Il 23 ottobre, la Commissione europea ha inviato una lettera in cui chiede all’Italia di presentare una versione «riveduta» (revised) del Documento programmatico di bilancio 2019 – da non confondere con la Legge di bilancio, in arrivo a novembre – inviato una settimana prima dal governo Conte.



Secondo la Commissione, la strategia economica del nostro Paese contenuta nel documento devia sensibilmente dalle indicazioni date dal Consiglio europeo del 13 luglio scorso e dal programma di stabilità presentato dall’Italia ad aprile 2018, quando il governo Conte non si era ancora insediato.



A detta di diversi esponenti europei, questa decisione della Commissione – presentata dai quotidiani italiani come una «bocciatura» – avrebbe un carattere eccezionale. Come riportano un comunicato della stessa Commissione e le dichiarazioni in conferenza stampa del vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, è la prima volta che a un Paese Ue viene chiesto di presentare un Documento programmatico di bilancio «riveduto», senza trattative.



Ma è vero o una cosa simile è già successa in passato? Abbiamo verificato, facendo un po’ d’ordine su quanto accaduto negli ultimi giorni.



Che cosa è successo tra Italia e Commissione europea?



L’annuncio del 23 ottobre è arrivato dopo alcuni giorni di scambi ufficiali. Il 15 ottobre, infatti, l’Italia aveva inviato il proprio Documento programmatico di bilancio alla Commissione europea, che tre giorni dopo aveva risposto con una lettera firmata dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e dal commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici. Il testo chiedeva al nostro Paese chiarimenti in merito alla linea economica proposta dal nuovo governo, ritenuta «fonte di seria preoccupazione» dall’istituzione europea.



Così, il 22 ottobre il ministro Tria ha inviato una risposta di quattro pagine, in cui, tra le altre cose, ha spiegato che la decisione di inserire una previsione di deficit più alta è stata «difficile ma necessaria» e che il governo è consapevole di discostarsi dalle indicazioni europee.



Le rassicurazioni di Tria non hanno però convinto la Commissione europea, che il giorno dopo ha appunto chiesto una versione «riveduta» da presentare entro tre settimane.



Quali norme regolano questo processo?



Le attuali regole sui processi di valutazione dei bilanci degli Stati da parte della Commissione sono recenti. Sono normate infatti dal Regolamento 473 del 2013, intitolato «Sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro».



In sostanza, cinque anni fa – come spiega un comunicato della Commissione europea del 23 ottobre – i Paesi Ue si sono dotati per la prima volta di un processo concordato e comune per la valutazione dei Documenti programmatici di bilancio.



Questa decisione è in linea sia con il Patto di stabilità e crescita sia con il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue): quest’ultimo, spiega il Regolamento stesso, «prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane e che le loro politiche economiche non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria».



Riassumendo: se uno Stato membro dell’Ue presenta un Documento programmatico di bilancio che può essere un rischio per la stabilità della zona Euro, la Commissione europea segnala le sue preoccupazioni e chiede chiarimenti.



Nel caso italiano, le rassicurazioni del governo non sono bastate ed è stato così applicato l’articolo 7 del Regolamento. Al comma 2, infatti, si stabilisce che, di fronte a «un’inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria», la Commissione può richiedere che sia presentato un progetto «riveduto» di Documento programmatico, entro tre settimane dalla data del suo parere.



È questa richiesta di revisione integrale che è atipica. In passato, anche i governi precedenti avevano ricevuto lettere di chiarimenti da parte della Commissione europea sul Documento programmatico di bilancio – considerato un «dialogo fisiologico» dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma in nessuno di questi casi era stato chiesto di presentare una versione rivista del Documento.



L’anno scorso – il 30 ottobre 2017 – il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan aveva risposto con una lettera ai dubbi della Commissione europea, che però non aveva replicato alla lettera di Padoan, come avvenuto con Tria. Un mese dopo, l’istituzione europea aveva espresso il proprio parere sulla Legge di bilancio, affermando che c’era il rischio di non rispettare (risk of non-compliance) gli accordi presi, ma manifestando apprezzamento per le riforme strutturali adottate negli ultimi anni dall’Italia.



Che cosa è successo negli anni passati?



Quanto successo con l’Italia quest’anno è un inedito? Per fare il punto, possiamo basarci sul documento che ogni anno, a novembre, la Commissione pubblica per raccogliere le valutazioni generali (Overall assessment) sui Documenti programmatici di bilancio degli Stati Ue. Il documento – qui la versione dell’anno scorso – spiega se sono state recepite le raccomandazioni fatte nel mese di ottobre.



Quest’anno (testimonia la sezione del sito della Commissione Draft budgetary plans 2019), l’Italia è stata l’unica ad aver ricevuto una lettera (23 ottobre) in cui c’è scritto di presentare entro tre settimane un Documento programmatico di bilancio «riveduto». Altri Paesi – come ad esempio Belgio, Francia e Spagna – hanno ricevuto lettere di chiarimenti dalla Commissione, ma non richieste di revisione.



Nel 2017 (Draft budgetary plans 2018), non ci sono stati casi di Paesi a cui è stata fatta una richiesta simile a quella italiana di quest’anno. Quell’anno, la Grecia non ha dovuto presentare nessun documento programmatico di bilancio, in quanto soggetto al programma di sostegno alla stabilità.



Discorso analogo vale per gli anni 2016 (Draft budgetary plans 2017); 2015 (Draft budgetary plans 2016) con l’aggiunta di Cipro alle stesse condizioni della Grecia; e 2014 (Draft budgetary plans 2015). Anche nel 2013 (Draft budgetary plans 2014) – con Portogallo e Irlanda nella stessa condizione di Grecia e Cipro – a nessun Paese era stato chiesto di presentare una versione modificata del Documento programmatico di bilancio.



In conclusione



Il 23 ottobre, la Commissione europea ha dato tre settimane di tempo all’Italia per presentare una versione modificata del Documento programmatico di bilancio, che rispetti questa volta gli accordi in tema di economia presi in sede europea dal nostro Paese.



Dal 2013 – anno di introduzione del Regolamento europeo sulla valutazione dei documenti programmatici di bilancio – a oggi, questo fatto non era mai avvenuto. In passato, la Commissione aveva sì mandato lettere di chiarimenti a diversi Paesi – come quest’anno alla stessa Italia – ma mai prima, applicando il comma 2 dell’articolo 7 del Regolamento, aveva richiesto una versione riveduta di un Documento programmatico di bilancio, entro tre settimane e senza trattative.