Negli ultimi giorni, è comparsa sui social network un’immagine che mostrerebbe come il nuovo governo stia aumentando il debito pubblico italiano di 238 milioni di euro al giorno.






Questa cifra sarebbe quasi il doppio rispetto a quelle registrate nei governi di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, responsabili – a detta dell’immagine condivisa – di un aumento giornaliero del debito rispettivamente di 130 milioni di euro e di 120 milioni di euro.



La crescita del debito – dice l’immagine – avrebbe conseguenze anche sui mutui, che costerebbero così di più per gli italiani.



Il 12 ottobre, un grafico con dati simili è stato condiviso su Twitter anche da Davide Serra, finanziere italiano vicino all’ex presidente del Consiglio Renzi.



Ma davvero l’aumento del debito è stato così elevato negli ultimi mesi? E che collegamento c’è con i mutui? Abbiamo verificato: e in questa immagine sono parecchie le cose che non tornano.



Il governo Renzi



Il debito pubblico è il debito che le amministrazioni pubbliche hanno verso imprese, cittadini e banche (nazionali e internazionali). Vediamo i numeri sotto i governi di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.



L’ex segretario del Partito Democratico è stato alla guida del Paese dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016, dunque quasi per tre anni. Quanto è cresciuto il debito italiano in questo periodo?



Secondo i dati della Banca d’Italia, a fine febbraio 2014 il debito pubblico ammontava a poco più di 2.107,5 miliardi di euro, mentre a novembre 2016 aveva raggiunto un valore di oltre 2.231,5 miliardi di euro.



Con Renzi a Palazzo Chigi quindi il debito pubblico è cresciuto in totale di circa 124 miliardi di euro, che divisi per i 1.024 giorni di governo corrispondono a circa 120 milioni di euro al giorno, la cifra contenuta dall’immagine.



I governi Berlusconi



Passiamo ora a Silvio Berlusconi, che a differenza dell’ex sindaco di Firenze ha governato per più di una legislatura – formando in totale quattro esecutivi. A quali anni fa dunque riferimento l’immagine condivisa sui social?



L’aumento giornaliero di 130 milioni di euro sarebbe avvenuto – come indica il grafico condiviso da Serra, più preciso – durante i governi Berlusconi II e III, ossia nei cinque anni in cui il leader di Forza Italia è stato a Palazzo Chigi tra il 2001 e il 2005. Si tratta di due governi consecutivi, perché nell’aprile del 2005 ci fu un rimpasto (il governo Berlusconi II è durato dall’11 aprile 2001 al 23 aprile 2005, mentre il Berlusconi III dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006).



Secondo i dati delle serie storiche mensili della Banca d’Italia, a fine marzo 2001 il debito pubblico ammontava a circa 1.336 miliardi di euro, mentre a fine maggio 2006 era di 1.579,5 miliardi di euro. In questo periodo, quindi, il debito è aumentato di circa 243,5 miliardi di euro, che divisi per i 1.801 giorni complessivi di governo corrispondono a un aumento giornaliero di 225 milioni di euro, una cifra molto lontana dai 130 milioni di euro contenuti nell’immagine e nel grafico condiviso da Serra.



Se si guardano però solo i dati dell’esecutivo Berlusconi II – dall’11 aprile 2001 al 23 aprile 2005 – l’aumento giornaliero del debito pubblico è stato in effetti di circa 130 milioni di euro. A fine aprile 2005, infatti, il debito pubblico italiano ammontava a 1.520,5 miliardi di euro, un aumento di 184 miliardi di euro rispetto al momento dell’insediamento.



Insomma, i 130 milioni di euro “tornano” solo se si prende la prima parte dell’esperienza di governo di Berlusconi nel 2001-2005, senza arrivare al 2006.



Per completezza, vediamo anche come sono andate le cose durante l’esecutivo Berlusconi IV – durato dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. In quel periodo, l’aumento giornaliero del debito pubblico è stato maggiore di quello appena visto. Ancora in base ai dati della Banca d’Italia, risulta infatti che in quei 1.287 giorni di governo il debito era cresciuto di circa 253 miliardi di euro (passando da circa 1.663 miliardi di euro – aprile 2008 – a circa 1.916 miliardi di euro – ottobre 2011). Una crescita giornaliera pari a oltre 195 milioni di euro.



Come è cambiato il debito pubblico italiano con il governo Conte?



Passiamo ora all’analisi del nuovo governo, nato da un accordo tra Lega e Movimento Cinque Stelle ed entrato in carica l’1 giugno 2018.



A fine maggio – secondo i dati più aggiornati della Banca d’Italia – il debito pubblico italiano ammontava a circa 2.327,7 miliardi di euro, mentre a fine agosto – ultima rilevazione ufficiale disponibile – il suo valore era di 2.326,5 miliardi di euro: in calo quindi di circa un miliardo di euro, non in aumento.



C’è un modo, però, per far tornare i conti. Se si prendono in considerazione solo i dati relativi ai mesi di giugno e luglio, il debito era aumentato di oltre 14 miliardi di euro – per un valore record di 2.341 miliardi di euro –, che divisi per 60 giorni corrispondono a un aumento giornaliero di circa 238 milioni di euro – la stessa cifra contenuta nell’immagine in analisi.



Al momento, non sono disponibili i dati per i mesi di settembre e ottobre 2018. La stima dell’aumento giornaliero è dunque parziale – possibile solo su tre mesi, al massimo – e ancora prematura per poter identificare le cause e le responsabilità del nuovo esecutivo.



Inoltre, non ci sono molti motivi per limitare il conto soltanto ai mesi di giugno e luglio, visto che agosto è già disponibile. E più in generale, il confronto è tra circa 1.800 giorni di governo Berlusconi, circa 1.000 di governo Renzi e appena un centinaio di governo Conte. Il rischio di avere una prospettiva distorta, come si capisce, è molto alto.



Che rapporto c’è tra l’aumento del debito pubblico e i mutui?



Come abbiamo già visto più nel dettaglio in una nostra analisi, non esiste un rapporto diretto tra gli indicatori legati all’andamento del debito pubblico e i mutui.



Prendiamo per esempio in considerazione lo spread, ossia la differenza tra il rendimento dei buoni del tesoro poliennali italiani (Btp) con scadenza a 10 anni e i corrispettivi Bund tedeschi. È vero che all’aumentare dello spread – indice di un potenziale aumento del debito pubblico per l’aumento della spesa per interessi sui titoli di Stato – aumenta anche il costo dei mutui?



In realtà, il rapporto causale che lega questi due elementi non è diretto come si evince dall’immagine, ma indiretto. Vediamo perché.



La banche di solito propongono due tipologie fondamentali di mutui, a seconda del tipo dei tassi di interesse con cui prestano i soldi ai loro clienti. I mutui “a tasso fisso” restano sempre uguali per tutta la durata del contratto. I mutui “a tasso variabile” invece “variano” a seconda delle oscillazioni di un particolare indice.



Quest’ultimo si chiama Euribor (acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate, ossia tasso interbancario di offerta in euro) e rappresenta la media dei tassi di interesse che le banche europee usano per i depositi interbancari, ossia quelli fatti tra le varie banche.



I valori recenti di questo indice non sono cambiati di molto rispetto a inizio anno: i tassi Euribor a 3 mesi (Euribor 3M), per esempio, avevano un valore di -0,329 un anno fa, contro quello attuale di -0,318.



Manca dunque una correlazione diretta tra i costi dei mutui a tasso variabile – rimasti abbastanza stabili perché “agganciati” a Euribor – e l’andamento dello spread, che invece è stato molto altalenante. Discorso analogo vale per il debito pubblico, che come abbiamo visto è calato tra giugno e agosto.



Ma un’assenza di correlazione tra spread, aumento del debito pubblico e mutui basta a giustificare l’affermazione secondo cui i secondi sono del tutto indipendenti dall’andamento dei primi due? In realtà, non è proprio così, e la risposta sta proprio nel funzionamento di Euribor.



Uno dei fattori principali che influenza l’andamento di questo indice è la fiducia reciproca dei mercati e delle banche. Se queste, ad esempio, si fidano meno a prestarsi soldi tra loro, i tassi di interesse che applicano tra loro aumenterà e, di riflesso, l’indice Euribor.



Uno degli indicatori da considerare per misurare quel grado di fiducia è lo spread. In un crescente clima di sfiducia finanziaria – causato anche dal continuo aumento di un debito pubblico, già enorme come quello italiano se rapportato al Pil – le banche italiane, per finanziarsi, dovranno prendere contromisure, ad esempio aumentando i tassi di interesse delle loro obbligazioni (anche se dall’insediamento del nuovo governo le banche italiane ne hanno emesse assai poche).



In più, se lo spread aumenta, e di conseguenza cala il prezzo dei titoli di Stato, diminuisce così il valore dei titoli di Stato italiano che le banche possono scrivere nei propri bilanci.



Queste maggiori difficoltà degli istituti bancari nel finanziarsi sui mercati si possono così riflettere sui tassi di interessi con cui prestano i soldi ai loro clienti e, di conseguenza, sui tassi dei mutui, con un aumento del costo di quest’ultimi.



In conclusione



Secondo un’immagine condivisa su Facebook, con il nuovo esecutivo a guida Lega-M5S il debito pubblico italiano starebbe aumentando di 238 milioni di euro al giorno, causando anche l’aumento del costo dei mutui. Questa cifra sarebbe anche superiore – quasi il doppio – della crescita del debito pubblico sotto i governi Berlusconi e Renzi.



Come abbiamo visto, i dati su questi due ultimi ex presidenti del Consiglio sono parzialmente corretti. Durante il governo Berlusconi II (ma non durante i governi Berlusconi III e IV), si è registrato un aumento giornaliero del debito pubblico di circa 130 milioni di euro, mentre con Renzi questo è ammontato a circa 120 milioni di euro, come indicato nell’immagine.



Discorso diverso vale per l’attuale esecutivo. L’aumento giornaliero del debito pubblico di 238 milioni di euro si è registrato nei due mesi di giugno e luglio, mentre a fine agosto il debito è risultato essere addirittura inferiore rispetto alle rilevazioni di fine maggio.



Anche il collegamento diretto tra aumento del debito e costo dei mutui è parzialmente impreciso. Non è vero che all’aumentare del debito pubblico crescono automaticamente i tassi di interesse con cui le banche concedono mutui, ma esiste comunque un collegamento indiretto tra questi due elementi.



Al continuo aumentare del debito pubblico, infatti, e della conseguente sfiducia degli investitori – registrata, ad esempio, dall’andamento dello spread – possono corrispondere maggiori difficoltà per le banche di finanziarsi, con possibili effetti sui costi dei mutui a tasso fisso futuri e di quelli a tasso variabile anche già in corso.