Il 13 ottobre, ospite a L’Aria che tira su La7, il segretario della Lega Matteo Salvini ha difeso (min. 0:55) la Regione Lombardia nella gestione della campagna di vaccinazione antinfluenzale.
Negli ultimi giorni diverse ricostruzioni giornalistiche hanno infatti denunciato che la regione governata dal leghista Attilio Fontana ha registrato forti ritardi nel reperire le dosi necessarie per proteggere la popolazione più a rischio dall’arrivo della stagione influenzale. Già a fine agosto alcuni esperti, come il primario di malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, avevano criticato questi ritardi, confermati poi anche da stime di associazioni indipendenti, come la Fondazione Gimbe, e da alcuni medici di base.
Secondo Salvini, queste preoccupazioni sugli ipotetici ritardi in Lombardia sarebbero infondate per un motivo ben preciso. «Non diciamo fesserie», ha detto l’ex ministro dell’Interno. «Il vaccino dura tre mesi», e dunque, «se il picco è previsto tra gennaio e febbraio e uno si vaccina il 15 ottobre», sarebbe protetto solo per «novembre, dicembre, gennaio». In sostanza, vaccinarsi ora avrebbe poco senso, in base al ragionamento del segretario della Lega.
Ma questa argomentazione è corretta oppure no? Abbiamo verificato e il leader della Lega fa un po’ di confusione: vediamo nel dettaglio perché.
Che cosa dice il Ministero della Salute
Lo scorso 5 giugno il Ministero della Salute ha pubblicato le raccomandazioni sulla prevenzione e il controllo dell’influenza per la stagione 2020-2021.
Sulle tempistiche della campagna vaccinale di quest’anno – che, ricordiamo, è su base volontaria e riguarda in primo luogo alcune categorie di persone, più a rischio di altre, come ad esempio gli over 65 – le raccomandazioni del Ministero sono chiare.
Dal momento che ci troviamo nel mezzo dell’epidemia da nuovo coronavirus, il Ministero ha raccomandato di «anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale a partire dall’inizio di ottobre e offrire la vaccinazione ai soggetti eleggibili in qualsiasi momento della stagione influenzale, anche se si presentano in ritardo per la vaccinazione».
Ricordiamo che il vaccino contro l’influenza stagionale non protegge dal nuovo coronavirus, ma è comunque fortemente consigliato perché consente di rendere più facile la distinzione tra un caso di Covid-19 e uno di influenza, visti i sintomi molto simili delle due malattie, soprattutto nelle fasi iniziali di quella causata dal nuovo coronavirus.
«Al fine di ridurre l’impatto di una probabile co-circolazione di Sars-CoV-2 e virus influenzali nel prossimo autunno – ha poi aggiunto il Ministero – è cruciale che le Regioni e Province autonome avviino le gare per l’approvvigionamento dei vaccini anti-influenzali al più presto basandole su stime effettuate sulla popolazione eleggibile e non sulle coperture delle stagioni precedenti».
Ed è su questo punto che, come abbiamo anticipato, sono arrivate le critiche alla Regione Lombardia.
Che cosa hanno fatto le regioni
Secondo le inchieste giornalistiche, l’amministrazione Fontana non sarebbe stata in grado, appunto, di approvvigionarsi di dosi sufficienti di vaccini antinfluenzali per coprire tutta la popolazione eleggibile.
«È stato corretto da parte del Ministero della Salute sottolineare l’importanza della campagna antinfluenzale di quest’anno, ma è anche vero che si sono registrati dei problemi a livello mondiale per l’approvvigionamento di vaccini, vista la grandissima richiesta dai vari Paesi del mondo», ha sottolineato a Pagella Politica il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco.
Ma al di là dell’«accidentato percorso» della Regione Lombardia – come l’ha definito l’agenzia stampa Agi – è necessario sottolineare che le indicazioni del Ministero della Salute di giugno erano comunque delle raccomandazioni, che le singole regioni potevano seguire o meno.
Secondo le notizie più recenti, la campagna antivaccinale in Lombardia dovrebbe iniziare il 19 ottobre – l’anno scorso era cominciata il 28 ottobre – mentre in altre regioni italiane si è partiti un po’ prima. Per esempio, in Emilia-Romagna e Veneto la campagna antivaccinale è iniziata il 12 ottobre, in anticipo rispetto agli anni scorsi, mentre in Piemonte la data prevista è quella del 26 ottobre.
Ricapitolando: il Ministero della Salute, vista l’emergenza coronavirus, quest’anno aveva raccomandato di anticipare la campagna di vaccinazione antinfluenzale agli inizi di ottobre. In Lombardia, con alcune difficoltà di approvvigionamento, la campagna dovrebbe iniziare il 19 ottobre.
Ma è vero, come ha sostenuto di Salvini, che questo non è un problema, dal momento che il picco dell’epidemia influenzale è previsto tra gennaio e febbraio e che l’immunità fornita dal vaccino dura solo tre mesi? In pratica, davvero non avrebbe senso vaccinarsi già ora?
Partiamo dalla prima questione.
Quando è previsto il picco dell’epidemia influenzale
L’influenza, come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss), è «una malattia stagionale che, nell’emisfero occidentale, si presenta durante il periodo invernale».
Ogni stagione invernale, InfluNet – il sistema nazionale di sorveglianza dell’influenza del Ministero della Salute e dell’Iss – pubblica settimanalmente sul suo sito i risultati del monitoraggio a partire dalla settimana n. 42 di un anno (metà ottobre) alla settimana n. 17 dell’anno seguente (fine aprile). Quest’anno il monitoraggio è iniziato il 12 ottobre, ma non sono ancora disponibili i primi dati.
Né le raccomandazioni del Ministero della Salute né la pagina dell’Iss dedicata all’influenza parlano di previsioni sul picco della stagione influenzale alle porte. Per capire se la stima fatta da Salvini è attendibile, possiamo però vedere che cosa è successo in passato. Quando si era raggiunto il maggior numero di contagi nella scorsa stagione influenzale?
Secondo i dati di InfluNet, il picco era stato raggiunto durante la quinta settimana del 2020, ossia tra fine gennaio e inizio febbraio, il periodo indicato dal segretario della Lega a L’Aria che tira.
In effetti, in base ai dati dell’Iss sulle stagioni influenzali dal 2004-2005 al 2019-2020, il periodo di massima incidenza delle sindrome influenzali in Italia sembra concentrarsi tra i mesi di gennaio e febbraio, anche se ci sono state stagioni in cui il picco è arrivato in anticipo.
Ricapitolando: è probabile – anche se non certo – che il picco di questa stagione influenzale si concentrerà tra fine gennaio e inizio febbraio. Ma è vero che il vaccino antinfluenzale protegge solo per tre mesi, come dice Salvini, e che se uno si vaccina «il 15 ottobre» sarebbe protetto solo per «novembre, dicembre, gennaio», rischiando di arrivare al picco senza immunità?
Quanto dura l’immunità dei vaccini antinfluenzali
Per comprendere l’epidemiologia dell’influenza stagionale e le strategie di vaccinazione, bisogna sottolineare un aspetto centrale.
Tutti i virus influenzali hanno una «marcata tendenza» a variare, spiega l’Iss, «cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione che in passato ha subito l’infezione influenzale». In parole semplici: questi virus mutano in modo da evitare che gli anticorpi creati dalle precedenti versioni del virus siano ancora efficaci.
Questa peculiarità ha una conseguenza molto concreta: la composizione dei vaccini influenzali va aggiornata annualmente ed è per questo che ogni anno i vaccini dell’anno prima, per così dire, non “valgono” più.
Come spiega l’Iss, di norma «il periodo più indicato per vaccinarsi va da metà ottobre a fine dicembre», ma come abbiamo visto prima, data l’eccezionalità del momento storico, quest’anno la raccomandazione è stata quella di iniziare un po’ prima, a inizio ottobre.
L’Iss aggiunge anche che «l’immunità indotta dal vaccino inizia circa due settimane dopo la somministrazione e declina nell’arco di 6-8 mesi». La stima fatta da Salvini – che ha parlato di una protezione di soli «tre mesi» – sembra dunque errata, e non di poco, ma le cose sono più complesse di quello che sembra.
Innanzitutto, bisogna sottolineare che esistono più varianti dei vaccini antinfluenzali, con diverse modalità di somministrazione a seconda dell’età dei pazienti e della fascia di rischio a cui si appartiene.
Poi c’è un discorso sull’effettiva protezione del vaccino.
«In generale, in circa l’80 per cento dei casi la vaccinazione antinfluenzale protegge del tutto dalla malattia, e nel resto abbatte notevolmente il rischio di complicanze e i numeri della mortalità», ha sottolineato il virologo Pregliasco a Pagella Politica. «Gli attuali vaccini li stiamo ancora studiando nel dettaglio, ma comunque non è vero che la protezione fornita è di soli tre mesi: il dato corretto, in media, è sui 6 mesi, ovviamente con un calo con il passare del tempo. Il limite massimo per vaccinarsi è la metà dicembre, data oltre la quale il rischio di non riuscire ad avere in tempo la protezione è alto».
Dunque, vaccinarsi già il «15 ottobre» – la data indicata da Salvini – non è un rischio, anzi: «Ben venga, se si è in una regione che ne dà la possibilità», ha specificato Pregliasco, che ha comunque sottolineato che al momento, anche in Lombardia, «si è ancora in tempi ragionevoli per l’avvio della campagna antinfluenzale e per proteggere le fasce di popolazione più fragili».
In generale, la questione della durata della protezione dei vaccini antinfluenzali, resta un tema spinoso, «una questione scientifica complessa» – come l’ha definita uno studio pubblicato ad aprile 2019 sulla rivista Clinical infectious diseases – che dipende da «molti fattori».
Per esempio, servirebbero maggiori evidenze per capire come cambia la durata dell’immunità nelle differenti fasce di età.
In effetti, come ha sottolineato anche un approfondimento pubblicato sul sito di Science ad aprile 2019, potenzialmente c’è il rischio che più passa il tempo durante una stagione influenzale, più una parte della popolazione vaccinata con largo anticipo rischia di arrivare al picco dei contagi con una protezione meno efficace.
Per limitare al massimo questo rischio, i ricercatori dello studio citato in precedenza hanno suggerito non solo di potenziare i vaccini con adiuvanti, che allunghino la protezione nelle fasce di popolazione più a rischio (cosa che già avviene, anche in Italia), ma anche di prendere in considerazione la possibilità di introdurre una doppia vaccinazione annuale.
Sottolineiamo però che queste osservazioni fanno riferimento soprattutto alla campagna antinfluenzale negli Stati Uniti, dove le vaccinazioni partono ben prima che in Italia, tra fine agosto e inizio settembre, dunque a maggiore distanza da un ipotetico picco nei mesi di gennaio e febbraio.
In generale, al di là di questi dettagli, partire con le vaccinazioni nelle tempistiche prestabilite permette di raggiungere con più facilità una maggiore soglia di vaccinazione nella popolazione, ed evitare che con il protrarsi del tempo alcuni arrivino a vaccinarsi oltre il limite di tempo consigliato.
In conclusione
Il segretario della Lega Matteo Salvini ha difeso la Regione Lombardia dalle critiche secondo cui l’amministrazione di Attilio Fontana non sarebbe riuscita in tempo a procurarsi dosi di vaccino antinfluenzale in grado di iniziare a proteggere le fasce più deboli della popolazione.
Secondo Salvini, queste preoccupazioni sui ritardi in Lombardia sarebbero infondate perché la protezione del vaccino «dura tre mesi», e dunque, «se il picco è previsto tra gennaio e febbraio e uno si vaccina il 15 ottobre», sarebbe protetto solo per «novembre, dicembre, gennaio».
Abbiamo verificato e l’ex ministro dell’Interno fa un po’ di confusione.
Da un lato, è probabile che il maggior numero di contagi settimanali da influenza si concentrerà tra i mesi di gennaio e febbraio, ma non è certo: in passato il picco è arrivato anche prima.
Dall’altro lato, non è vero che il vaccino protegge solo per «tre mesi». Le stime vanno in media dai 6 agli 8 mesi, con un calo della protezione che avviene con il passare del tempo.
Diverse evidenze scientifiche hanno però sottolineato che la questione della durata della protezione dei vaccini antinfluenzali è molto complessa: in alcuni casi, è possibile che la durata della protezione sia inferiore ai 6 mesi, ma in questo caso è suggerito un potenziamento delle strategie vaccinali, anche con la somministrazione di più vaccini durante lo stesso anno, più che ritardarne l’inizio.
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