Il 7 ottobre la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha criticato il governo Draghi, colpevole di avere inserito la revisione del catasto nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr”), come «condizione per accedere ai fondi europei». Il tema del catasto è tornato di forte attualità negli ultimi giorni, dopo che la proposta di una sua revisione – e non di una sua vera e propria riforma – è comparsa nel disegno di legge delega sulla riforma del fisco approvato il 5 ottobre dal Consiglio dei ministri.
«Si rassegnino i professionisti della disinformazione», ha aggiunto Meloni sui social. «Fratelli d’Italia è un partito nato per difendere esclusivamente gli interessi degli italiani, e di fronte a provvedimenti come la riforma del catasto continueremo a metterci di traverso raccontando a tutti la verità. Piaccia o meno ai menestrelli del mainstream».
Al di là di questo commento della leader di Fratelli d’Italia, abbiamo verificato il contenuto del Pnrr e quanto scritto da Meloni è falso. Come abbiamo spiegato in un altro fact-checking, la riforma del fisco – di cui la revisione del catasto dovrebbe fare parte – è menzionata nel Pnrr, ma tra le riforme a cui non è vincolata l’erogazione dei fondi. In più, anche nella riforma promessa a grandi linee dal Pnrr la modifica del sistema catastale italiano non viene mai menzionata tra gli interventi da mettere in campo.
– Leggi anche: Il Pd sbaglia: la riforma del fisco non serve per i soldi del Pnrr
Che cosa c’entra il catasto
Prima di vedere che cosa dice il Pnrr, ripassiamo brevemente il dibattito sul catasto degli ultimi giorni.
Nel disegno di legge delega sulla riforma del fisco, approvato il 5 ottobre dal Consiglio dei ministri, il governo ha chiesto al Parlamento, tra le altre cose, di poter introdurre dei provvedimenti per rivedere il sistema del catasto. Queste misure, tra cui l’allineamento delle rendite catastali con i valori di mercato degli immobili, decorrerebbero dal 1° gennaio 2026 e, testo della delega alla mano, non potranno essere usate per modificare le imposte sul patrimonio immobiliare. Proprio questo punto è stato messo in dubbio dalla Lega e da Fratelli d’Italia, che hanno più volte detto che la delega è una sorta di «patrimoniale nascosta».
Come abbiamo sottolineato di recente, è vero che l’operazione di revisione del catasto potrà permettere, oltre all’emersione degli immobili non censiti, di avere dei valori catastali più corretti. Ma se non si traducesse in un’applicazione concreta dei nuovi valori, con un effetto sulle imposte patrimoniali (anche a parità di gettito), rimarrebbero in vigore le forti discrepanze che esistono ad oggi nel nostro sistema catastale.
Al di là di questo, non è vero che, come afferma Meloni, la revisione del catasto è contenuta nel Pnrr come condizione per poter ricevere i fondi europei.
La riforma fiscale non è necessaria per avere i soldi
In base al Pnrr approvato lo scorso 13 luglio dall’Unione europea, entro il 2026 l’Italia si è impegnata a portare a termine 63 riforme, che si dividono in tre categorie. Le più importanti sono le due riforme orizzontali, quella della pubblica amministrazione e quella della giustizia. Poi ci sono le riforme abilitanti, pensate per garantire l’attuazione del piano e migliorare la competitività, e quelle settoriali, che – come suggerisce il nome – hanno una natura molto specifica e accompagnano gli investimenti delle sei missioni in cui è diviso il piano.
A queste tre tipologie di riforma sono vincolate le risorse europee: ogni sei mesi l’Ue monitora l’avanzamento degli impegni rispettati, per garantire l’erogazione dei fondi.
Tra le riforme, per così dire, necessarie per avere i soldi, non compare la riforma del fisco, né tantomeno la promessa di riformare il catasto. La riforma fiscale compare infatti tra le cosiddette “riforme di accompagnamento”, che – come si legge nel Pnrr – seppure «non ricomprese nel perimetro delle azioni previste dal piano» sono comunque «destinate ad accompagnarne l’attuazione, concorrendo a realizzare gli obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo».
La riforma del catasto non compare proprio nel Pnrr
Tra le misure “promesse” a grandi linee dal Pnrr per la riforma del fisco, c’è la revisione dell’Irpef, ma non quella del catasto. Qui si possono verificare tutte le 527 scadenze che vanno rispettate nel cronoprogramma del Pnrr: la revisione del catasto non c’è.
Discorso analogo vale per il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 agosto 2021, con cui è stata disposta l’assegnazione dei 191,5 miliardi di euro del Pnrr ai singoli ministeri, con la ripartizione di traguardi e obiettivi da raggiungere, con le scadenze semestrali di rendicontazione. Anche qui non si parla di revisione del catasto.
Dunque il governo, inserendo la revisione del catasto nel disegno di legge delega sul fisco, ha fatto un’operazione ulteriore rispetto alla riforma fiscale (già non necessaria per avere i soldi dall’Ue, come detto) come delineata nel Pnrr. Aggiungiamo anche, come abbiamo scritto di recente, che una revisione del catasto non era prevista nemmeno nel documento conclusivo sulla proposta di riforma del sistema tributario, approvato dalla Commissione Finanze del Senato a luglio 2021. Questa era un’indagine conoscitiva, che proponeva modifiche, tra le altre cose, per Irpef, Iva e imposte sulle imprese, tutte presenti tra i principi generali espressi dal disegno di legge delega sul fisco approvato dal governo Draghi.
Il verdetto
Secondo Giorgia Meloni, «questo governo ha inserito la revisione del catasto nel Pnrr, come condizione per accedere ai fondi europei».
È falso: la revisione del catasto è stata inserita nel disegno di legge delega per la riforma del fisco. Questa riforma compare nel Pnrr, ma non è tra le riforme necessarie da approvare per ricevere i soldi europei. Per di più, nella riforma fiscale “promessa” dal Pnrr, il catasto non viene mai menzionato. Una revisione del sistema catastale non compare neppure negli oltre 500 impegni che il nostro Paese dovrà rispettare entro il 2026, pena la mancata erogazione delle risorse europee.
In conclusione, Meloni si merita una “Panzana pazzesca”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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