Banca d’Italia
L’analisi ha poi preso in considerazione 55 categorie di spesa, dagli alimentari all’abbigliamento, dalla telefonia ai viaggi, passando per ristoranti e negozi. Metà di queste categorie sono state considerate a bassa propensione all’evasione: si pensi, per esempio, alla grande distribuzione dei supermercati o le stazioni di rifornimento di carburanti. L’altra metà è stata considerata più propensa all’evasione fiscale. Come mostra il Grafico 2, non sembra esserci stato un sensibile aumento dei pagamenti elettronici nei settori più propensi all’evasione. Questa conclusione è supportata (p. 51) anche da una valutazione econometrica del Mef, in cui si è cercato di isolare il “fattore cashback” nell’aumento dei pagamenti elettronici.
Grafico 2. Tasso di crescita delle transazioni elettroniche per settore a bassa o alta evasione – Fonte: Mef, su dati Banca d’Italia
Grafico 2. Tasso di crescita delle transazioni elettroniche per settore a bassa o alta evasione – Fonte: Mef, su dati Banca d’Italia
Nelle sue conclusioni, l’analisi del ministero ha comunque sottolineato (p. 54) che a luglio e agosto 2021, dopo la sospensione del cashback, si è ridotto sia il valore sia il numero dei pagamenti elettronici. «Tuttavia, oltre a ricordare che per questi mesi i dati sono provvisori e stimati, va sottolineato che questo trend negativo non riguarda tutti i settori», ha spiegato la relazione. «In particolare, per alberghi e ristoranti, settore peraltro caratterizzato da elevata evasione fiscale in Italia, si registra un trend positivo e crescente, con un aumento del valore delle transazioni del 31,6 per cento nel mese di luglio e del 27,5 per cento nel mese di agosto».

Ricapitolando: sulla base di quanto scritto dal Mef, possiamo dire che il cashback ha funzionato a metà. È stato uno strumento utile per aumentare la diffusione dei pagamenti elettronici, ma non sembra essere stato abbastanza efficace per contrastare l’evasione fiscale.

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