Da alcuni giorni la Lega sta spingendo molto sulla richiesta di usare nelle scuole i test salivari per il coronavirus, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico. Ma i dettagli del piano, al momento, restano piuttosto confusi, anche per quanto riguarda la sua reale fattibilità.
La proposta leghista è stata sintetizzata il 25 agosto dal segretario del partito, Matteo Salvini, ospite ad Agorà Estate su Rai 3. L’ex ministro dell’Interno ha elogiato (min. 6:25) i due assessori della Regione Marche – Filippo Saltamartini (Sanità) e Giorgia Latini (Istruzione), entrambi della Lega – per l’acquisto di 500 mila test salivari «per gli alunni e gli insegnanti, per la riapertura delle scuole».
Secondo Salvini, questa è la «soluzione più intelligente, che non obbliga nessuno a far niente e che controlla chiunque entri a scuola la mattina, bloccando subito eventuali focolai». Il leader della Lega ha poi dichiarato di voler proporre la soluzione dei «test salivari gratuiti» a livello nazionale, aggiungendo (min. 13:10) che «hanno un’attendibilità del 98 per cento».
Altri esponenti della Lega, come il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso e la già citata assessora Latini, stanno promuovendo un maggiore ricorso ai test salivari, come valida alternativa alla vaccinazione o agli altri test disponibili.
Messa nei termini appena visti, la proposta di Salvini e della Lega sembra però parecchio confusa: non è chiaro a quali test salivari si faccia riferimento e non è chiaro qual è l’utilizzo che se ne vuole realmente fare per le scuole.
Che cosa sono i test salivari
Partiamo innanzitutto dall’oggetto del contendere: i cosiddetti “test salivari”. Come suggerisce il nome, questi test sono utilizzati per determinare la positività di una persona al coronavirus attraverso l’analisi della sua saliva. Ma ne esistono di molti tipi, a seconda della tecnica utilizzata, e da mesi si parla della possibilità di usarli in modo più ampio, ad esempio nelle scuole. Già ad aprile scorso un servizio dell’Aria che tira su La7 raccontava un progetto pilota condotto in un istituto di Bollate, in Lombardia.
Come ha riassunto a maggio scorso il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) in un rapporto tecnico (al momento il loro più aggiornato), la saliva può essere raccolta in diversi modi – meno invasivi rispetto ai tamponi naso-faringei – per esempio tramite lo sputo, la tosse e la bocca. In secondo luogo, i campioni raccolti possono essere analizzati con metodologie diverse: con la Reverse transcriptase-polymerase chain reaction (Rt-Pcr), la tecnica considerata più affidabile di tutte, che abbiamo imparato a conoscere con i tamponi molecolari naso-faringei; con la tecnica Rt-Lamp, più rapida della Rt-Pcr; con la ricerca degli antigeni, metodo utilizzato per i più comunemente noti “test antigenici” o “test rapidi”; e infine con la ricerca degli anticorpi, simile a quanto avviene per i test sierologici.
In breve, nei “test salivari”cambia anzitutto la modalità di raccolta dei campioni, ma resta identica la necessità di analizzarli, che può richiedere anche molto tempo. Come vedremo, le due modalità che ci interessano di più sono i test salivari molecolari e quelli antigenici.
Quanto sono affidabili?
Come ha sottolineato l’Ecdc, analizzando la letteratura scientifica sul tema, queste modalità di analisi della saliva hanno diversi gradi di affidabilità nell’individuare correttamente la positività di una persona al coronavirus (quella che in gergo tecnico viene chiamata “sensibilità” di un test).
In base alle evidenze raccolte da diversi studi, i test salivari che usano la tecnica molecolare (la Rt-Pcr) hanno una sensibilità abbastanza vicina a quella degli ormai famosi tamponi molecolari, che sono in grado di inviduare un contagio nel 98 per cento circa dei casi. I salivari molecolari hanno, rispetto agli antigenici, lo svantaggio che l’analisi del campione richiede macchinari adatti, dunque un luogo come un laboratorio, con il principale vantaggio che la saliva può essere raccolta senza l’aiuto di un operatore sanitario.
Insomma, per avere un test salivare con una validità del 98 per cento bisogna poi mandare il campione in laboratorio o in un luogo con gli strumenti necessari per processare i risultati: e già questo esclude la possibilità di poterli fare in massa a scuola, ogni mattina, e avere l’esito nell’arco di pochi minuti.
Discorso diverso vale invece per gli altri metodi, come quello antigenico, con cui si possono analizzare in poco tempo i risultati, anche in maniera autonoma. I salivari antigenici hanno finora mostrato percentuali di sensibilità molto più basse dei salivari molecolari, come hanno evidenziato anche studi usciti nelle ultime settimane.
Secondo l’Ecdc, che da maggio non ha ancora aggiornato le sue direttive in proposito, i test salivari molecolari possono essere un’alternativa a quelli nasali nei casi in cui quest’ultimi non possano essere utilizzati (si pensi a soggetti anziani o disabili). Nei soggetti sintomatici, la raccomandazione è comunque quella di usarli entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi.
Per quanto riguarda i soggetti asintomatici, i test salivari molecolari possono essere utili per soggetti che vanno sottoposti a screening ripetuti per motivi professionali (si pensi a pazienti di una struttura sanitaria) in modo da aumentarne l’accettabilità. L’Ecdc ha anche aggiunto che i test salivari molecolari possono essere utili per i bambini, per cui è più difficile fare un tampone nasale, sottolineando però che in letteratura i dati sulla sensibilità dei test in questa fascia della popolazione arrivavano al massimo intorno al 70 per cento. Le indicazioni dell’Ecdc sono state poi recepite anche da una circolare del 14 maggio 2021 del Ministero della Salute, che come vedremo tra poco viene spesso citata da alcuni esponenti leghisti.
Ricapitolando: quando Salvini parla di «test salivari» con un’«attendibilità del 98 per cento», cita un dato corretto? Dipende a che cosa fa riferimento: ha quasi ragione se si considerano i test salivari molecolari, ha torto invece se si considerano quelli antigenici. In tv il leader della Lega non ha specificato se pensa ai molecolari o agli antigenici, ma ha citato un esempio preciso: quello delle Marche. Vediamo nello specifico quali test salivari sta acquistando questa regione.
Quali test saranno usati nelle Marche?
Il 25 agosto l’assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini ha dichiarato (min. 0:52) alla stampa locale che la procedura di acquisto di 500 mila test salivari «è in via di conclusione», senza specificare di quale tipologia di salivari si tratta. Nei giorni precedenti, fonti stampa locali hanno parlato dell’acquisto di «tamponi salivari antigenici», citando Saltamartini, mentre il 26 agosto l’assessora Giorgia Latini, in un’intervista al Corriere Adriatico, ha parlato di «test salivari molecolari rapidi», un’espressione che non è ben chiaro a che cosa si riferisca.
Abbiamo più volte contattato la Regione Marche e l’assessorato alla Sanità per sapere quali test salivari stia acquistando, ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo ancora in attesa di una risposta.
Un ulteriore elemento di confusione l’ha aggiunto lo stesso Saltamartini, nell’annuncio dato alla stampa il 25 agosto sull’acquisto dei 500 mila test. In quell’occasione l’assessore ha fatto riferimento ai test salivari già utilizzati da Marche Nord, una delle aziende ospedaliere della regione. A metà luglio Marche Nord aveva infatti annunciato di aver iniziato a utilizzare dei «tamponi molecolari salivari», descritti come una sorta di “lecca-lecca”, meno invasivi dei tamponi naso-faringei. In un’intervista televisiva la direttrice generale di Marche Nord Maria Capalbo aveva spiegato (min. 0:52) che il tampone andava tenuto in bocca per un minuto, dopo averlo strisciato sui denti, per poi essere messo in una provetta. Il vantaggio, secondo Capalbo, era che questo tampone «è meno invasivo» e ha un’«affidabilità del 98 per cento», ed «è indicato per quei lavoratori che devono essere sottoposti a screening ripetutamente».
Nel video dell’intervista veniva mostrato anche il tipo di test salivare utilizzato da Marche Nord: il Self-LolliSponge, prodotto da Copan, un’azienda di Brescia. Si tratta di un tampone che, come spiega Copan, permette di raccogliere la saliva e analizzarla con la tecnica Rt-Pcr (la brochure del test non specifica con precisione però quale sia la specificità del test). Dove? In un luogo dove si hanno a disposizione i reagenti necessari, come un laboratorio.
La stessa Capalbo, nell’intervista di luglio, aveva chiarito che non c’era differenza con i molecolari “classici” per quanto riguarda l’analisi del campione raccolto con il test salivare in questione. E anche l’assessore Saltamartini, nell’annuncio del 25 agosto, ha dichiarato che nella Conferenza Stato-Regioni – l’organismo in cui dialogano il governo centrale e quelli regionali – «si sta discutendo di affidare i salivari alle famiglie in modo tale che i bambini possano già fare il prelievo della saliva prima di arrivare a scuola» e «si sta poi discutendo su chi è che deve processare il tampone, quindi verificare se questi tamponi potranno essere consegnati alle farmacie piuttosto che ai distretti, piuttosto che agli ospedali o alle strutture sanitarie del servizio sanitario regionale».
Ricapitolando: non è chiaro quali test salivari stia acquistando la Regione Marche, se quelli molecolari, considerati più affidabili ma che richiedono più tempo per essere analizzati, o quelli antigenici, meno affidabili ma più veloci.
Qui subentra l’altro nodo irrisolto della proposta avanzata da Salvini: qual è davvero il piano della Lega sui salivari nelle scuole? Qui le ipotesi sono tre.
Che cosa vuole davvero la Lega con i salivari nelle scuole?
La prima è quella avanzata da Salvini in tv: usare «test salivari gratuiti» per controllare «chiunque entri a scuola la mattina, bloccando subito eventuali focolai». Questa soluzione è evidentemente impraticabile (al netto del fatto che la gratuità potrebbe disincentivare le vaccinazioni o il ricorso ad altri test a pagamento). Nelle Marche ci sono circa 180 mila studenti: eseguire test salivari ogni due o tre giorni richiederebbe uno sforzo troppo grande (i 500 mila acquistati dalla Marche basterebbero per una settimana) e i risultati dei test, come abbiamo visto prima e come ha suggerito Saltamartini, non sarebbero immediati. Senza contare poi gli insegnanti e il personale scolastico, che fa parte di «chiunque entra a scuola la mattina». Se Salvini fa invece riferimento a test salivari antigenici, come abbiamo visto in precedenza, è vero che questi possono dare un risultato in pochi minuti, ma non hanno un’affidabilità del «98 per cento». E in ogni caso ne servirebbero milioni ogni giorno per gli studenti e gli insegnanti di tutte le scuole italiane.
Una seconda ipotesi sul piano della Lega è quella avanzata da Saltamartini, non solo il 25 agosto, ma anche nei giorni precedenti: usare i test salivari per lo screening dei contatti di un soggetto positivo a scuola, per ridurre il numero di studenti da mettere in quarantena, con le lezioni a distanza. Il 26 agosto, in un’intervista con Il Resto del Carlino, Saltamartini ha ribadito questa idea, dicendo che l’uso dei test salivari – senza specificare di quale tipo – «ci consentirà di circoscrivere i focolai all’interno delle scuole per far sì che in quarantena siano messe le persone positive e non tutti gli studenti che sono venuti a contatto con i positivi». Alla luce di quanto detto finora, questa ipotesi sembra la più plausibile. Altre regioni, come il Veneto, hanno annunciato il progetto di somministrare i test salivari molecolari a campione, in alcune scuole, per tenere sotto controllo la diffusione del contagio, un’idea alla base anche di un progetto dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che vuole fare uno screening di circa 110 mila studenti ogni mese, nella fascia tra i 6 e i 14 anni.
Una terza e ultima ipotesi è quella difesa dall’assessora Latini, che il 25 agosto, insieme a Saltamartini, ha incontrato i rappresentanti di presidi e docenti contrari all’obbligo del green pass per andare a scuola da settembre. Nella già citata intervista al Corriere Adriatico del 26 agosto, Latini ha chiesto che i risultati dei «test salivari» siano ritenuti validi per avere il green pass, che al momento si ottiene con la negatività di un tampone molecolare o di un antigenico (oltre che con il vaccino e la guarigione dalla Covid-19). Anche qui però Latini sembra fare un po’ di confusione, perché parla di un’«attendibilità del 98 per cento» riconosciuta dallo stesso «ministero». In realtà, come abbiamo visto prima, a maggio scorso il Ministero della Salute ha riconosciuto come valida alternativa ai tamponi molecolari naso-faringei quelli molecolari salivari, e non quelli antigenici. Tra l’altro, alcuni laboratori privati già vendono il servizio di tampone molecolare salivare, con conseguente ottenimento del green pass (mentre per quello antigenico specificano che il green pass non viene riconosciuto). Se Latini fa riferimento agli antigenici, è vero che non sono validi per il green pass, ma non è vero che hanno un’attendibilità del 98 per cento.
Abbiamo contattato il Ministero della Salute per avere una conferma in merito ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo ancora in attesa di una risposta.
In conclusione
Da giorni diversi esponenti della Lega stanno promuovendo un uso più massiccio dei test salivari nelle scuole, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico. Secondo Matteo Salvini, i test di questo tipo sarebbero la «soluzione più intelligente», rispetto all’obbligo del green pass, perché hanno un’«attendibilità del 98 per cento» e permettono di controllare «chiunque entri a scuola la mattina, bloccando subito eventuali focolai». Il leader della Lega ha anche invitato a seguire l’esempio della Regione Marche, che sta completando l’acquisto di circa 500 mila test salivari per la scuola.
Messa in questi termini – e in quelli promossi da altri politici leghisti – la proposta sembra parecchio confusa.
Innanzitutto, esistono due tipi di test salivari. I più affidabili sono i salivari molecolari: utilizzano la tecnica Rt-Pcr e hanno una sensibilità vicina ai tamponi naso-faringei molecolari. I test salivari antigenici, che danno i risultati in poco tempo, sono invece meno attendibili.
Non è chiaro a quali test salivari faccia riferimento Salvini nella sua proposta, e non è nemmeno chiaro quali test salivari stia acquistando la Regione Marche. Dalle dichiarazioni dell’assessore Filippo Saltamartini è molto probabile che l’acquisto riguardi i test salivari molecolari, da far fare in famiglia ai bambini per poi essere analizzati in luoghi appositi, in modo da sottoporre a screening gli studenti con un contatto con un positivo.
Anche questa strada non è però certa. La proposta di Salvini, impraticabile, sembra essere quella di sottoporre ripetutamente sotto test salivari la popolazione scolare italiana. C’è infine la proposta di Latini, che è quella di equiparare i test salivari ai molecolari naso-faringei e agli antigenici rapidi. Anche qui, però, le cose cambiano a seconda che si parli dei salivari molecolari o di quelli antigenici.
In conclusione, la proposta della Lega sembra essere tutto fuorché chiara. Abbiamo contattato più volte la Regione Marche e gli assessorati competenti per avere chiarimenti in merito, ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo ancora in attesa di risposta.
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