In un post sulla sua pagina Facebook, Luigi Di Maio ha citato alcuni numeri sulla condizione sociale degli italiani. In particolare, ha detto che secondo l’Istituto Nazionale di Statistica l’Italia ha la maggior disuguaglianza economica. Andiamo a verificare se questo primato ci appartiene davvero.



Le cifre citate da Di Maio vengono con ogni probabilità dal rapporto sulle Condizioni di vita e reddito degli italiani, pubblicato dall’ISTAT il giorno precedente al post del vicepresidente della Camera. Il rapporto contiene stime del rischio della povertà nel nostro paese, dati sui redditi medi delle famiglie e sulle disuguaglianze economiche.



Il rischio di povertà



Di Maio fornisce una cifra sui residenti in Italia che sarebbero a rischio di esclusione sociale o povertà, che ha citato anche pochi giorni dopo in un’altra occasione. La percentuale del 28,7 per cento è corretta ed è riportata con grande rilievo dall’ISTAT.



Si definisce come “a rischio di povertà o esclusione sociale” chi, nell’indagine dell’ISTAT – condotta nel 2015 su 17.985 famiglie, per un totale di quasi 43 mila persone – risulta in una o più tra tre distinte categorie di persone. La prima è più propriamente quella a rischio di povertà, cioè con un “reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano”. La seconda categoria è quella di chi si trova “in condizioni di grave deprivazione materiale” – condizione dedotta dalla presenza di almeno quattro tra nove indicatori, tra cui l’impossibilità di sostenere una spesa imprevista di 800 euro o non poter riscaldare la propria abitazione. La terza riguarda la situazione lavorativa: è una famiglia “a bassa intensità di lavoro” quella in cui i componenti in età adulta hanno lavorato meno di un quinto del tempo nell’anno.



Nel 2014, la percentuale dei residenti a rischio di esclusione sociale era lievemente più bassa (al 28,3 per cento), ma l’ISTAT definisce il dato “sostanzialmente stabile” tra i due anni. Nel grafico successivo mostriamo l’andamento dell’indicatore negli ultimi anni.



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Con il valore del 28,7 per cento nel 2015, l’Italia è circa cinque punti percentuali al di sopra della media europea, stimata al 23,7 per cento, ma molto lontana dai valori massimi dell’Unione. La Bulgaria raggiunge infatti il 41,3 per cento, la Romania il 37,4 e la Grecia il 35,7 per cento. Ma siamo anche lontani dai paesi dove il problema è meno vivo, come la Repubblica Ceca (14 per cento) o la Svezia (16 per cento).



Le disuguaglianze



A proposito delle disuguaglianze, invece, Di Maio fa un errore. L’ISTAT riporta un confronto europeo anche a proposito della distribuzione ineguale del reddito. L’indicatore principale per misurarla è il cosiddetto “coefficiente di Gini”, dal nome dello statistico italiano Corrado Gini che lo propose ai primi del Novecento.



Il coefficiente di Gini varia tra 0 e 1, ovvero tra gli estremi di una ricchezza distribuita con perfetta uguaglianza (valore “0”) e concentrata invece con il massimo della disuguaglianza (valore “1”).



A differenza di quanto ha detto Di Maio, l’Italia non ha il record europeo. Si trova invece, dice la stessa ISTAT, al sedicesimo posto in Europa, a pari merito con il Regno Unito. Non un grande risultato, ma comunque migliore di una decina di paesi comunitari.



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L’Italia infatti, con un coefficiente Gini di 0,324, fa meglio di Romania, Bulgaria e delle tre repubbliche baltiche, ed è superata anche da Portogallo, Spagna e Grecia. Ma tra i grandi paesi europei ha il risultato peggiore, insieme al Regno Unito. I valori migliori si registrano in Slovenia e Slovacchia, che guidano la classifica davanti a Finlandia e Svezia.



Un paio di numeri dal report ISTAT aiutano a uscire dalla fredda classifica e a concretizzare meglio la disuguaglianza dei redditi in Italia. Dividiamo le famiglie italiane in cinque quinti a seconda del reddito. Il primo quinto raccoglie il 20 per cento delle famiglie più povere, mentre il quinto quinto il 20 per cento delle famiglie più ricche.



Se la distribuzione del reddito fosse perfettamente uguale, spiega l’ISTAT, ogni quinto avrebbe il 20 per cento del reddito totale. In realtà, il quinto più ricco possiede il 39,3 per cento del reddito nazionale, mentre il quinto più povero solo il 6,7 per cento. “In altri termini, il reddito delle famiglie più benestanti è ben 5,9 volte quello delle famiglie appartenenti al primo quinto”.



Il verdetto



Luigi Di Maio ha dichiarato che l’Italia è il paese europeo con le maggiori disuguaglianze sociali e che il 28,7 per cento dei residenti è a rischio di povertà o esclusione sociale. Quest’ultima cifra è corretta, mentre per quanto riguarda il primato è vero che l’Italia ha uno dei valori più alti tra i grandi paesi europei – a pari merito con il Regno Unito – ma viene superata nella classifica da diversi altri paesi UE, tra cui gli altri del Sud Europa, le repubbliche baltiche, Romania e Bulgaria. “Nì” per l’esponente Cinque Stelle.