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Crosetto è fuorviante sul codice penale “fascista” a prova di Costituzione

| 04 maggio 2022
La dichiarazione
«Il codice penale oggi in vigore è stato firmato dal re e da Mussolini e ha passato il vaglio della Costituzione antifascista, mentre il codice di procedura penale dell’antifascista Vassalli è stato bocciato dalla Corte»
Fonte: Corriere della Sera | 3 maggio 2022
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Verdetto sintetico
L’affermazione dell’ex deputato di Fdi è scorretta.
In breve
  • Il codice penale “Rocco” è stato ampiamente riformato, dal legislatore e da sentenze della Corte costituzionale, per renderlo compatibile con la Costituzione. TWEET
  • Il codice di procedura penale “Vassalli” è oggi in vigore, anche se alcune sue norme sono state dichiarate incostituzionali. TWEET
Il 3 maggio, in un’intervista con il Corriere della Sera, l’ex deputato e fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto ha risposto a una domanda sull’antifascismo di Giorgia Meloni dicendo che il codice penale, oggi in vigore in Italia, è stato firmato dal re e da Benito Mussolini, passando «il vaglio della Costituzione antifascista», mentre il codice di procedura penale dell’«antifascista Vassalli è stato bocciato dalla Corte» costituzionale.

Nel complesso, si tratta di una affermazione fuorviante ed esagerata, sebbene contenga alcuni elementi di verità.

Da dove viene il codice penale

Il codice penale italiano, anche noto come “Codice Rocco” dal nome del ministro della Giustizia del regime fascista Alfredo Rocco, è stato approvato con il regio decreto n. 1398 il 19 ottobre 1930. Tuttavia, questo codice, dopo l’avvento della Repubblica, ha subito molte e significative modifiche, sia da parte del Parlamento, che lo ha più volte riformato, sia da parte della Corte costituzionale.

Per fare alcuni esempi di interventi dei giudici, si possono citare la sentenza n. 87 del 1966, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma del codice penale che puniva «chiunque fa propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale» (articolo 272, comma 2 del codice penale), e le sentenze n. 65 del 1970 e n. 20 del 1974, con cui si è adeguata l’interpretazione delle norme sull’apologia di delitto e sul vilipendio al dettato costituzionale, che tutela la libertà di espressione. 

In generale, come ha sintetizzato la testata di settore Diritto.it, nel tempo sono state approvate riforme sui «reati politici, di delitti sessuali, di delitti contro la persona, il patrimonio, la pubblica amministrazione e altri ancora»; i reati di vilipendio politico e religioso, e i delitti di attentato sono stati modificati; «sono state eliminate tutte le discriminazioni religiose e di genere inizialmente presenti nel codice; i reati di adulterio, concubinato, associazioni antinazionali e internazionali, propaganda sovversiva, duello e turpiloquio sono stati abrogati». Inoltre, già prima che venisse approvata nel 1947 la Costituzione, erano state eliminate le norme del codice penale che prevedevano la pena di morte.

Ricapitolando: se è vero che il codice penale italiano è nato in epoca monarchica e fascista, dire che abbia «passato il vaglio della Costituzione antifascista» è scorretto: proprio la contrarietà ai valori e ai principi della Costituzione hanno reso necessarie numerose riforme e abrogazioni.

Da dove viene il codice di procedura penale

Il codice di procedura penale attualmente in vigore in Italia – ossia le norme che regolano il processo penale nel nostro Paese – è il cosiddetto “codice Vassalli”, dal nome del ministro della Giustizia (socialista ed ex partigiano, organizzò la fuga dei futuri presidenti della Repubblica Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dal carcere nel 1944), ed è stato introdotto con il decreto del presidente della Repubblica n. 447 del 22 settembre 1988. 

Dire che il codice «è stato bocciato dalla Corte» è un’esagerazione: è vero che alcune rilevanti disposizioni del codice Vassalli sono state dichiarate incostituzionali da parte della Corte costituzionale, ma il codice nel suo complesso è ancora in vigore e la “rivoluzione” introdotta dal codice nell’ordinamento italiano è rimasta in piedi. 

Il codice Vassalli è il codice che ha stabilito il passaggio in Italia dal modello “inquisitorio”, in cui vengono concessi pieni poteri a unico soggetto, a cui è affidato il compito di accertamento della verità e in cui si sommano le funzioni di giudice, accusatore e difensore dell’imputato, al modello “accusatorio”, in cui invece il giudice è terzo e imparziale rispetto alla difesa e all’accusa.

Le sentenze di incostituzionalità si sono concentrate soprattutto nei primi anni dopo l’entrata in vigore del codice. Le più note sono le sentenze n. 24, 254 e 255 del 1992, che fecero venire meno la rigida separazione tra indagini e dibattimento, uno dei cardini del modello accusatorio. 

Tuttavia, secondo diversi esperti, dopo l’iniziale fase di parziale rigetto da parte della dottrina e della giurisprudenza, il modello accusatorio è stato poi fortemente riaffermato, grazie all’introduzione in Costituzione nel 1999 del nuovo articolo 111 sul “giusto processo”. Tra le altre cose, questo articolo stabilisce che «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale».

Al di là delle questioni tecniche e giuridiche, molto dibattute tra gli esperti, in generale l’impianto del codice Vassalli è sopravvissuto alle censure della Corte costituzionale, anche se alcune sue norme sono state bocciate.

Il verdetto

Secondo Guido Crosetto, il codice penale oggi in vigore, «firmato dal re e da Mussolini», ha passato il vaglio della Costituzione antifascista, mentre il codice di procedura penale dell’«antifascista Vassalli» è stato «bocciato» dalla Consulta.

Questa è un’affermazione fuorviante, che veicola un messaggio scorretto. Sia il codice penale, sia il codice di procedura penale, hanno subito interventi di censura da parte della corte Costituzionale ma entrambi sono oggi in vigore. Dire che uno è stato «bocciato» dai giudici, mentre l’altro ha «passato il vaglio della Costituzione antifascista» è dunque scorretto. Anzi, il codice penale Rocco è stato ampiamente modificato dal legislatore e dalla Consulta proprio per depurarlo delle norme più chiaramente figlie dell’epoca fascista. Il modello accusatorio introdotto dal codice di procedura penale “Vassalli”, al contrario, è rimasto in piedi e ha successivamente trovato conferma anche nel dettato costituzionale.

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