Questo mercoledì abbiamo pubblicato il nostro fact-checking al video presentato dal Ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) a Davos. Venerdì sera abbiamo ricevuto una lettera dal vice ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ringraziamo per l’attenzione dedicata alla nostra analisi nonché per il dettaglio con cui ha scelto di condividere i conti prodotti dal Mise. Procediamo con ordine sui punti sollevati nella lettera.


Innanzitutto, ci correggiamo sui “super-yacht”.



Nel nostro articolo avevamo calcolato una percentuale pari al 27% sulla base degli ordini relativi al solo 2014. Il Mise, usando la stessa fonte (Boat International) aveva invece considerato tutti i super-yacht ordinati nel 2014 o ordinati in precedenza e attualmente in costruzione. Risulta quindi che l’Italia ha avuto 269 ordini sul totale mondiale di 735, pari al 37%. Ritiriamo il nostro “C’eri quasi” e attribuiamo il “Vero” pieno.



Rispetto al ‘terzo posto spaziale’ non vediamo divergenze con quanto segnalato dal Mise



Nella lettera del Vice Ministro leggiamo: “Come scrivete voi stessi, il tema è oggetto di profondi contrasti. Il dato di fatto è però che il San Marco fu nel 1964 il primo lancio di satellite, nell’ambito del programma di cooperazione internazionale della Nasa, a essere stato operato da personale non americano sebbene utilizzando un razzo vettore americano (http://nssdc.gsfc.nasa.gov/nmc/spacecraftDisplay.do?id=1964-084A). Sappiamo che esistono visioni diverse tra Italia, Canada e Francia su chi possa fregiarsi del titolo di prima non superpotenza ad aver inviato un satellite in orbita, ma appunto i canadesi hanno solamente costruito il satellite, per poi consegnarlo alla Nasa per il lancio sfruttando la tecnologia americana.”


Seguendo questa logica (che i canadesi non siano stati terzi perché hanno sfruttato la tecnologia Usa) allora la medaglia di bronzo sarebbe da attribuire ai francesi, che del quartetto Italia/Canada/Francia/Regno Unito sono gli unici a non aver usato tecnologie americane in fase di lancio (maggiori dettagli nel nostro fact-checking di mercoledì scorso).


Continuiamo a dissentire sulla seguente affermazione



Per come noi abbiamo letto l’affermazione, questa rsulta composta da due parti:

(a) “L’Italia è il secondo esportatore d’Europa”,

(b) “100 miliardi di euro di macchinari e beni capitali”


Dalla lettera ricevuta scopriamo che il Mise intendeva che l’Italia era il secondo esportatore in Europa di beni capitali, non complessivamente. Sono due cose ben diverse dal momento che le esportazioni di beni totali dell’Italia sono ben più alte, e in questa categoria siamo, come riportato nel blog, non secondi bensì 4° (dati Ocse).


Non ci ritroviamo inoltre con la definizione usata di beni capitali. Noi abbiamo scelto di usare l’intera voce “machinery and transport equipment” di Eurostat (SITC 7), mentre il Ministero non ha inserito in questa categoria le voci 70, 75, 76, 78 e 79 (trattasi soprattutto di macchinari da ufficio e veicoli da trasporto). Con questa definizione è vero che arriviamo ad essere secondi con 96 miliardi di euro di esportazioni (i nostri conti sono disponibili qui). Analizzando le diverse definizioni tecniche di capital goods, non troviamo però riscontro della scelta del Mise di escludere quelle voci. La definizione Eurostat di beni capitali include elementi come le barche, che invece non vengono considerati dal Mise (voce 79). Non soddisfatti abbiamo anche guardato la dettagliatissima definizione (a pagg. 33-36) dell’Onu che include molte voci tagliate fuori dal Mise e ne esclude altre conteggiate invece dal Ministero.


Abbiamo calcolato le esportazioni di beni capitali usando le 410 voci dell’Onu (i nostri conti, per i più coraggiosi, si trovano qui) e ne è risultato che l’Italia esporterebbe 50 miliardi di beni capitali, circa la metà del conto Mise. In un’altra definizione ancora, sempre Eurostat stima le esportazioni di beni capitali dell’Italia ad appena 33 miliardi (rispetto ai 100 miliardi del Mise).


Insomma, ci sembra che su questo punto il Mise spieghi i suoi conti ma che il messaggio del video “Italy is Europe’s second largest exporter” rimanga fuorviante. L’Inghilterra, che è prima nell’Ue per esportazioni di servizi ma seconda con ampio distacco nelle esportazioni complessive, non potrebbe fare un video dicendo “Britain is Europe’s first largest exporter”, così come il Mise avrebbe dovuto specificare che il secondo posto era relativo ai beni capitali. Non ci ritroviamo inoltre con la definizione di capital goods usata; in ogni caso, qualunque definizione si adotti, la posizione relativa dell’Italia non cambierebbe sebbene l’ammontare cambiasse considerevolmente (33 o 50 miliardi vs 100 miliardi).


Ciò non toglie valore al tentativo di sfatare i luoghi comuni effettuato dal Mise attraverso il video ‘Italy The Extraordinary Commonplace’, che rimane per noi sostanzialmente corretto nonostante qualche imprecisione (su 7 dati che abbiamo verificato, 5 sono inoppugnabili).


Ringraziamo il vice ministro ed il Suo staff per la scelta di interloquire con noi sui dati, ricordando che in passato c’è chi l’ha presa meno sportivamente!