Dopo quasi un mese di latitanza, la legge di Bilancio per il 2021 potrebbe arrivare in Parlamento entro questa settimana, venerdì 13 o sabato 14 novembre. Così ha scritto il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico d’Incà sul suo profilo Facebook («In queste ore procede il confronto tra il Mef e le forze di maggioranza che porterà la legge di bilancio in parlamento entro la settimana»), ma soprattutto così è emerso da una riunione dei capigruppo – i presidenti dei gruppi parlamentari – alla Camera, mercoledì 11 novembre. Riunione dalla quale è arrivata anche un’altra ipotesi.
Se il governo lo richiedesse, il 25 novembre, Montecitorio potrebbe votare un nuovo scostamento di bilancio, 15 o 20 miliardi di deficit in più: soldi extra per finanziare nuovi interventi di ristoro per le categorie colpite dalla restrizioni degli ultimi Dpcm. La notizia va letta con una certa cautela. «Allo stato attuale – precisano a Pagella Politica fonti del ministero dell’Economia – lo scostamento non è sul tavolo del governo. Potrebbe diventare un’ipotesi solo se il monitoraggio dei contagi portasse a nuove restrizioni per tutto il territorio».
In ogni caso, il nuovo deficit farebbe riferimento al 2021 e non all’anno in corso. Questa somma aggiuntiva contribuisce a rendere più complicato il quadro di interventi economici su cui governo e Parlamento stanno lavorando. Da questa situazione deriva il ritardo della finanziaria di quest’anno.
Ma vediamo meglio che cosa sta succedendo, come funziona una sessione di bilancio e quali sono i tempi normalmente previsti.
Tempistiche e ritardi
Secondo l’articolo 81 della Costituzione, «le camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo». La legge di Bilancio è un momento di fondamentale importanza politica. Si tratta, semplificando, di decidere su quali misure economiche investire i soldi pubblici. Il provvedimento ha assunto vari nomi negli anni: legge finanziaria, legge di Stabilità e infine legge di Bilancio.
Le tempistiche della legge di Bilancio devono rispettare le regole definite a livello europeo: l’esecutivo deve presentare entro il 20 ottobre la manovra alle camere, e queste devono deliberare sul testo definitivo entro il 31 dicembre. Se l’approvazione non avviene entro quella data, si entra in un limbo chiamato «esercizio provvisorio». In quel caso, la spesa pubblica è permessa «per dodicesimi»: si prende la previsione di spesa fatta dal governo nella legge di Bilancio dell’anno precedente e la si divide per dodici mesi. Il risultato rappresenta il tetto di spesa mensile per un massimo di quattro mesi (art. 32 della legge n. 196 del 31 dicembre 2009).
La scadenza del 20 ottobre per la trasmissione della legge di Bilancio alla camere è sempre stata concepita in maniera piuttosto flessibile. Prendiamo gli ultimi tre anni. Nel 2017, il testo è stato presentato al Senato il 29 ottobre, nel 2018 il 31 ottobre alla Camera e nel 2019 il 2 novembre al Senato. Come si può notare, la prassi prevede che ogni anno l’esame della manovra cominci da un ramo diverso del Parlamento, in alternanza.
Quest’anno, però, il ritardo è ancor più rilevante. Il disegno di legge per il 2021 è stato approvato “salvo intese” (quindi con un testo non definitivo) dal Consiglio dei ministri il 18 ottobre, ma è poi sparito dai radar per quasi un mese. Siamo quindi arrivati a metà novembre e il Parlamento non ha ancora cominciato a lavorare sulla finanziaria.
Non si tratta di una formalità. Come abbiamo visto, entrambe le camere devono dare il proprio ok al testo entro la fine dell’anno. Questo significa che i tempi dell’esame per la legge in arrivo saranno molto stretti, poco più di un mese considerando le festività natalizie. Di conseguenza, potrà esserci una sola lettura per entrambe le camere. A Montecitorio, da cui quest’anno comincia l’esame, spetterà il ruolo principale nelle modifiche del testo, che verrà poi approvato con ogni probabilità senza ulteriori cambiamenti (per evitare la seconda lettura) dal Senato.
Perché la manovra è in ritardo
Nelle settimane successive all’approvazione della legge di Bilancio da parte del Consiglio dei ministri (18 ottobre), con l’impennata dei casi di Covid-19, il Paese è entrato in una nuova fase acuta dell’emergenza pandemica. In risposta, l’esecutivo ha introdotto una serie di restrizioni gradualmente più severe. Alcune di queste hanno interessato, nello specifico, le attività economiche. Con il Dpcm del 24 ottobre, per esempio, sono state chiuse le palestre, le piscine, i teatri, i cinema ed è stato richiesto a bar e ristoranti di abbassare le saracinesche alle 18.
Con il Dpcm del 3 novembre, le regioni in cui la situazione del contagio è particolarmente grave sono diventate zone arancioni e rosse, prevedendo la chiusura totale delle attività di ristorazione nel primo caso e la chiusura totale di tutti gli esercizi commerciali che non vendano beni di prima necessità nel secondo. Queste limitazioni hanno richiesto con urgenza un intervento economico da parte del governo per le categorie danneggiate, tramite due decreti definiti “Ristori” e confluiti in un unico testo attualmente in esame in commissione Bilancio al Senato, il decreto “Ristori bis”.
Il decreto vale complessivamente 5 miliardi di euro. Non solo. Come è emerso l’11 novembre dalla conferenza dei capigruppo alla Camera, al Parlamento potrebbe essere richiesto di votare, il 25 novembre, un nuovo scostamento di bilancio, ossia autorizzare un nuovo aumento della spesa in deficit. Il gettito aggiuntivo potrebbe valere 15-20 miliardi e andrebbe a finanziare non la manovra, ma un possibile terzo decreto “Ristori” – necessario nel caso di un’ulteriore stretta sulle attività economiche – anche questo da riversare nel testo del decreto omonimo già in esame a Palazzo Madama.
Che cosa c’entra tutto questo con la legge di Bilancio? Un provvedimento economico massiccio come il decreto “Ristori bis” è paragonabile a una manovra e rende la sessione di bilancio di quest’anno particolarmente complessa e per molti versi inedita. Come ha spiegato Il Sole 24 ore in un articolo del 12 novembre 2020, «quella che si prospetta è nei fatti una doppia manovra»: la Camera sarà impegnata nell’unico vero passaggio parlamentare della legge di Bilancio che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe mantenere lo stesso impianto del testo liquidato dal Consiglio dei ministri il 18 ottobre; il Senato si concentrerà sui decreti “Ristori”, in pratica una “manovra bis”.
«La situazione è cambiata nelle ultime settimane ed è stato necessario più tempo per lavorare sulle norme della manovra», sottolineano dal ministero dell’Economia a Pagella Politica. «Una volta i governi facevano un provvedimento economico corposo all’anno, quest’anno abbiamo già fatto provvedimenti per oltre 120 miliardi di euro».
In conclusione
Il 18 ottobre, il governo ha approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge di Bilancio per il 2021. L’esecutivo è tenuto a presentare la manovra alle camere entro il 20 ottobre. Per quanto questa scadenza difficilmente venga rispettata alla lettera, quest’anno il ritardo è rilevante. Dopo quasi un mese, al 12 novembre, il testo non è ancora stato trasmesso alle camere. Secondo quanto è emerso da una riunione dei capigruppo l’11 novembre, il provvedimento arriverà a Montecitorio fra venerdì 13 e sabato 14 novembre. In altri termini, questo significherà per le camere – chiamate ad approvare entro il 31 dicembre – poco più di un mese per esaminare la legge di Bilancio per il 2021, con ogni probabilità permettendo una sola lettura in entrambi i rami del parlamento.
Il ritardo è in parte motivato dalla complessità della situazione attuale: davanti a una nuova fase acuta dell’emergenza sanitaria, il governo è intervenuto urgentemente con due provvedimenti, i cosiddetti “decreti Ristori” – diventati un unico decreto – per compensare le restrizioni anti-Covid che hanno un impatto sulle attività economiche.
La sessione di bilancio di quest’anno si presenta quindi anomala perché le camere saranno chiamate a esaminare, in contemporanea, due massicci provvedimenti economici, paragonabili per risorse impiegate a due manovre.
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