Il 16 dicembre ha fatto molto discutere la decisione della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia) di dichiarare “inammissibile” un sub-emendamento – approvato in Commissione Bilancio – al disegno di legge di Bilancio per il 2020 che, di fatto, legalizzava la cosiddetta la cannabis light.

Le opposizioni di centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) hanno esultato per questa decisione di Casellati, mentre è stata contraria la reazione del Movimento 5 stelle e del Partito democratico.

Per esempio, la senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanché ha scritto su Facebook: «Dichiarato inammissibile l’emendamento-imbroglio che sfruttava la legge di Stabilità per reintrodurre la cannabis light e il governo si straccia le vesti. Io esulto. No alla droga e ai suoi surrogati sempre!». Il leader della Lega Matteo Salvini ha invece commentato sui social la notizia, scrivendo: «Bloccata in Senato la vergognosa norma sulla coltivazione e la distribuzione di “droga di Stato”. NO allo Stato spacciatore».

Ma di che cosa stiamo parlando? È vero che la cannabis light può essere considerata «droga»? La risposta è no.

La legge e la cannabis

In sostanza, l’emendamento in questione – bocciato da Casellati prima della discussione in Senato del testo di legge emendato – definiva la cannabis light per esclusione, prevedendo che nel testo unico in materia di stupefacenti (d.P.R. 309/1990) la cannabis considerata «sostanza stupefacente» fosse solo quella «con una percentuale di tetraidrocannabinolo (Thc) superiore allo 0,5 per cento».

Secondo l’emendamento, al di sotto di quella soglia di concentrazione della sostanza psicoattiva (il Thc), la cannabis sarebbe dovuta essere considerata “light” e dunque non stupefacente.

Questa modifica della legge di Bilancio, nelle intenzione dei sostenitori, avrebbe rimediato ai difetti delle precedenti norme che avevano consentito la nascita e la diffusione in Italia del commercio di cannabis light. I difetti erano infatti stati notati di recente da una sentenza della Cassazione di luglio 2019, che non era però intervenuta direttamente sulla legge.

Dopo la sentenza, gli esercenti che vendono cannabis light avevano potuto comunque continuare le loro attività, ma sotto una costante incertezza. Ad oggi, la legge non stabilisce infatti un limite di Thc per definire una sostanza stupefacente: in concreto, spetta al giudice stabilire, di volta in volta, la «efficacia drogante» dei prodotti commercializzati.

Gli effetti stupefacenti della cannabis light

Data la bocciatura dell’emendamento, la situazione normativa è rimasta dunque inalterata. Ma al di là di quello che dicono le leggi, la cannabis con meno dello 0,5 per cento di Thc – la light, in poche parole – può davvero essere considerata una «droga», come fa Santanché?

La risposta è “no”: la cannabis con una concentrazione inferiore allo 0,5 per cento di Thc non ha veri effetti stupefacenti.

In un’intervista del 13 dicembre 2019 a La Repubblica, la fitochimica e ricercatrice di Scienze del Farmaco all’Università di Novara Federica Pollastro – una delle maggiori esperte italiane nello studio della cannabis – ha dichiarato che la cannabis light non è diversa da una forte camomilla ed è molto meno potente di un sonnifero.

Negli Stati Uniti – come spiega il sito di divulgazione scientifica Live science – si parla di “canapa” (hemp) e non di “marijuana” quando la cannabis ha una concentrazione di Thc inferiore allo 0,5 per cento. Con “canapa” si intende una fibra tessile che «non è usata a scopo ricreativo, né potrebbe esserlo». La marijuana che dà effetti stupefacenti, invece, ha una concentrazione di Thc nettamente superiore.

Uno studio – pubblicato a marzo 2018 sulla rivista scientifica Scientific Reports – ha calcolato che nella cannabis legale venduta per scopo ricreativo (ed è dunque considerata una droga “leggera” a tutti gli effetti) nello Stato di Washington, negli Stati Uniti, il quantitativo di Thc oscilla tra il 17,7 per cento e il 23,2 per cento. Una quantità tra le 35 e le 46 volte di più di quanto non sia presente nella cannabis light.

Cannabis light, estrattori e semi di papavero

A ottobre 2018, la comunità di San Patrignano – che ha una posizione fortemente contraria alla cannabis legale – ha invece presentato un esperimento, condotto da Giovanni Serpelloni, direttore dell’Uoc Dipendenze di Verona, per calcolare quanta cannabis light servirebbe per ottenere una sostanza con effetti stupefacenti.

I risultati dell’esperimento dicono che con un estrattore a butano sarebbe possibile «con 20-30 grammi di prodotto grezzo […] arrivare ad estrarre un concentrato resinoso di circa 25 milligrammi di principio attivo». In pratica, per ottenere della cannabis con un 2,5 per cento di Thc, si devono comprare tra i 20 e i 40 grammi di cannabis light: per fumare uno spinello molto leggero si dovrebbero spendere centinaia e centinaia di euro, una cifra di molto superiore a quella richiesta per comprare droga illegalmente.

Insomma, è vero che raffinando grandi quantità di cannabis light si possono ottenere sostanze stupefacenti, ma questo non li rende di per sé delle droghe.

Per fare un ultimo esempio, si può dire che la cannabis light sta alla marijuana come i semi di papavero usati in cucina stanno all’oppio. Questi semi sono venduti legalmente perché in base alle normative europee contengono una quantità risibile di sostanza stupefacente. Ma se qualcuno estraesse e concentrasse questi semi, otterrebbe una vera e propria droga, oltretutto con possibili effetti letali. Un discorso simile si potrebbe fare anche con la caffeina del caffè, con la teofillina del té, o con la teobromina presente nel cioccolato.

In conclusione

Il 16 dicembre, la presidente del Senato Casellati ha dichiarato inammissibile un sub-emendamento alla legge di Bilancio che avrebbe legalizzato la cannabis light, quella con una percentuale di Thc inferiore allo 0,5 per cento.

L’opposizione di centrodestra ha celebrato questa decisione, dichiarando da più parti di essere contro la «droga di Stato».

Questa interpretazione però è sbagliata. Non si può infatti considerare la cannabis light come una sostanza stupefacente: i suoi effetti sono confrontabili con quelli di una forte camomilla, e sono molto inferiori a quelli di un sonnifero.

È vero che con quantità elevate di cannabis light e strumenti appropriati è possibile produrre una sostanza stupefacente, ma a prezzi molto più elevati rispetto a quelli del mercato illegale. E discorso analogo si potrebbe fare con i semi di papavero, il caffè, il tè e il cioccolato.