Il 2 febbraio la Procura di Catania ha avviato un’indagine a carico di ignoti per lo sbarco dei 47 migranti della “Sea Watch 3”. Il giorno dopo, il presidente della Camera Roberto Fico, ospite a Che tempo che fa su Rai 1, ha difeso l’operato delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, dicendo che ad oggi «non c’è un solo rinvio a giudizio o un provvedimento vero rispetto alle Ong».

Pochi giorni prima, il 29 gennaio, il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ospite a DiMartedì su La7, aveva dichiarato che «sulle Ong ci sono tre indagini aperte per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», facendo poi riferimento esplicito alle inchieste in corso a Trapani, Catania e Ragusa.

I due esponenti politici hanno, in un certo senso, ragione entrambi: in effetti, da più di due anni almeno quattro procure siciliane (quelle citate da Salvini, più quella di Palermo) hanno indagato o stanno svolgendo indagini sulle Ong, ma in nessun caso ci sono state condanne o rinvii a giudizio. Ad oggi, non esistono dunque prove accertate dalla magistratura di legami tra queste organizzazioni e i trafficanti di esseri umani, come testimoniato anche dall’archiviazione di alcune inchieste.

I “taxi del mare” e l’inchiesta di Catania

Il dibattito sulle Ong si è acceso nel febbraio di due anni fa, quando queste organizzazioni erano accusate di essere “taxi per migranti” (un’espressione usata anche dall’attuale vicepremier Luigi Di Maio), in qualche modo complici degli scafisti nel trasportare migliaia di persone in Italia dalle coste africane.

A febbraio 2017, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro aveva dichiarato di «voler capire chi c’è dietro tutte queste associazioni umanitarie che sono proliferate in questi ultimi anni, da dove vengono tutti questi soldi che hanno a disposizione e soprattutto che gioco fanno». Lo stesso Zuccaro però aveva smentito l’apertura di un’indagine conoscitiva.

Nei giorni seguenti, il procuratore aveva poi rilasciato una serie di dichiarazioni, in cui diceva di «avere prove» dei «servizi segreti» sui finanziamenti di trafficanti alle Ong, per poi cambiare idea, dicendo in un’audizione in Parlamento che erano solo «ipotesi di lavoro», comunque non a carico delle Ong ma di singoli soggetti. Contemporaneamente erano circolate le prime indiscrezioni sull’apertura di alcune indagini da parte di almeno tre procure siciliane (Palermo, Catania e Trapani).

Ad agosto 2017 la Procura di Catania aveva avviato un’indagine su diverse navi delle Ong che operavano nel Mediterraneo: l’ipotesi di reato era quella di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il 18 marzo dell’anno dopo Zuccaro aveva così ordinato il sequestro della nave “Open Arms”, dell’organizzazione spagnola Proactiva Open Arms, accusata di non aver consegnato alla Guardia costiera libica 218 migranti, poi fatti sbarcare a Pozzallo, in Sicilia.

Pochi giorni dopo, però, era stato il giudice per le indagini preliminari di Ragusa, Giovanni Giampiccolo, a disporre il dissequestro della nave – confermato anche dal Tribunale del Riesame di Ragusa – perché i soccorritori avevano agito in uno “stato di necessità”, ossia perché costretti a salvare la vita dei migranti in mare. Cadeva quindi l’accusa di «associazione per delinquere», mentre rimaneva quella per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Su questa tipologia di reato la competenza territoriale era però della Procura di Ragusa, che ha chiuso le indagini a dicembre 2018 senza che ad oggi sia ancora arrivata alcuna richiesta di rinvio a giudizio.

Nel mentre, prosegue anche l’indagine ancora in capo a Catania, definita dalla stampa italiana come «l’inchiesta-madre» sulle Ong che, secondo alcune fonti, sarebbe però vicina all’archiviazione.

A novembre 2018, si è inoltre aggiunto un nuovo filone di inchieste a carico di Medici senza frontiere. La sua nave Aquarius è stata messa sotto sequestro con l’accusa di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, e non di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Poche settimane fa, era stata diffusa la notizia del dissequestro dell’imbarcazione, subito smentita dalla magistratura catanese.

In sostanza, ad oggi le inchieste delle Procure di Catania e Ragusa, che indagano alcune Ong per diverse tipologie di reato, non hanno portato a veri e propri risultati sul piano giudiziario.

Le indagini di Trapani

Il primo filone di inchieste sulle Ong non era tuttavia partito da Catania. A inizio maggio 2017, Panorama aveva infatti anticipato la notizia secondo cui la Procura di Trapani aveva avviato un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico di una non definita Ong, che nei giorni successivi si era ipotizzato essere Medici senza frontiere. In sostanza, un’organizzazione non governativa era sospettata di aver condotto delle operazioni di trasbordo di migranti senza aver ricevuto nessuna richiesta di Sos, in qualche forma di accordo quindi – questo il sospetto – con i trafficanti.

In un’audizione al Senato del 10 maggio 2017 e al Comitato Schengen (un organo parlamentare che controlla l’attuazione dell’omonimo accordo europeo) del 17 maggio 2017, il procuratore di Trapani Antonio Cartosio aveva però subito chiarito due aspetti della vicenda.

Il primo era che le indagini della Procura ipotizzavano «il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina a carico non delle Ong in sé ma – tra le altre – di alcune persone ad esse appartenenti», con i relativi contenuti coperti da segreto istruttorio.

Il secondo aspetto riguardava invece il contesto in cui si sarebbero svolte le operazioni di salvataggio. L’articolo 59 del codice penale avrebbe reso quest’ultime perfettamente legittime sul piano giuridico se condotte in un cosiddetto “stato di necessità”, come abbiamo visto anche nelle indagini della Procura di Catania.

Pochi mesi dopo – il 2 agosto 2017 – la nave “Iuventa” della Ong tedesca Jugend Rettet era stata messa sotto sequestro dalla stessa Procura di Trapani, perché accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Anche in questo caso, l’ipotesi di reato era che non si fossero salvate persone in reale pericolo di vita, ma che fossero state trasbordate in accordo con i trafficanti.

Lo stesso procuratore Cartosio aveva però subito sottolineato che «sostenere che ci sia un piano coordinato tra Ong e trafficanti libici mi sembra fantascienza, anche perché le finalità sono ben diverse». Gli scopi più plausibili sembravano il voler ottenere un ritorno d’immagine e maggiori donazioni economiche. Ma «solo per scopi umanitari, non di lucro», aveva spiegato Cartosio in una conferenza stampa, anche se «queste condotte implicano comunque un reato: quello del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».

Il sequestro della “Iuventa” è stato confermato dalla Cassazione il 24 aprile 2018 e, a più di un anno dall’inizio delle indagini – a luglio dell’anno scorso –, la Procura di Trapani ha anche inviato venti nuovi avvisi di garanzia. A gennaio 2019, invece, ha comunicato agli indagati l’intenzione di procedere ad accertamenti informatici sulle apparecchiature sequestrate nel corso dell’inchiesta per individuare le prove dei presunti contatti tra i trafficanti e l’equipaggio della Jugend Rettet.

Ad oggi, quindi, l’inchiesta giudiziaria sulla Ong tedesca è ancora in corso, ma parallelamente la magistratura ha rilevato un altro aspetto di questa vicenda, in merito al ruolo della Guardia costiera libica. Secondo fonti giornalistiche, quest’ultima sarebbe accusata dagli atti più recenti della Procura di Trapani di essere collusa con i trafficanti di esseri umani.

La fonte delle accuse e il suo rapporto con Salvini

Il problema in questa indagine – e del caso Ong in generale – sembra essere una delle fonti delle accuse rivolte alla Ong tedesca, ossia un ex poliziotto che tra il 2016 e il 2017 ha lavorato come agente di sicurezza a bordo della Vos Hestia, una nave della Ong Save the Children.

In un’intervista con il Fatto Quotidiano dello scorso 27 gennaio, Gallo ha dichiarato di essere stato il primo ad aver denunciato alle Forze dell’ordine e ai servizi segreti alcuni comportamenti ambigui delle Ong, ma che il suo scopo «non era impedire di salvare la gente», e che oggi si vergogna «profondamente» di quanto fatto.

Gallo infatti aveva deciso di passare le informazioni in suo possesso anche a due esponenti politici, Alessandro Di Battista e Matteo Salvini, ma aveva ricevuto una risposta d’interesse soltanto dal leader della Lega. L’attuale ministro dell’Interno aveva inizialmente negato di conoscere Gallo, per poi confermare di averlo sentito telefonicamente a febbraio 2017.

Come spiega Il Post in una ricostruzione della vicenda, restano ancora da chiarire alcune questioni: «Cosa dissero esattamente Gallo e i suoi colleghi a Salvini? Con chi altri si consultarono e cosa dissero loro? Quanto a lungo durarono i contatti e quanta parte del dibattito pubblico fu effettivamente influenzato dalle informazioni che passarono?».

Ricapitolando: ad oggi, la Procura di Trapani sta ancora indagando alcune persone appartenenti alle Ong per accertare se effettivamente abbiano commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sebbene per «fini umanitari» e non economici. Ma come per Catania e Ragusa, non c’è ancora stato un rinvio a giudizio per gli indagati.

Che cos’hanno trovato finora le altre inchieste?

Le indagini di queste tre procure non sono state le uniche condotte nei confronti delle Ong negli ultimi due anni.

A giugno 2018 la Procura di Palermo aveva archiviato le indagini che coinvolgevano le Ong Sea Watch e Proactiva Open Arms, accusate anche in questo caso di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di avere legami con i trafficanti libici.

Secondo i magistrati, le due operazioni di soccorso contestate – una di aprile 2017, l’altra di maggio dello stesso anno – erano avvenute nel rispetto del diritto internazionale, senza violare la legge. In particolare, non erano state trovate prove che dimostrassero una connessione tra i soggetti intervenuti nel corso delle operazioni di salvataggio e i trafficanti libici.

A una conclusione simile era già arrivata più di un anno prima la commissione Difesa del Senato, che il 16 maggio 2017 – mentre le procure siciliane iniziavano le loro indagini – aveva dichiarato di non aver trovato prove sulla complicità tra gli scafisti e le navi che salvano i migranti.

In conclusione

Da oltre due anni, diverse procure siciliane stanno indagando sulle Ong che operano nel Mediterraneo, e sui loro ipotetici legami con i trafficanti di esseri umani in Libia. Ricapitolando: le inchieste ancora attive sembrano essere quelle della Procura di Catania, di Ragusa e di Trapani, come ricordato da Salvini.

Da quel che si sa – perché le indagini sono normalmente coperte dal segreto istruttorio – parrebbe vero che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sia quello contestato a tutti gli indagati. In diverse occasioni le procure hanno però chiarito che, nel caso fosse stato realmente commesso questo reato, ciò sarebbe avvenuto per fini umanitari e non economici.

Questo andrebbe contro la tesi – sostenuta o suggerita da diversi esponenti politici italiani – secondo cui alcune Ong avrebbero una parte in un traffico organizzato in collusione con gli scafisti libici. Come ha sottolineato correttamente il presidente della Camera Fico, a oggi nessuna indagine ha confermato questa ipotesi.