Il 28 dicembre diversi parlamentari leghisti – come le senatrici Roberta Ferrero, Erica Rivolta, Antonella Faggi e Sonia Fregolent, o il deputato Alex Bazzaro – hanno condiviso sui propri profili social la notizia secondo cui un «giornalista americano» avrebbe accusato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte di aver «ridotto l’Italia alla fame» coi suoi Dpcm.

Quella condivisa dagli esponenti leghisti è però una bufala.

Vediamo di ricostruire che cosa è successo.

L’articolo di Stopcensura.online

I parlamentari leghisti hanno pubblicato lo screenshot di un articolo del 27 dicembre, molto probabilmente di stopcensura.online, un sito web inserito da NewsGuard (progetto di valutazione dei siti di informazione nato negli Usa e attivo anche in Italia) nella lista dei «siti inaffidabili che hanno pubblicato affermazioni false sul coronavirus».

L’articolo in questione è intitolato (ed è questa la parte che si legge negli screenshot dei senatori e deputati della Lega): «Giornalista americano contro Conte: “Con i tuoi Dpcm, hai ridotto l’Italia alla fame”».

Il «giornalista americano», come si vede dalla foto e come si legge nel testo, sarebbe Chico Harlan, corrispondente da Roma del quotidiano statunitense Washington Post.

L’articolo del Tempo

Harlan ha in effetti scritto un reportage da Roma, pubblicato il 23 dicembre, intitolato “Nella mia via di Roma, il coronavirus ha capovolto due mondi” (On my street in Rome, the coronavirus upended two worlds).

L’articolo di stopcensura.online non fa però riferimento direttamente all’originale del Washington Post ma riprende quasi integralmente un articolo del quotidiano romano il Tempo (che a sua volta citava ampi stralci del pezzo di Harlan) intitolato “Italia ridotta alla fame, solo fame e negozi chiusi / Il reportage choc del Washington Post a Roma”. Qui sì vengono formulate dure accuse nei confronti del governo Conte.

In particolare si legge nel testo pubblicato dal quotidiano italiano: «L’Italia e la sua capitale finiscono in prima pagina del Washington Post nell’edizione della vigilia di Natale, e non certo per magnificare i successi che crede di avere avuto Giuseppe Conte. Anzi, per fotografare la miseria a cui ha ridotto il paese usando a tavoletta i lockdown e non risarcendo a dovere chi perdeva tutto».

Questo giudizio negativo sull’operato del governo è però formulato dai giornalisti del Tempo e non da Harlan.

L’articolo originale

L’articolo originale di Harlan non contiene infatti da nessuna parte un’accusa a Conte o al suo governo di aver ridotto alla fame il Paese con il suo operato o in particolare con i decreti del presidente del Consiglio (Dpcm), uno dei principali strumenti con cui il governo Conte ha imposto restrizioni sugli spostamenti e sulle attività economiche in questi mesi.

Viene sì descritta una Roma in crisi a causa della pandemia e delle relative misure restrittive, con ristoranti chiusi e file di poveri che aspettano di ricevere un pasto in chiesa, ma in nessun modo viene espresso un giudizio negativo sul governo.

Tiriamo le fila

Quello che sembra insomma essere successo è che il Washington Post ha pubblicato un reportage del suo corrispondente da Roma, in cui viene descritta una città in difficoltà a causa della pandemia e dei conseguenti lockdown e coprifuoco, con ristoranti chiusi e file di poveri alle porte delle chiese.

Il Tempo ha ripreso questo articolo, inserendolo in una cornice di aspra critica al governo e alla gestione della pandemia. Stopcensura.online ha ripreso l’articolo del Tempo, quasi integralmente, ma inventando un virgolettato di Harlan e usandolo come titolo (“[Conte n.d.r.] Con i tuoi Dpcm hai ridotto l’Italia alla fame”).

I parlamentari leghisti hanno quindi fatto uno screenshot del titolo di stopcensura.online che contiene il virgolettato inventato e lo hanno diffuso sui propri canali social.

In conclusione

Il giornalista americano Chico Harlan non ha pubblicato sul Washington Post un reportage da Roma in cui ha accusato direttamente Conte di aver «ridotto l’Italia alla fame» con le sue misure.

I parlamentari leghisti hanno condiviso una bufala, senza prima verificare la fondatezza di quanto stavano pubblicando.