La riforma del processo penale, accanto a quella del processo civile e altre ancora, fa parte del pacchetto di provvedimenti in materia di giustizia previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato con risorse europee e pensato per far fronte alla crisi causata dalla Covid-19.
In una recente analisi abbiamo affrontato nel dettaglio le misure contenute nella legge delega approvata dal Parlamento in materia di riforma del processo civile, che ha l’ambizioso obiettivo di ridurre i tempi dei giudizi del 40 per cento.
In questa analisi ci occuperemo invece delle novità in materia di processo penale. La legge delega pone qui un obiettivo quantitativamente meno ambizioso – la riduzione dei tempi a cui si punta è del 25 per cento – ma, tra gli altri interventi approvati, ce ne sono alcuni che affrontano diversi temi divisivi per il mondo della politica e sono stati motivo di scontro tra i partiti.
– Leggi anche: Giustizia civile: così la riforma punta a ridurre i tempi del 40 per cento
Che cosa è stato fatto
In materia di riforma del processo penale, la legge delega – cioè una legge approvata dal Parlamento che fissa i criteri generali a cui deve attenersi il governo nell’emanare i decreti-legislativi, cioè gli atti con cui viene declinata in concreto la delega stessa – è contenuta nella legge n.134/2021, entrata in vigore il 27 settembre di quest’anno, dopo essere stata approvata dalla Camera il 3 agosto e dal Senato il 23 settembre.
Questa legge si compone di due articoli: l’articolo 1 contiene una serie di deleghe al governo, che dovranno essere esercitate entro un anno dall’entrata in vigore della legge; l’articolo 2 contiene alcune modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, immediatamente operative.
Vediamo per prima cosa il contenuto della legge delega.
La legge delega
Precisiamo che questa legge delega nasce dalla modifica, avvenuta con alcuni emendamenti depositati dal governo Draghi (la cosiddetta “riforma Cartabia”), del disegno di legge delega presentato dal governo Conte II a marzo 2020. I principi generali che vengono fissati dal Parlamento, e a cui il governo si dovrà attenere nell’emanazione dei decreti-legislativi, toccano numerosi temi.
La durata massima delle indagini preliminari dovrà essere rimodulata tenendo conto della gravità del reato in questione, si dovranno ridurre i momenti di stasi in fase di conclusione delle indagini (aumentando le garanzie per l’indagato) e ridurre le udienze preliminari favorendo la citazione diretta in giudizio. Una importante novità, poi, è che la priorità con cui perseguire i reati – finora inesistente – verrà individuata dagli uffici del pubblico ministero nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del Parlamento.
I riti alternativi – come ad esempio il patteggiamento e il giudizio abbreviato – dovranno essere estesi e incentivati. La fase del dibattimento, il cuore del processo, dovrà essere velocizzata, con termini più stringenti e con maggiore certezza delle tempistiche.
Anche per quanto riguarda le impugnazioni – cioè i modi con cui si chiede al giudice di eliminare o modificare una sentenza o un provvedimento – si prevedono numerose novità. Ad esempio, il governo viene delegato a estendere l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento e di non luogo a procedere relative a reati non gravi, a estendere il ricorso al concordato sui motivi in appello e a prevedere l’inammissibilità dell’appello se i motivi non sono sufficientemente specifici. Per quanto riguarda i ricorsi in Cassazione, la delega prevede che la trattazione dei ricorsi avvenga di norma per iscritto, senza l’intervento dei difensori, anche se resterà possibile per le parti richiedere la discussione orale.
La riduzione del numero dei processi sarà favorita anche da un aumento dei reati perseguibili solo in caso di denuncia, quindi non per iniziativa autonoma del pubblico ministero, dal potenziamento degli istituti della non punibilità per tenuità del fatto e della messa alla prova e dall’ampliamento delle sanzioni sostitutivi delle pene detentive brevi.
Un altro punto su cui il governo dovrà intervenire è favorire una maggior digitalizzazione del processo penale. Per esempio viene fissato il principio della obbligatorietà dell’utilizzo di modalità digitali tanto per il deposito di atti e documenti quanto per le comunicazioni e notificazioni. La modalità non digitale dovrà dunque diventare un’eccezione.
Le misure immediatamente efficaci
Le misure immediatamente efficaci contenute nella legge 134/2021 intervengono in particolare sul tema della prescrizione, uno strumento che fa estinguere un reato dopo un determinato periodo di tempo. Questo è stato uno degli argomenti che ha suscitato maggiori tensioni tra le forze politiche.
Viene confermata, seppure con alcune eccezioni, la regola introdotta nel 2019 dalla cosiddetta “legge Spazzacorrotti” (legge n. 3/2019). Questa norma aveva stabilito che il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna.
Ma nel codice di procedura penale viene ora introdotto l’istituto della “improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione”. In concreto, si prevede che l’appello non possa durare più di due anni e il giudizio in Cassazione più di un anno. Se i termini vengono superati, il processo si estingue e viene dichiarata l’improcedibilità dell’azione penale. Questi termini sono prorogabili dal giudice, illimitatamente per i reati più gravi come mafia e terrorismo, con alcuni limiti per i reati meno gravi. I termini non valgono poi per i reati puniti con l’ergastolo o se l’imputato vi rinuncia.
Queste norme si applicheranno per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020.
Che cosa resta da fare
Fatta questa panoramica generale – per il dettaglio di tutte le misure rinviamo al dossier del servizio studi della Camera – accenniamo a quali sono i prossimi passaggi, sulla base di quanto previsto dal Pnrr. La legge delega era solo un primo traguardo, da raggiungere entro la fine del 2021.
Entro la fine del 2022 dovranno essere emanati i decreti legislativi, che attuano la delega che ha ricevuto il governo (in base alla legge delega, in realtà, il governo avrà tempo fino a fine settembre 2022). Entro la metà del 2023 dovranno poi essere emanati anche i regolamenti e gli altri atti necessari per dare piena attuazione alla riforma del processo penale. Entro la metà del 2026 si dovrà quindi raggiungere l’obiettivo, di cui abbiamo detto all’inizio, di una riduzione dei tempi dei processi penali pari al 25 per cento (rispetto al 2019).
Il dibattito politico
Il dibattito politico si è concentrato in particolare sul tema della prescrizione. Il M5s ha presentato il compromesso finale – dove sono state accolte alcune delle sue richieste – come una propria vittoria, sostenendo di aver salvato la sostanza della riforma Bonafede (quella che aveva previsto l’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado).
Il centrodestra invece ha parlato della riforma del processo penale come di un «colpo di spugna» sulla precedente riforma Bonafede, con probabile riferimento all’introduzione della “improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione”.
Qualche malumore si è registrato anche tra Partito democrativo e Italia viva, in particolare su alcuni ordini del giorno che hanno accompagnato la riforma (ma, ricordiamo, che non hanno valore giuridico).
Per tenere compatta la maggioranza il governo ha comunque dovuto chiedere la fiducia sia alla Camera il 2 agosto 2021, sia al Senato il 22 settembre, per entrambi gli articoli di cui è composta la legge delega. Hanno votato contro solamente Fratelli d’Italia e gli ex M5s appartenenti ora al gruppo Misto.
Secondo Fdi, il governo Draghi ha sbagliato a mantenere come testo base la riforma Bonafede, creando così un ibrido confuso e contraddittorio. In particolare, nel suo intervento in aula del 1° agosto 2021, il deputato Ciro Maschio ha messo il dito sia sui mal di pancia del M5s nell’accettare un depotenziamento della riforma Bonafede sulla prescrizione, sia su quelli di Lega e Forza Italia nel dover accettare le concessioni fatte al M5s.
Ma non è solo la prescrizione ad aver scontentato Fdi. Altri motivi di critica – citati, tra gli altri, dalla deputata Ylenja Lucaselli – sono l’indebolimento dell’obbligatorietà dell’azione penale (come visto, ora il Pm fisserà delle priorità in base a dei criteri stabiliti per legge dal Parlamento, e non perseguirà, almeno teoricamente, tutti i reati in egual modo), il conseguente rischio di una giustizia disomogenea territorialmente e l’effetto «svuota carceri» che avrebbero alcune norme in materia di incentivo alle pene alternative alla detenzione.
In conclusione
La riforma del processo penale è una delle riforme della giustizia contemplate nel Pnrr. A settembre 2021 è stata approvata una legge che contiene le deleghe al governo (primo traguardo fissato dal Pnrr) per modificare in misura sostanziale la disciplina del processo penale, ma anche alcune disposizioni immediatamente efficaci che riguardano in particolare la prescrizione.
Su queste, considerato che il tema era una delle bandiere del M5s e che il centrodestra – in particolare Forza Italia, ma non solo – portavano avanti istanze opposte, si è concentrato in particolar modo il dibattito politico. Il governo ha quindi messo la fiducia, sia al Senato sia alla Camera, per portare a termine la riforma in tempi rapidi.
Il compromesso trovato ha comunque soddisfatto i partiti della maggioranza. Resta sostanzialmente in vigore la riforma Bonafede, che interrompe la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, ma viene introdotto il correttivo dell’improcedibilità in appello o Cassazione se vengono sforati determinati termini, che variano a seconda della gravità dei reati. Contraria Fratelli d’Italia, che oltre a criticare quel che rimane dell’impianto della riforma Bonafede sulla prescrizione, non condivide – tra gli altri – i provvedimenti sulla priorità dei reati da perseguire e quelli sull’incentivo alle pene alternative al carcere.
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