Il deputato della Lega Eugenio Zoffili il 12 gennaio ha condiviso su Facebook un’immagine in cui si legge «Lega: nella bozza del Recovery plan il governo dimentica il problema della Giustizia».
Lo stesso contenuto era stato diffuso il 9 gennaio dai profili ufficiali della Lega su Twitter e su Facebook e da diversi esponenti del partito nelle ore successive.
L’immagine sintetizza quanto affermato dai componenti della Commissione Giustizia del Senato della Lega (Ostellari, Pillon, Stefani, Pellegrini e Urraro) sempre il 9 gennaio. Secondo la loro nota, il governo «nella bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” dedica soltanto mezzo paragrafo al tema della Giustizia, peraltro dimenticando gli annosi problemi che affliggono chi lavora nelle Procure e nei Tribunali e i cittadini che attendono giustizia».
Come vedremo, l’affermazione – sia nella versione sintetica che in quella per esteso – era già errata in base alle bozze del Recovery plan note il 9 gennaio, e lo è a maggior ragione dopo che il 12 gennaio stesso, in mattinata, è stata diffusa la bozza più aggiornata. Andiamo a vedere i dettagli.
Le bozze note al 9 gennaio
La bozza del 29 dicembre
Al 9 gennaio, quando è uscita la nota dei componenti della commissione Giustizia e i profili della Lega hanno lanciato l’accusa al governo, la bozza più recente del Recovery plan – intitolato “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) – era quella del 29 dicembre, superata però il 7 gennaio da un documento di 13 pagine contenente le “Linee di indirizzo per la bozza da sottoporre al CdM”. Queste ultime, si legge nel testo, sono «un documento di lavoro interno al Governo, per favorire il raggiungimento dell’accordo politico sulle modifiche alla bozza di Pnrr» e costituiscono di fatto un’anticipazione dei contenuti della bozza successiva, diffusa il 12 gennaio. Ci torneremo tra poco.
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Ebbene, già nel testo del 29 dicembre si legge che uno degli interventi previsti, riguarda esattamente il capitolo “Innovazione organizzativa della Giustizia”, da realizzare con due investimenti. Questi sono pari in totale a 750 milioni (su circa 200 miliardi totali del Pnrr secondo la bozza in questione), di cui però solo 200 milioni addizionali rispetto alle risorse “tendenziali”, cioè già previste al netto delle risorse europee. Il primo sulle “Risorse umane per la diffusione delle riforme e l’efficienza del sistema giudiziario”. Il secondo sul “Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica per supportare la giurisdizione”.
Per quanto riguarda il primo, più nel dettaglio, si stabilisce che l’obiettivo principale sia «ridurre il carico di lavoro complessivo che pesa sui singoli magistrati». Inoltre l’investimento dovrebbe permettere di «incrementare la digitalizzazione del sistema giudiziario italiano e a ridurre i tempi di risposta dell’amministrazione ai cambiamenti normativi». Per raggiungere questi obiettivi si prevede di assumere più personale e di formare e aggiornare il personale amministrativo «in vista della transizione digitale e verde».
Per quanto riguarda il secondo investimento, si legge nel Pnrr che questo «mira a consolidare l’infrastruttura generale che supporta i processi legali». Le azioni previste a questo scopo sono varie, tra cui possiamo citare ad esempio la «realizzazione del datacenter unico nazionale della Giustizia» e la «digitalizzazione degli archivi e dei processi».
Sempre nella bozza del 29 dicembre era poi previsto un investimento di 430 milioni di euro (tutti “addizionali” rispetto alle risorse esistenti) per le cosiddette “cittadelle giudiziarie”, cioè i poli all’interno di varie città dove si concentrano i vari edifici collegati al sistema giudiziario. Si tratta quindi di un investimento sul patrimonio immobiliare, che si vuole ristrutturare e potenziare «in chiave ecologica e digitale».
Il documento del 7 gennaio
Il documento di 13 pagine del 7 gennaio aggiunge al capitolo Giustizia il collegamento tra gli investimenti del Pnrr e una necessaria riforma del settore . Si ribadisce (pag. 7) infatti che nel Pnrr è previsto uno specifico investimento «volto a potenziare la digitalizzazione ed il capitale umano del sistema giudiziario italiano al fine di accelerare lo smaltimento del pregresso» e si aggiunge che questo intervento deve essere collegato a «una strategia ambiziosa e condivisa di riforma della giustizia, da precisare meglio nel merito e nei tempi di attuazione».
Tiriamo le fila
Al di là del giudizio sulla bontà delle scelte del governo, non si può dire che al 9 gennaio nelle bozze di Pnrr non si parlasse di giustizia, come invece sostenuto dalla Lega sui social. Né si può sostenere che alla Giustizia fosse dedicato solo mezzo paragrafo, come sostenuti dai componenti della commissione Giustizia della Lega: al massimo questo è vero relativamente al testo di 13 pagine, che però come abbiamo detto non è una bozza di Pnrr ma un documento ulteriore.
Ma vediamo adesso la bozza del 12 gennaio.
La bozza del 12 gennaio
Nella bozza del 12 gennaio, diffusa da diversi organi di stampa, la giustizia viene menzionata più volte, in modo coerente con la richiesta del documento del 7 gennaio di collegare gli investimenti alle riforme.
Nel capitolo dedicato alle «riforme che accompagnano l’Italia sul sentiero della ripresa e della resilienza» in particolare si legge che la giustizia è ancora troppo lenta e che la durata dei processi «è ancora eccessiva e dovrà essere ridotta con interventi di riforma processuale e ordinamentale». Nel resto del documento vengono tratteggiati i contorni delle riforme che si vorrebbero portare avanti.
Alle riforme si dovrà poi accompagnare, come già stabilito nella bozza del 29 dicembre, «il potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell’intero sistema giudiziario».
Nel complesso vengono aumentate a 2 miliardi di euro le nuove risorse stanziate direttamente per la giustizia (nella bozza del 29 dicembre si parlava di 200 milioni “addizionali” rispetto ai 550 milioni “in tendenziale”). Aumentano leggermente poi le risorse stanziate per le “cittadelle giudiziarie”, che passano da 430 milioni a 470 milioni di euro.
Sulla capacità di questo Parlamento e di questo governo di portare a compimento una riforma organica della giustizia non possiamo esprimerci – i tentativi fatti in questa direzione finora non si sono concretizzati – ma di sicuro il Pnrr contiene degli obiettivi ambiziosi e uno stanziamento di risorse pari complessivamente a circa due miliardi e mezzo di euro (cifre confermate – i 2 miliardi direttamente per la Giustizia e i 470 milioni per le “cittadelle giudiziarie” – anche dal Pnrr approvato dal Consiglio dei ministri del 12 gennaio sera).
In conclusione
Secondo la Lega, al 9 gennaio le bozze del Recovery plan italiano (o Pnrr) «il governo dimentica il problema della Giustizia», sintesi di quanto affermato sempre il 9 gennaio dai componenti leghisti della Commissione Giustizia del Senato, che avevano dichiarato che «nella bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” dedica soltanto mezzo paragrafo al tema della Giustizia».
L’affermazione è errata in entrambe le sue formulazioni: nella bozza del Pnrr del 29 dicembre il governo prevedeva di stanziare 200 milioni di euro di nuove risorse per assumere più personale e digitalizzare il sistema giudiziario italiano, e 430 milioni per ristrutturare le “cittadelle giudiziarie”. Inoltre nel documento collegato al Pnrr del 7 gennaio si prevedeva di agganciare questi investimenti a delle riforme della Giustizia.
È possibile che in particolare i senatori leghisti della Commissione Giustizia abbiano confuso il documento collegato con il Pnrr stesso (anche se bisogna considerare che il primo si compone di appena 13 pagine mentre il secondo di più di 150, e che il testo e grafica sono abbastanza inequivocabili).
Il deputato leghista Eugenio Zoffili, che ha rilanciato le stesse accuse il 12 gennaio, sbaglia poi in modo ancor più grave, essendo pubblicate e disponibili le bozze del Pnrr dello stesso giorno, che ribadiscono e dettagliano i propositi di riforma accennati nel documento del 7 gennaio, aumentano a 2 miliardi di euro le risorse stanziate direttamente per la Giustizia (a 470 milioni quelle per le “cittadelle giudiziarie”) e confermano gli aumenti di personale e la digitalizzazione del sistema.
Al di là della critica legittima sulla sufficienza o meno delle risorse stanziate per la giustizia, è scorretto dire che questo tema non sia presente nel Recovery plan.
Governo Meloni
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