Gialle, rosse, blu: Paese che vai, restrizioni che trovi

Ansa
Ansa
Finite le vacanze natalizie, dall’11 gennaio le regioni italiane sono state di nuovo divise in aree gialle, arancioni e rosse. Per il momento, cinque regioni sono in area arancione (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Sicilia e Calabria), mentre le restanti sono tutte in area gialla.

I colori sono stabiliti sulla base di tre elementi, utilizzando i dati del monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e del Ministero della Salute: l’analisi del rischio calcolata su 21 indicatori (tra cui la capacità ospedaliera e quella di fare test); il valore dell’indice Rt; con l’ultimo decreto-legge del 5 gennaio, l’incidenza dei contagi. In queste ore il governo è però al lavoro con le regioni per stabilire criteri più stringenti, per scongiurare il probabile aumento dei contagi dei prossimi giorni.

In generale, in Italia resta in vigore il coprifuoco nazionale dalle ore 22 alle ore 5 e sono vietati gli spostamenti tra regioni (anche tra quelle di colore giallo), se non per motivi di lavoro, salute o necessità.

Ma anche negli altri grandi Paesi europei è in vigore un sistema con provvedimenti localizzati come quello italiano? Abbiamo verificato qual è la situazione in Francia, Spagna, Germania e Regno Unito e, in sintesi, ogni Paese sembra andare per la propria strada, un po’ come successo nei mesi passati.
Una breve premessa: non è semplice stare dietro alle varie modifiche – e interpretazioni – introdotte in Italia negli ultimi giorni. Discorso analogo vale per gli altri Paesi. Come fonti, abbiamo utilizzato sia i siti istituzionali (per esempio, dei ministeri o di governi nazionali), sia Re-open Eu, il sito ufficiale dell’Unione europea – aggiornato dai 27 Stati membri – per tenere i cittadini dell’Ue aggiornati sulle restrizioni in vigore nel continente. Inoltre, abbiamo integrato la nostra analisi con dettagli raccolti da fonti stampa nazionali. Vediamo i dettagli.

La strategia francese

Attualmente in Francia non c’è una netta distinzione di provvedimenti tra regione e regione, come avviene in Italia sulla base delle aree gialle, arancioni e rosse (una distinzione c’era stata alla fine del lockdown di maggio, con riaperture regionali graduate). Dal 15 dicembre è però in vigore un coprifuoco nazionale più stringente del nostro, dalle ore 20 alle ore 6, ma gli spostamenti tra regioni restano consentiti. Come nel nostro Paese, anche in Francia gli spostamenti, per esempio, oltre l’orario del coprifuoco devono essere giustificati con un modulo di autocertificazione.

Dal 10 gennaio in 23 dipartimenti francesi – l’equivalente delle nostre province – che hanno un tasso di incidenza superiore a 200 casi ogni 100 mila abitanti il coprifuoco inizia alle ore 18, due ore prima rispetto al limite in vigore sul territorio nazionale.

Sono vietati gli assembramenti con più di sei persone, mentre cinema, teatri, bar e ristoranti devono restare chiusi. Come spiega il sito del governo francese, la situazione sarà valutata di nuovo il prossimo 20 gennaio: solo allora si saprà se ci saranno delle riapertura o se si continuerà con le chiusure.

I negozi, oltre a quelli che vendono beni essenziali, possono rimanere aperti nel rispetto degli orari del coprifuoco.

Che cosa ha deciso la Spagna

Come sottolinea il sito Re-open Eu, le restrizioni in Spagna variano a seconda delle 17 comunità autonome, che per estensione territoriale sono più o meno l’equivalente delle nostre regioni. In questo caso, stare dietro ai vari cambiamenti non è semplice, come mostra un approfondimento sul tema dei nostri colleghi fact-checker spagnoli di Maldita.

In primo luogo, in Spagna è in vigore un sistema a “semaforo”, con cui le autorità stabiliscono quattro livelli di rischio e, sulla base di questi, le diverse restrizioni a livello provinciale. I livelli di rischio sono calcolati tenendo conto, tra le altre cose, dei dati sulla diffusione del contagio e sulla pressione sul sistema ospedaliero. Insomma, un po’ quello che succede in Italia.

In secondo luogo, tra le comunità autonome ci sono diversi livelli di restrizioni per gli spostamenti delle persone e per gli incontri sociali. Come spiega una mappa del Ministero della Salute spagnolo, per esempio, cambiano da comunità a comunità gli orari del coprifuoco – nella maggior parte del Paese è dalle ore 23 alle ore 6 – e le misure di confinamento: alcuni cittadini possono spostarsi solo all’interno dei territori provinciali, altri anche fuori dalle regioni.

Al momento i negozi non essenziali in Spagna sono aperti, così come i bar e i ristoranti (con un numero limitato di posti), e i teatri e i cinema.

Il lockdown nel Regno Unito

Ad oggi la situazione epidemiologica britannica è la peggiore tra tutti i grandi Paesi europei, tant’è che il governo conservatore di Boris Johnson ha deciso di introdurre di nuovo un lockdown nazionale. A inizio dicembre, il Regno Unito registrava infatti circa 15 mila casi al giorno, diventati oltre 30 mila sotto Natale e arrivati alla soglia di 60 mila dopo la prima settimana di gennaio. Tra le cause di questa crescita c’è l’enorme diffusione che ha avuto una variante del coronavirus Sars-CoV-2 – la cosiddetta “variante inglese”, appunto – che in base alle evidenze scientifiche attuali sembra essere molto più contagiosa di quella da cui si è sviluppata.

Tra la fine del 2020 e l’inizio del nuovo anno nel Regno Unito erano in vigore misure restrittive in varie zone del Paese, ma nonostante queste l’epidemia è tornata a correre. Concentriamoci sull’Inghilterra, dove vive circa l’85 per cento della popolazione britannica, facendo un piccolo passo indietro.

A metà ottobre 2020 è entrato in vigore in Inghilterra il sistema dei cosiddetti “tier”, che divideva le contee inglesi – più o meno l’equivalente delle nostre province – in tre livelli, a seconda della diffusione del contagio. I tre livelli sono poi stati di fatto sostituiti a inizio novembre, con il secondo lockdown nazionale, e poi tornati a partire dal 2 dicembre. Il 20 dicembre è stato inoltre aggiunto un quarto livello, il cosiddetto “Stay at home” (in italiano “Stai a casa”), con misure ancora più stringenti. I vari livelli – in maniera simile a quanto fatto in Italia – erano calcolati sulla base di diversi indicatori, come il tasso di positività dei test, la pressione sul sistema ospedaliero e l’incidenza dei contagi nelle fasce più anziane della popolazione.

Dopo alcune concessioni per il periodo di Natale, il 4 gennaio 2021 Johnson ha annunciato che due giorni dopo tutta l’Inghilterra sarebbe entrata in Tier 4, nel livello più restrittivo, in quello che è stato chiamato il terzo lockdown nazionale.

Tra le altre cose, in tutto il territorio inglese non si può uscire di casa se non per motivi di lavoro, salute o necessità. Salvo eccezioni, non si possono avere contatti sociali con persone estranee al proprio nucleo familiare. Fino a metà febbraio inoltre tutte le scuole resteranno chiuse. Regole simili sono in vigore anche in ScoziaGalles e Irlanda del Nord.

Il caso particolare della Germania

Per finire veniamo alla Germania. Come sottolinea Re-open Eu, e come abbiamo notato in passato in diverse nostre analisi, il caso tedesco è particolare in quanto sin dall’inizio della pandemia c’è stata un’ampia autonomia per gli Stati federali – i Länder – di introdurre misure più o meno stringenti per gestire l’emergenza coronavirus.

Dunque, per come è pensata la struttura dello Stato tedesco, provvedimenti localizzati sono stati presi per mesi dai vari Länder. Questo non significa però che non ci sia un coordinamento a livello nazionale, anzi.

Il 13 dicembre 2020 la cancelliera Angela Merkel e i rappresentanti dei Länder hanno deciso ad esempio che tre giorni dopo la Germania sarebbe entrata in un nuovo lockdown nazionale, visto l’aumento dei contagi e dei decessi. Il 5 gennaio 2021 Merkel e i governi federali hanno allungato la scadenza del lockdown dal 10 gennaio 2021 fino alla fine del mese.

Si può uscire di casa, ma, tra le altre cose, sono chiuse le scuole, i negozi non essenziali, i bar e i ristoranti (tranne che per l’asporto). In generale, ci si può incontrare soltanto con una persona che non fa parte del proprio nucleo familiare, mentre nelle aree in cui l’incidenza settimanale dei contagi supera i 200 nuovi casi ogni 100 mila abitanti ci si può spostare di casa solo nel raggio di 15 chilometri.

In conclusione

Dall’11 gennaio le regioni italiane sono tornate a essere divise in aree gialle, arancioni e rosse, anche se il governo è al lavoro per rivedere i criteri di questa suddivisione. Abbiamo verificato qual è la situazione negli altri quattro grandi Paesi europei (Francia, Spagna, Regno Unito e Germania) e ogni Stato sembra andare per la propria strada in termini di restrizioni, anche se esistono punti in comune ad esempio nel voler introdurre provvedimenti localizzati, piuttosto che a livello nazionale, date le differenze epidemiologiche dei vari territori.

Nel Regno Unito è in vigore un terzo lockdown nazionale e in una situazione simile si trova la Germania (anche se i due lockdown hanno caratteristiche in parte diverse). Nel Paese britannico, prima che scattassero le restrizioni a livello nazionale, era in vigore un sistema di quattro livelli di rischio, mentre in Germania grande autonomia era concessa ai singoli Stati federali.

Anche in Spagna, da regione a regione, cambiano sia le restrizioni per il coprifuoco che per gli spostamenti delle persone. In base a un sistema a “semaforo”, vengono poi stabiliti quattro livelli di rischi, con conseguenti maggiori aperture e chiusure.

Infine c’è la Francia, che sembra agire di più sugli orari del coprifuoco rispetto agli altri Paesi. Al momento, il coprifuoco nazionale è dalle ore 20 alle ore 6 ma dal 10 gennaio in 23 dipartimenti con un’alta incidenza dei casi l’orario di entrata in vigore del coprifuoco è anticipato alle ore 18.

SOSTIENI PAGELLA

Leggi ogni giorno la newsletter con le notizie più importanti sulla politica italiana. Ricevi le nostre guide eBook sui temi del momento.
ATTIVA LA PROVA GRATUITA
Newsletter

I Soldi dell’Europa

Il lunedì, ogni due settimane
Il lunedì, le cose da sapere sugli oltre 190 miliardi di euro che l’Unione europea darà all’Italia entro il 2026.

Ultimi articoli