Il 6 ottobre 2019, il sito di notizie Huffington Post ha pubblicato un’intervista a Franco Prodi, fisico e fratello dell’ex presidente del Consiglio Romano, intitolata “Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale”.

Prodi, che oggi ha 78 anni, nella sua carriera accademica si è occupato di microfisica delle nubi, ma non ha mai pubblicato nello specifico ricerche sul riscaldamento globale e sulle sue cause.

Nell’articolo su HuffPost, Prodi elenca una serie di motivi – come vedremo, privi di fondamento scientifico – per dimostrare che il movimento attivista incarnato da Greta Thunberg contro l’emergenza climatica si sta sbagliando.

In breve: secondo Prodi, è indubbio che la Terra stia attraversando un periodo di cambiamenti climatici, «ma ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa».

Ma vediamo nel dettaglio le dichiarazioni più significative di Prodi e perché non sono supportate dal consenso scientifico sul tema.

Il riscaldamento globale è causato dall’essere umano

«Al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato»

Questo è falso.

«Sono molte decine di migliaia le pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali ed autorevoli che attribuiscono alle attività umane la responsabilità di una parte rilevante del riscaldamento globale in corso, utilizzando metodologie anche diverse», ha spiegato a Pagella Politica Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano.

«La prima pubblicazione scientifica che ipotizzava un legame fra i livelli di CO2 e le temperature è del 1896, prima che il riscaldamento stesso si manifestasse in modo così evidente. Alcune pubblicazioni scientifiche nel passato hanno proposto un ruolo per alcuni fattori naturali, ma dal dibattito scientifico è emerso che contenevano errori e queste teorie sono state accantonate perché non supportate dai fatti».

Uno studio del 2016 – sulla base di quasi 12 mila ricerche scientifiche – ha inoltre mostrato che la teoria secondo cui le attività umane stanno causando il riscaldamento globale è condivisa da oltre il 97 per cento degli scienziati.

In più, esiste una forte correlazione tra il consenso e il livello di esperienza degli scienziati nel settore di competenza: in sostanza, più uno scienziato è competente in climatologia maggiore sarà la probabilità che sia a favore della teoria dell’origine antropica del riscaldamento globale.

L’ultimo rapporto di ottobre 2018 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) – il principale organismo internazionale delle Nazioni Unite che studia il fenomeno del riscaldamento globale – stima che «le attività umane abbiano causato un riscaldamento globale di circa 1,0°C rispetto ai livelli preindustriali» e che «è probabile che il riscaldamento globale raggiungerà 1,5°C tra il 2030 e il 2052 se continuerà ad aumentare al tasso attuale».

«Nella letteratura scientifica le prove sono state portate, anche se la certezza scientifica in una scienza complessa come quella del clima non è mai una cosa assoluta», ha spiegato Caserini. «Ma c’è una quantità di evidenza enorme su come le attività umane stanno cambiando il clima del Pianeta e che quello che è successo nell’ultimo secolo, in particolare negli ultimi 50 anni, non può essere spiegato senza le cause antropiche».

La “scusa” dei cambiamenti climatici del passato

«La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo […] Nel tardo Medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici»

Dire che la Terra non si sta scaldando per colpa delle attività umane, perché in passato ci sono già stati cambiamenti climatici, secondo il climatologo Victor Venema è un po’ come scagionare un accusato di omicidio portando a sua discolpa il fatto che le persone muoiono anche per cause naturali.

«Le osservazioni ci mostrano che sul nostro pianeta il clima è sempre cambiato, ma che negli ultimi anni sta mutando a una velocità molto maggiore di quanto sia successo in passato», scrive Bruno Carli – ex direttore di ricerca nel Consiglio nazionale delle ricerche e membro dell’Accademia dei Lincei – nel suo libro L’uomo e il clima – Che cosa succede al nostro pianeta?, edito nel 2017 da Il Mulino.

«È praticamente certo che la causa di questo cambiamento sia l’emissione di gas serra da parte dell’uomo: tuttavia il sistema climatico è molto complesso e tutti i processi coinvolti devono essere adeguatamente capiti».

Uno studio pubblicato a luglio 2019 su Nature spiega, sulla base di diverse ricerche condotte negli ultimi anni, dove sta l’errore di Prodi.

Tra l’800 e il 1200 d.C., è stato registrato in alcune zone del Pianeta un periodo inusuale di aumento delle temperature, conosciuto con il nome di “Periodo caldo medievale” (Mediaeval warm period), al quale è poi seguito un periodo di raffreddamento chiamato “Piccola era glaciale”, circa dal 1300 al 1850 d.C.

Questo basta per dire che anche ora stiamo vivendo un aumento delle temperature dovuto a cause naturali? No, anche perché questi due esempi citati da Prodi hanno poco a che fare con il riscaldamento attuale.

Come chiarisce la recente pubblicazione su Nature, i cambiamenti citati da Prodi non sono globali come quelli registrati oggi, ma locali, e riguardano variazioni di decimi di grado.

Un rapporto pubblicato a settembre 2019 dall’Organizzazione mondiale meteorologica (Wmo) ha mostrato che il periodo tra il 2015 e il 2019 è stato il più caldo da quando si misurano le temperature, a causa dell’accelerazione del riscaldamento globale causato dalle attività umane.

Il 95 per cento del riscaldamento globale è «colpa dell’uomo»?

«Come si può dire, dunque, che per il 95 per cento è colpa dell’uomo?»

Anche qui Prodi sbaglia: l’Ipcc non dice che l’essere umano è responsabile per il 95 per cento del riscaldamento globale.

Questa percentuale, come spiega il rapporto dell’organizzazione Onu, indica il grado minimo di probabilità che il riscaldamento rilevato dalla metà del XX secolo abbia avuto come causa dominante le attività umane.

«La scienza non può darci la certezza assoluta, perché la climatologia è complessa, ma quando l’Ipcc dice che è estremamente probabile che le attività umane stanno riscaldando la Terra, significa che un’intera comunità scientifica ha portato prove solidissime», ha chiarito Caserini.

L’aumento delle temperature da inizio Ottocento

«I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell’ottocento (quando sono state state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta»

Il dato indicato da Prodi è sbagliato, e di molto.

Come abbiamo visto in precedenza, da fine Ottocento a oggi l’aumento delle temperature è stato di oltre 1°C. Due terzi di questo riscaldamento è avvenuto a partire dal 1975, quando la crescita ha iniziato a viaggiare a 0,15-0,20°C per ogni decennio.

La temperatura della Terra

«Che il clima terrestre è il risultato dello scambio di due flussi di fotoni: uno che dal Sole va verso la Terra, e l’altro che sale dalla Terra verso l’esterno. Come sa, il Sole è un corpo che misura quasi 6 mila gradi kelvin. La Terra, invece, ha una temperatura di 300 gradi kelvin, circa 25,5 gradi centigradi […]. Non possiamo stabilire con esattezza quanto il riscaldamento climatico sia responsabilità dell’uomo e quanto, invece, dipenda da altri fattori»

Anche nel citare un semplice dato – quello sulla temperatura della Terra – Prodi sbaglia.

«Il primo errore è che 300 gradi Kelvin non sono 25,5 gradi centigradi, mentre sono 26,85 gradi centigradi», ha spiegato Caserini.

«Il secondo errore è che in realtà la temperatura della Terra è di 14,5 gradi centigradi, e non è una misura su cui si discute: è un dato basilare. Sbagliare di 10 gradi è come se un medico ci dicesse che la temperatura media del corpo umano sono 46 gradi. Ci fideremmo di un medico così?».

In Kelvin si tratta dunque di 288 gradi, e non di 300. È una differenza enorme (circa 10 gradi rispetto al numero citato da Prodi): basti pensare che gli scienziati mostrano la grande differenza in termini di effetti futuri che avrà sulla Terra una crescita delle temperature medie tra i +1,5°C e i +2°C.

Per quanto riguarda il ruolo del Sole, da tempo si sa che non è lui la causa del riscaldamento globale attuale.

Come spiega la Nasa sul suo sito, dal 1978 gli scienziati monitorano la stella con sensori e satelliti e non c’è stato nessun aumento di energia sulla Terra proveniente dal Sole. Inoltre, se il Sole fosse responsabile del riscaldamento globale, si registrerebbe un aumento della temperatura in tutti gli strati dell’atmosfera, cosa che non sta avvenendo: la troposfera (quella a diretto contatto con la superficie terrestre) si sta scaldando, mentre la stratosfera (il livello sopra la troposfera) si sta raffreddando.

L’affidabilità dei modelli sul clima

«Perché la scienza del clima è ancora nell’età dell’infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti»

Da anni Prodi ripete la tesi secondo cui i modelli climatici sono nella loro infanzia e quindi poco affidabili nel prevedere le conseguenze del riscaldamento globale. In un’intervista del 2011 a La Repubblica, per esempio, il fisico diceva che «non siamo in condizione di prevedere il cambiamento climatico futuro». Ma questo non è vero.

«La climatologia e la modellistica climatica continuano a progredire, anno dopo anno, non le si può definire una scienze “appena nate”: hanno diversi decenni», ha sottolineato Caserini. «Ma mettiamo che non vogliamo usare i modelli climatici, allora su cosa ci basiamo? Questi modelli sono la cosa scientificamente più avanzata con cui possiamo fare proiezioni sulle temperature future».

Come spiega un approfondimento contenuto nell’ultimo rapporto dell’Ipcc, i modelli in questione sono estremamente complessi e tengono conto delle interazioni tra l’atmosfera, gli oceani, la superficie terrestre, la neve e i ghiacci, l’ecosistema globale e l’enorme di varietà di processi chimici e biologici che avvengono sul nostro Pianeta.

Un’analisi del 2017 di Carbon Brief – sito specializzato sui cambiamenti climatici – ha mostrato inoltre che i principali modelli usati negli ultimi decenni hanno fatto previsioni affidabili su quanto avvenuto in seguito.

Niente allarmismi!

«Non mi allarmo. Sono fenomeni che abbiamo già conosciuto»

Come abbiamo spiegato, questi non sono fenomeni che «abbiamo già conosciuto»: i cambiamenti climatici in questione sono causati dalle attività umane per la prima volta nella storia degli esseri umani.

E gli scienziati hanno ormai ricordato moltissime volte quali saranno le conseguenze. Tra le più citate dai ricercatori, ci sono la scomparsa delle foreste amazzoniche, l’aumento vertiginoso della desertificazione, la distruzione di migliaia di specie animali, la perdita dei ghiacciai e di terre adatte alla coltivazione, e l’incremento di fenomeni come inondazioni e uragani.

In realtà, anche solo un decimo di grado in più, che può sembrare poca cosa, può fare danni gravi, dal momento che gli effetti di questi aumenti non sono lineari, ma possono essere repentini ed estremi.

Il falso dibattito sull’emergenza climatica

«Sono uno dei pochi, ma non sono l’unico: sia in Italia, sia nel mondo. Peraltro, non è nella mia natura essere controcorrente. Le confesso che, a volte, mi sento anche a disagio nel ruolo di grillo parlante»

Queste dichiarazioni danno l’idea ai lettori che ci sia in corso un reale dibattito all’interno della comunità scientifica tra i favorevoli e i contrari alla teoria che il riscaldamento globale sia causato dalle attività umane. Ma non è così: come abbiamo visto in precedenza, l’intera comunità scientifica è pressoché unanime sulle cause del riscaldamento globale.

«I numeri dimostrano che le pubblicazioni scientifiche con contenuti critici nei confronti delle conclusioni dell’Ipcc, anche considerando le critiche costruttive, sono una piccola minoranza», scrive nel suo libro Bruno Carli. «Dobbiamo pertanto convenire che i negazionisti sono dissenzienti che parlano fuori dal coro. Però se è vero che in passato dei grandi personaggi (fra tutti Galileo e Einstein) sono stati per alcuni anni dei dissenzienti, non è vero che tutti i dissenzienti siano stati e siano dei grandi personaggi».

In conclusione

Nell’intervista del 6 ottobre 2019, il fisico Franco Prodi ha commesso una serie di errori sminuendo la questione dell’emergenza climatica che sta vivendo la società umana e la Terra.

Secondo Prodi, per esempio, «dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato». Ma questo non è vero: l’intera comunità scientifica è pressoché concorde nel dire che le attività umane hanno aumentato da fine Ottocento a oggi la temperatura media della Terra.

Prodi poi cita esempi passati di cambiamenti climatici non causati dall’essere umano, ma propone analogie scorrette: il Periodo caldo medievale e la Piccola era glaciale sono stati fenomeni locali, e non globali, e riguardano variazioni di decimi di grado.

Il fisico riporta anche dati sbagliati – su cui non c’è dibattito – sulla temperatura della Terra (che è di 14,5°C, non di 25,5°C), sul ruolo del Sole e sull’affidabilità dei modelli climatici.

In generale, interviste come queste danno l’idea che all’interno della comunità scientifica ci sia un dibattito che, nella realtà dei fatti, è alimentato da poche voci dissenzienti.

Il riscaldamento globale antropico è ormai considerato un dato di fatto. Il dibattito in corso, semmai, è sugli interventi necessari da intraprendere nel brevissimo termine per evitare conseguenze catastrofiche nel lungo periodo.