Gran parte del panorama politico italiano ha reagito con forte indignazione alla notizia della scarcerazione di Giovanni Brusca, ex boss mafioso, pentito, responsabile di numerosi omicidi nonché colui che nel 1992 fece esplodere la bomba di Capaci che uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta.
Arrestato nel 1996, Brusca è uscito di prigione il 31 maggio 2021, 64enne, dopo 25 anni di reclusione grazie alla legge sui collaboratori di giustizia (decreto legge n. 8 del 15 gennaio 1991, convertito, con modificazioni dalla legge n .82 del 15 marzo 1991) che consente alcuni benefici e premi ai pentiti.
Proprio la sorella di Giovanni Falcone, Maria Falcone, ha commentato la scarcerazione di Brusca ricordando la legge: «Umanamente è una notizia che mi addolora, però questa è la legge, che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata».
Non altrettanto razionali e pacate, come anticipato, le reazioni di numerosi politici. Vediamo qualche esempio.
La politica si indigna
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, su Twitter ha commentato in diversi post la scarcerazione di Brusca, sostenendo che «non è questa la “giustizia” che gli Italiani si meritano» o, citando Rita Dalla Chiesa (figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa), chiedendosi polemicamente «che cosa deve fare uno di più in Italia per avere l’ergastolo?». La risposta alla domanda è “non aver collaborato con la giustizia”, con qualche precisazione, ma ci torneremo dopo.
Paola Taverna, senatrice del Movimento 5 stelle, ha invece commentato così su Twitter: «La scarcerazione di Brusca riapre una ferita dolorosa per tutto il Paese. Una vergogna senza pari, un insulto alla memoria di chi è caduto per difendere lo Stato. Serve subito una nuova legge sull’ergastolo ostativo». L’ergastolo ostativo – di cui hanno parlato anche diversi altri esponenti pentastellati e che è stato oggetto di una recente decisione della Corte Costituzionale – con la scarcerazione di Brusca non c’entra nulla, ma anche su questo torneremo più avanti.
Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, ha dichiarato che «è impossibile credere che un criminale come Brusca possa meritare qualsiasi beneficio. La sua uscita dal carcere fa venire i brividi. Questa non è giustizia giusta».
Anche nel Pd ci sono state prese di posizione su questa stessa falsariga, ad esempio il senatore Antonio Misiani ha scritto su Facebook: «Una vergogna. Non c’è altro modo per definire una notizia come questa (…). La libertà va meritata. Se questa è la legge, la legge va cambiata».
La maggior parte dei commenti dal Pd tuttavia – dal segretario Enrico Letta in giù, come vedremo tra poco – ha bilanciato lo shock causato dalla scarcerazione con la bontà della legge sui pentiti.
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha parlato di «orrore» e ha rilanciato alcune parole di Rita Dalla Chiesa (diverse da quelle citate da Salvini) che parla di «vergogna di Stato».
Voci fuori dal coro
Alcuni politici – soprattutto di Pd e Italia Viva, ma non solo – hanno tenuto una linea meno emotiva, molto spesso facendo tesoro delle parole di Maria Falcone.
Vediamo alcuni esempi.
Come detto, Enrico Letta ha parlato della scarcerazione di Brusca come di un «pugno nello stomaco» ma ha allo stesso tempo ricordato le parole di Maria Falcone («La sorella di Falcone ricorda a tutti che quella legge applicata oggi l’ha voluta anche suo fratello, che ha consentito tanti arresti e di scardinare le attività mafiose»). Stessa posizione espressa anche da molti altri esponenti del partito, come il senatore Franco Mirabelli o l’eurodeputata Patrizia Toia.
Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, ha ricordato le parole di Maria Falcone – come lui anche, ad esempio, i colleghi di partito Gennaro Migliore e Catello Vitiello – e ha sostenuto che «un sistema premiale per i mafiosi che collaborano in carcere deve esistere».
Nel M5s diversi esponenti (ad esempio gli onorevoli Davide Aiello e Cosimo Adelizzi) hanno riconosciuto che non è uno scandalo che in base alla legge Brusca torni libero, ma hanno legato la questione alla battaglia sull’ergastolo ostativo, su cui torneremo tra poco.
In Forza Italia una posizione leggermente più sfumata rispetto a quella di Tajani è stata espressa da Annamaria Bernini, che ha riconosciuto che la scarcerazione è avvenuta in base alla legge – di nuovo viene citata Maria Falcone – ma allo stesso tempo ha criticato il legislatore che quella legge ha prodotto.
Anche in Fratelli d’Italia, dove le condanne dell’avvenuto sono spesso state molto dure, la deputata Wanda Ferro ha precisato la propria posizione, riconoscendo da un lato che «l’impianto normativo sui pentiti, nato su impulso di Giovanni Falcone, ha dato ai magistrati uno strumento straordinariamente efficace nella lotta alla mafia, e non va messo in discussione» ma allo stesso tempo criticando la scelta della magistratura: «Far tornare in libertà un mafioso del calibro di Giovanni Brusca, responsabile di oltre centocinquanta efferati delitti, senza che abbia dato un contributo pieno alla ricostruzione delle pagine più drammatiche della storia della nostra Nazione, è una nuova offesa alle sue vittime».
Nella Lega, infine, non ci risultano posizioni diverse da quelle del segretario, che sostanzialmente chiede di cambiare la legge che ha portato alla scarcerazione di Brusca (ma, avendo le leggi penali solo effetto per il futuro e non retroattivo, l’eventuale modifica non si applicherebbe comunque al caso in questione).
E l’ergastolo ostativo?
Giovanni Brusca, come detto, è stato scarcerato in quanto collaboratore di giustizia che dopo 25 anni di carcere ha maturato il diritto in base alla legge ad uscire dal carcere. Rimarrà comunque in libertà vigilata per i prossimi quattro anni e sotto controllo e protezione – in quanto pentito – probabilmente per il resto della sua vita.
Non era sottoposto al regime di ergastolo ostativo – cioè il regime di carcere duro che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di taluni reati particolarmente gravi che non collaborano – in quanto collaboratore di giustizia. Quindi anche riformare l’ergastolo ostativo, come chiede il M5s, non impedirà in futuro di scarcerare mafiosi che abbiano collaborato con la Giustizia.
Il punto, sollevato da diversi pentastellati, è però che in base a una recente decisione della Corte Costituzionale (e a una precedente della Corte europea dei diritti dell’uomo) l’ergastolo ostativo deve essere modificato, lasciando aperta la possibilità che anche un mafioso che non abbia collaborato possa accedere ai benefici di legge, come permessi premio e liberazione anticipata.
Questo dipende, come avevamo spiegato in queste nostre analisi (qui e qui), dal fatto che non si può escludere in via teorica l’ipotesi di un ex boss che non abbia collaborato per valide ragioni (ad esempio, il fondato timore di ritorsioni contro la propria famiglia) ma che nonostante questo si sia sinceramente pentito e abbia troncato del tutto qualsiasi legame con l’organizzazione criminale. Negargli i benefici di legge, a queste condizioni, è incostituzionale.
Si vedrà nel prossimo futuro – la Corte Costituzionale ha dato un anno di tempo al legislatore per trovare una soluzione, prima di disapplicare la norma che prevede l’ergastolo ostativo – come il Parlamento affronterà la questione.
In conclusione
La scarcerazione dell’ex boss mafioso, responsabile della strage di Capaci, Giovanni Brusca ha scatenato aspre reazioni da parte della politica italiana.
Anche all’interno dei medesimi partiti si sono create sostanzialmente due fazioni, una (prevalente nel centrosinistra) che difende l’impianto normativo esistente, che premia i mafiosi che scelgono di collaborare con la giustizia per incentivare i pentimenti, e una (prevalente nel centrodestra) che chiede di cambiare la legge. Il M5s ha una posizione variegata e ha scelto di sfruttare il clamore mediatico legato al caso Brusca per rilanciare la propria battaglia sull’ergastolo ostativo.
Si vedrà nel prossimo futuro se, passata la reazione emotiva del momento, ci saranno interventi del legislatore sulla legge sui pentiti. Sulla legge che prevede l’ergastolo ostativo, il legislatore deve invece necessariamente intervenire entro l’anno prossimo, altrimenti la Corte Costituzionale boccerà la norma in questione, con conseguenze potenzialmente pericolose per il regime carcerario dei mafiosi (motivo per cui i giudici costituzionali non hanno applicato subito la propria decisione ma hanno dato al Parlamento un anno di tempo).
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