Tra politica, media e accademia: com’è fatta la rete dei “negazionisti” climatici italiani

Gianluca Liva
Gianluca Liva
I cambiamenti climatici sono sempre più spesso tra le notizie di primo piano dei media italiani e globali. A metà novembre, per esempio, i picchi di marea che hanno devastato Venezia sono stati ricollegati anche ai cambiamenti climatici, tenendo vivo il dibattito sulle misure da prendere per contrastare questo fenomeno.

Ai margini del dibattito sull’attuale crisi si sono alzate alcune voci fuori dal coro. Anche in Italia, un piccolo ma determinato fronte di “scettici” – chiamati anche “negazionisti” – mette da anni in discussione il fatto che la responsabilità dei cambiamenti climatici sia da attribuire agli esseri umani e chiede di evitare ogni catastrofismo.

Alcuni di loro si accostano a Galileo Galilei. Altri invece, come il deputato leghista Vito Comencini, quasi paragonano i promotori di questo messaggio ai Dodici apostoli, discepoli di un verbo che, per il momento, viene del tutto ignorato dal dibattito mainstream.

È in una saletta dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, a disposizione del Senato della Repubblica e utilizzabile solo su richiesta di un gruppo parlamentare, che incontriamo per la prima volta il fronte anticatastrofista. È qui infatti che, nella mattina del 18 ottobre 2019, si tiene l’incontro stampa dal titolo “Non c’è un’emergenza climatica”. Questa e altre iniziative aiutano a delineare meglio i contorni degli “scettici” italiani, che cercano spazio per le proprie istanze e lo trovano presso alcune testate, in alcuni rappresentanti politici italiani e in organizzazioni interessate al futuro energetico del nostro Paese.

L’incontro del 18 ottobre era stato organizzato per presentare una petizione internazionale – diventata celebre nelle ultime settimane come quella dei “500 scienziati” – in cui vengono elencati i motivi per cui non bisognerebbe credere all’origine antropica dei cambiamenti climatici.

Le teorie riportate nella petizione sono già state analizzate e smentite in diverse occasioni, come nel caso di questo pezzo scritto dai nostri colleghi di Climate Feedback – un network internazionale di scienziati climatici che aiuta a verificare le dichiarazioni relative ai cambiamenti climatici.

Inoltre, nonostante i firmatari di questo appello descrivano spesso il dibattito sulla responsabilità dei cambiamenti climatici come ancora aperto, diversi studi (qui un riassunto di quelli più famosi) hanno dimostrato che tra il 90 e il 100 per cento delle ricerche scientifiche sul clima attribuiscono all’essere umano la responsabilità per il recente riscaldamento del pianeta.

Tra petizioni e appelli

A portarci all’evento di Roma del 18 ottobre 2019 è stata una ricerca iniziata qualche settimana prima da Correctiv – un gruppo di fact-checker e giornalisti investigativi tedeschi che fa parte, come Pagella Politica, dell’International Fact-checking Network (IFCN). L’inchiesta voleva verificare l’identità dei firmatari dell’appello dei “500 scienziati”, inviato il 26 settembre 2019 da 506 scienziati e professionisti di 23 Paesi al segretario delle Nazioni Unite (diventati nel frattempo più di 700), con l’obiettivo di negare l’esistenza di un’emergenza climatica.
Immagine 1: La locandina dell’evento tenutosi a Roma il 18 ottobre 2019
Immagine 1: La locandina dell’evento tenutosi a Roma il 18 ottobre 2019
L’appello, intitolato There is no climate emergency – deve molto all’Italia. Infatti, il documento internazionale in inglese riprende alcune delle tesi contenute in una petizione indirizzata da alcuni professori italiani ai decisori politici nazionali (qui potete trovarne il testo) e pubblicata nel luglio 2019 sulla rivista 21mo Secolo. L’obiettivo? Esortare la classe dirigente del nostro Paese a non prendere decisioni basandosi sulla teoria della natura antropogenica dei cambiamenti climatici, a detta dei firmatari indimostrata.

Ed è proprio per pubblicizzare questo messaggio che il 18 ottobre si tengono due incontri: uno a Roma, al quale noi partecipiamo, per discutere delle tematiche della petizione italiana ed esaltare la sua diffusione internazionale; un altro, a pagamento, nella capitale norvegese Oslo, per presentare, appunto, There is no climate emergency.
Immagine 2: Evento “Non c’è un’emergenza climatica”, Roma, 18 ottobre 2019. Da sinistra a destra, i professori Nicola Scafetta (Università di Napoli), Uberto Crescenti (Università di Chieti–Pescara) e Franco Battaglia (Università di Modena)
Immagine 2: Evento “Non c’è un’emergenza climatica”, Roma, 18 ottobre 2019. Da sinistra a destra, i professori Nicola Scafetta (Università di Napoli), Uberto Crescenti (Università di Chieti–Pescara) e Franco Battaglia (Università di Modena)
Esiste quindi un collegamento stretto fra i due documenti. Collegamento che si è cercato di far emergere anche la mattina del 18 ottobre, con una chiamata per mezzo web tra i due eventi che, però, è stata impedita da problemi tecnici.
Immagine 3: Locandina dell’evento di Oslo del 18 ottobre 2019 per la presentazione della petizione internazionale dal titolo “There is no climate emergency”
Immagine 3: Locandina dell’evento di Oslo del 18 ottobre 2019 per la presentazione della petizione internazionale dal titolo “There is no climate emergency”
Sebbene avvenuti di recente, questi due incontri hanno origini lontane. «Scrivevo in materia di cambiamento climatico già vent’anni fa» ci dice infatti Franco Battaglia (Francesco, all’anagrafe), professore di fisica chimica all’Università di Modena e uno degli otto promotori della petizione italiana [1]. «Pian piano, nel corso del tempo, ho conosciuto le altre persone che oggi formano il comitato promotore. Ad esempio, Nicola Scafetta l’ho conosciuto nel 2009, quando lessi un suo articolo su Physics Today in cui parlava delle sue ricerche».

A seguito di quella lettura, Battaglia segnalò gli scritti di Scafetta a un giornalista del Giornale, testata che il 25 ottobre 2009 pubblicò un articolo intitolato “Se la Terra si surriscalda colpa del Sole: l’uomo non c’entra”, in cui descriveva proprio le teorie proposte da Scafetta in materia di cambiamento climatico. Questo articolo rappresenta solo uno dei tanti esempi dello spazio concesso da giornali come La VeritàLiberoIl Foglio e Il Giornale a teorie “controcorrente” sui cambiamenti climatici. Uno spazio considerevole se si pensa che il professor Battaglia collabora con Il Giornale dal lontano 2000, e che almeno altri due firmatari della petizione hanno potuto scrivere su queste testate (Umberto Minopoli sul Foglio e Umberto Tirelli su La Verità).

Gradualmente, anno dopo anno, quanti mettono in discussione l’origine antropica dei cambiamenti climatici si sono così avvicinati, conosciuti e organizzati. Nel 2018, alcuni di loro hanno raccolto le loro idee nel volume Clima, basta catastrofismi, edito dalla casa editrice 21mo Secolo.

«Un paio d’anni fa Uberto Crescenti», professore emerito di geologia applicata all’Università di Chieti-Pescara, «ha proposto l’idea di scrivere un libro in cui si facesse il punto su questa faccenda del catastrofismo. Degli autori che poi parteciparono conoscevo solo Crescenti, Scafetta e Mariani», racconta Battaglia, «mentre quelli di 21mo Secolo li ho conosciuti in realtà già vent’anni fa. È una casa editrice molto piccola ma specializzata su certi temi, vicina ai cattolici per quanto riguarda l’aspetto religioso, a favore della scienza accreditata contro l’ambientalismo scientifico, favorevole al nucleare. Da quando avevo iniziato a scrivere sul Giornale nel 2000, e a trattare determinati argomenti, il direttore di 21mo Secolo mi venne a trovare a Roma e mi propose di collaborare con loro. È stato così che ho conosciuto, man mano, altri autori che hanno scritto per 21mo Secolo».

Clima, basta catastrofismi è stato poi presentato a cavallo tra 2018 e 2019 all’Università di Chieti-Pescara e all’Università La Sapienza di Roma. Ed è proprio in queste occasioni che è nata l’idea di scrivere una petizione. Come ricorda Battaglia: «Avevo da poco finito il corso e gli esami e avevo alcuni giorni di tempo. Mi misi al computer e scrissi una bozza. La mandai agli altri coautori del libro per rivederla e limarla. Coinvolgemmo anche Franco Prodi, conosciuto sia da me che da Uberto Crescenti». Franco Prodi è il fratello dell’ex presidente del Consiglio, Romano, e ai primi di ottobre ha rilasciato un’intervista con la versione italiana dell’Huffington Post in cui ha espresso dubbi sulle responsabilità dell’uomo in relazione ai cambiamenti climatici. L’intervista ha ottenuto un grande successo, nonostante contenesse diverse inesattezze.

«E così è nata la petizione», prosegue Battaglia. «Nel corso dei mesi ognuno di noi ha inviato il testo tradotto in inglese ad alcuni colleghi fuori dall’Italia. Tra questi, Alberto Prestininzi l’ha inviata all’olandese Guus Berkhout, professore di geofisica, il quale ha pensato di farne una petizione europea, cui però si sono aggiunti anche firmatari non europei; ed è così che la petizione è diventata internazionale».

Una volta creata la petizione, andava però fatta conoscere al pubblico. Ed è proprio per questa ragione che i promotori hanno deciso di organizzare il già ricordato evento stampa del 18 ottobre.

Dalle stanze dell’accademia a quelle istituzionali

Se i promotori di questo appello sono riusciti a illustrare il loro lavoro in una sala del centro di Roma, una parte del merito va però all’associazione Astri (sigla che sta per Associazione di Scienziati e Tecnologi per la Ricerca Italiana), realtà che riprende in parte lo spirito dell’associazione Galileo2001, fondata nei primi Duemila e ora inattiva, di cui faceva parte anche Franco Battaglia. È stata Astri, a cui Battaglia non aderisce,ad adoperarsi perché la petizione potesse essere presentata in una sede collegata al Senato, grazie soprattutto a un’amicizia importante: quella con il senatore Maurizio Gasparri. Come ricorda il suo presidente Sergio Bartalucci, «l’evento è stato reso possibile grazie al rapporto di conoscenza con il senatore Maurizio Gasparri. Senza il suo sostegno non avremmo potuto ottenere una sede così prestigiosa».

In questo Gasparri sembra essere stato più abile del suo collega del Movimento 5 Stelle Franco Ortolani, che circa un anno prima, il 13 novembre 2018, aveva provato senza successo a far presentare in Senato proprio il libro Clima, basta catastrofismi. Come ricorda Battaglia, «ci fu un tale martellamento mediatico che alla fine l’evento al Senato venne cancellato. Quello stesso pomeriggio ho tenuto la mia relazione all’Università La Sapienza, dove abbiamo dovuto chiamare il servizio d’ordine della polizia. La sola presentazione del libro mobilitò alcuni studenti che accorsero a protestare».

Di quell’episodio Battaglia e colleghi fanno però tesoro. È infatti nei giorni successivi a questa mancata presentazione che alcuni membri di Astri entrano in contatto con il comitato promotore offrendosi, dice Battaglia «di cercare di ripetere quell’esperienza, coinvolgendo il senatore Maurizio Gasparri. Poi i tempi si sono sovrapposti con la neonata petizione e allora si è deciso di presentarla al posto del libro nella piccola aula del Senato».

Il nucleare fa la sua parte

Oltre al sostegno politico, un altro aiuto arriva dal movimento italiano a favore del nucleare. A rappresentarlo c’è Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare e firmatario della petizione.

Umberto Minopoli – presente tra il pubblico nel corso dell’evento di ottobre 2019 – ha spiegato a Pagella Politica i motivi che lo hanno portato a firmare la petizione. «Con gli autori della petizione c’è un lungo e consueto rapporto di collaborazione, di confronto e di discussione. Conoscevo la petizione da molto tempo, conosco bene gli autori e ne condivido lo spirito e l’obiettivo che si propone: contribuire a fare un’azione di chiarificazione, di disambiguazione, su un tema – quello del climatismo, del riscaldamento climatico – che ha un grande impatto sull’opinione pubblica ma che rischia anche di determinare delle profonde distorsioni e, soprattutto, di condizionare in senso negativo le decisioni dei policy makers e dei governi».

Al di là dei contenuti della petizione, Minopoli ritiene che «il nucleare sia necessario per motivi che esisterebbero anche senza il cosiddetto riscaldamento globale. Poi c’è il problema del contributo alla cosiddetta decarbonizzazione. Penso che si facciano molti errori sulla decarbonizzazione e che sia stata diffusa, in questi anni, un’illusione sbagliata, che è quella di pensare che si possa fare a meno delle energie convenzionali – le fossili e la nucleare – puntando tutto sulle cosiddette rinnovabili. Questo non è possibile, per ragioni fisiche e per ragioni tecniche».

È per questi motivi, secondo Minopoli, che, leggendo il testo della petizione «risalta ancora di più l’importanza dell’energia nucleare. Perché nel testo si sostiene molto chiaramente che gli obiettivi della decarbonizzazione sono obiettivi illusori, oltre che sbagliati. La petizione riguarda indirettamente l’energia nucleare e fa un ragionamento realista su molte considerazioni che riguardano il riscaldamento globale: che in sé è un fatto accertato, reale, e che nessuno scienziato contesta. Ma è bene procedere in maniera più equilibrata e meno ansiogena sul tema della transizione energetica».

Una rete nazionale e internazionale

I nomi ricorrenti e le varie sigle che caratterizzano il gruppo di scettici italiani costituiscono un universo multiforme ma, nel complesso, di dimensione molto ridotta. Sarebbe sbagliato, però, considerarli isolati e lontani da istanze simili nel resto del mondo.

Le relazioni che intercorrono tra le persone che animano queste iniziative sono spesso il frutto di rapporti pregressi, ben inseriti nella rete internazionale che nega che l’origine umana dei cambiamenti climatici sia stata dimostrata. Spesso, le persone che fanno parte di questo universo sono accusate di operare avvolte da un evidente conflitto d’interessi. Ad esempio, Franco Battaglia viene accusato di essere affiliato all’Heartland Institutethink tank statunitense di riferimento per chi sostiene che i cambiamenti climatici non siano provocati dall’essere umano. Un’affiliazione che però, come vedremo tra poco, il professor Battaglia nega.

L’Heartland Institute – fra i cui finanziatori spiccano le industrie dei combustibili fossili – appoggia il lavoro del Nongovernmental International Panel on Climate Change (NIPCC), un’organizzazione che si oppone alle conclusioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo nato in seno all’ONU che si occupa di studiare i cambiamenti climatici. L’NIPCC, a tutti gli effetti una nemesi dell’IPCC, è stato fondato nel 2003 a Milano, nel corso del meeting informale organizzato da Siegfried Fred Singer, il leggendario capostipite della ramificata famiglia degli scettici e definito da alcuni lo stereotipo di “esperto a noleggio”. All’incontro fondativo di Milano era presente anche Franco Battaglia, assieme a Renato Angelo Ricci, fisico oggi 92enne, già membro di Galileo2001 e uno dei primi firmatari della petizione.

Di quell’incontro Battaglia ricorda che «fu in quell’occasione che, nella mente di Fred Singer, nacque l’idea di organizzare l’NIPCC. L’idea venne ribadita anche in una successiva conferenza di lavoro, tenutasi nel 2007 a Vienna. Tuttavia ebbi la piena consapevolezza dell’esistenza dell’NIPCC solo in occasione della pubblicazione, nel 2009, del primo report, al quale ho contribuito come revisore. Per questo mi considero tra i fondatori dell’NIPCC. Il nostro rapporto è stato pubblicato dall’Heartland Institute ma io non sono affiliato a loro. L’Heartland Institute non mi ha dato un centesimo. Cionondimeno, i miei detrattori dicono che io sono pagato dalle multinazionali del petrolio».

La diffusione continua

L’incontro di ottobre a Roma, che per certi versi è stato un punto d’arrivo, per altri ha dato il via alla diffusione della petizione al pubblico e a un allargamento a destra del suo sostegno politico.

Il 16 novembre si è tenuto un convegno intitolato “Cambiamenti climatici e conoscenza scientifica”, organizzato a Verona dalla casa editrice 21mo Secolo. Per l’occasione erano stati preannunciati gli interventi di alcuni esponenti politici della Lega, tra cui Paolo Borchia, eurodeputato fresco di elezione, il consigliere regionale veneto Stefano Valdegamberi e il giovane deputato Vito Comencini, presente anche alla presentazione della petizione a ottobre in Senato. Il convegno è stato moderato da Martino Cervo, vicedirettore del quotidiano La Verità; che ha coordinato i contributi di Nicola Scafetta, Uberto Crescenti, Franco Battaglia e di Antonino Zichichi, accademico e divulgatore molto noto e molto criticato, intervenuto in collegamento da Erice.

Il 30 novembre, a Frascati, si terrà invece un altro incontro pubblico organizzato su iniziativa dell’europarlamentare Simona Baldassarre (Lega) per discutere i temi della petizione. L’evento è coordinato da Astri, dalla Lega e dal suo movimento parallelo “Noi con Salvini”. Sulla locandina si apprende che saranno presenti Annamaria Bracci, referente di “Noi con Salvini” a Frascati, in qualità di coordinatrice, Giulia Bongiorno e la stessa Simona Baldassarre. A loro fianco, prenderanno la parola alcuni membri di Astri – Sergio Bartalucci, Emilia Costa, Angelo Spena e Massimo Sepielli.
Immagine 4: Locandina dell’evento del 30 novembre a Frascati organizzato dall’eurodeputata leghista Simona Baldassarre
Immagine 4: Locandina dell’evento del 30 novembre a Frascati organizzato dall’eurodeputata leghista Simona Baldassarre
In parallelo, i rapporti tra scettici internazionali si rafforzano. Michelle Stirling, curatrice del blog di scettici Friends of Science, ha espresso a Battaglia il desiderio di intervistare i promotori dell’iniziativa italiana. Stirling ha contribuito a diffondere la petizione internazionale, descrivendone i contenuti in un video caricato sul canale YouTube di Friends of Science. Il video è presente anche nella sua versione sottotitolata in italiano, grazie al lavoro di traduzione di Franco Battaglia. Stirling chiama gli scettici con l’affettuoso soprannome di troublemakers, “piantagrane”. A fine novembre la petizione internazionale ha superato i 700 firmatari e si diffonde lentamente. Sebbene la loro notorietà sia ancora marginale, i “piantagrane” vogliono continuare a farsi sentire a tutti i costi e avere voce nel dibattito sul futuro che verrà.

di Gianluca Liva



[1] Gli altri promotori sono: Uberto Crescenti, Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara; Giuliano Panza, Professore di Sismologia, Università di Trieste; Alberto Prestininzi, Professore di Geologia Applicata, Università La Sapienza, Roma; Franco Prodi, Professore di Fisica dell’Atmosfera, Università di Ferrara; Mario Giaccio, Professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti di Energia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara; Enrico Miccadei, Professore di Geografia Fisica e Geomorfologia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara; Nicola Scafetta, Professore di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia, Università Federico II, Napoli.

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