Il post ingannevole del PD contro Meloni sui rincari del cibo

Secondo il partito di Schlein, i prezzi sarebbero aumentati per colpa del governo, ma i dati ISTAT raccontano una storia diversa
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Il 12 novembre il Partito Democratico ha accusato il governo di essere responsabile dell’aumento del costo del cibo in Italia. «I dati ISTAT sono drammatici per le famiglie italiane: con il governo Meloni i prezzi dei beni alimentari sono letteralmente esplosi, aumentando del 25 per cento», si legge in un post sui social network. 

Per sostenere questa tesi, il partito di Elly Schlein ha raccolto in un’immagine alcuni tra i principali incrementi rilevati dall’ISTAT: il costo dei prodotti vegetali sarebbe aumentato del 32,7 per cento, quello di latte, formaggi e uova del 28,1 per cento. Pane e cereali costerebbero il 25,5 per cento in più, gli alimentari freschi il 26,2 per cento e quelli lavorati il 24,3 per cento.
Nella lettura del Partito Democratico, il forte rialzo del costo del cibo sarebbe dunque «un altro record» dell’attuale esecutivo. Questa conclusione, però, risulta ingannevole per più ragioni. 

L’aumento dei prezzi

Per comprenderle è necessario partire dai numeri. I dati citati dal Partito Democratico provengono da un approfondimento pubblicato dall’ISTAT il 12 settembre, dedicato alle cause principali della crescita dei prezzi dei beni alimentari in Italia tra il 2021 e il 2025, lo stesso intervallo di tempo indicato dal partito nel suo post. 

Secondo l’ISTAT, tra ottobre 2021 e ottobre 2025 i prezzi dei beni alimentari sono effettivamente aumentati del 24,9 per cento, percentuale arrotondata dal Partito Democratico al «25 per cento». Per alcune categorie gli incrementi sono stati più elevati, come gli alimentari freschi (+26,2 per cento), i prodotti vegetali (+32,7 per cento), il latte, i formaggi e le uova (+28,1 per cento), oppure pane e cereali (+25,5 per cento). Gli alimentari lavorati sono cresciuti un po’ meno della media complessiva (+24,3 per cento).
L’andamento dei prezzi dei beni alimentari in Italia (base 2019 = 100) – Fonte: ISTAT
L’andamento dei prezzi dei beni alimentari in Italia (base 2019 = 100) – Fonte: ISTAT
Tutte queste percentuali sono riportate correttamente dal Partito Democratico, ma la questione centrale riguarda l’attribuzione delle responsabilità politiche: il Partito Democratico ha presentato un aumento che si è sviluppato in larga misura prima dell’insediamento del governo Meloni come se fosse il frutto delle scelte dell’attuale governo.
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Le responsabilità del governo

Per chiarire questo punto occorre guardare al periodo considerato dall’ISTAT. L’intervallo analizzato inizia infatti alla fine del 2021, quando era in carica il governo guidato da Mario Draghi, sostenuto in Parlamento da quasi tutti i partiti, tra cui Partito Democratico, Lega e Forza Italia, ma non da Fratelli d’Italia. Il governo Meloni si è insediato solo il 22 ottobre 2022.

L’ISTAT ha spiegato che già nella seconda metà del 2021 i prezzi alimentari avevano cominciato a crescere, spinti dalla ripresa economica successiva alla pandemia di COVID-19 e dai rincari delle materie prime. Dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023 – quindi in un periodo per buona parte precedente al governo Meloni e, per il resto, coincidente con i suoi primi mesi – questa crescita ha subito un’accelerazione molto forte, dovuta soprattutto all’aumento dei prezzi dell’energia seguito all’invasione russa dell’Ucraina.

L’istituto di statistica ha ricostruito nel dettaglio i meccanismi di questa impennata: il rialzo del prezzo del gas e dei fertilizzanti ha inciso in modo particolare sui prodotti agricoli, più esposti ai costi dell’energia e degli altri prodotti intermedi. A ciò si è aggiunta una contrazione dell’offerta mondiale di materie prime alimentari, provocata sia dall’aumento della domanda globale sia da condizioni climatiche sfavorevoli nei principali Paesi produttori.

Questi elementi, di natura per lo più internazionale, hanno determinato un aumento dei prezzi del cibo che ha riguardato non soltanto l’Italia, ma anche quasi tutti gli altri Paesi europei. Nel periodo considerato, il costo del cibo è infatti cresciuto in media del 29 per cento nell’area euro e del 32,3 per cento in tutta l’Unione europea, del 32,8 per cento in Germania e del 29,5 per cento in Spagna, tutte percentuali più elevate di quella italiana. Solo la Francia ha registrato un incremento leggermente inferiore.
L’andamento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari nell’Ue (base 2019 = 100) – Fonte: ISTAT
L’andamento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari nell’Ue (base 2019 = 100) – Fonte: ISTAT
In un quadro del genere, descrivere la situazione italiana come un «record» del governo Meloni non è corretto, perché l’aumento dei prezzi alimentari è stato generalizzato e ha colpito soprattutto il periodo immediatamente precedente al suo insediamento.

Questo non significa che dopo il 2023 i prezzi abbiano smesso di salire. L’ISTAT ha osservato che, negli ultimi due anni, il costo dei beni alimentari ha continuato a crescere, anche se a ritmi molto più contenuti rispetto alla fase più acuta dello shock energetico. Questa tendenza riflette in parte la risalita dei margini di profitto delle imprese agricole, tornati su livelli più elevati dopo il 2023, e in parte l’assestamento dei prezzi delle materie prime. Ma la porzione più consistente dell’inflazione alimentare, quella che ha inciso maggiormente sul potere d’acquisto delle famiglie, risale al periodo compreso tra il 2021 e il 2023, cioè agli anni in cui si sono verificati gli shock internazionali più intensi.

Nel suo post, invece, il Partito Democratico ha presentato l’intero aumento del 25 per cento come un effetto riconducibile al governo Meloni, senza chiarire né l’arco temporale a cui si riferisce l’ISTAT né le cause globali indicate dall’istituto. Il risultato è un messaggio ingannevole: i prezzi alimentari oggi sono più alti rispetto a quattro anni fa, ma l’impennata non è iniziata con l’attuale governo e non è dipesa principalmente da decisioni prese in Italia.

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