«L’1 per cento restituisca al 99 per cento dei giovani»: perché lo slogan del Pd sulla tassa di successione non funziona

Pagella Politica
Nell’ultima settimana c’è stato molto dibattito intorno alla proposta avanzata dal segretario del Partito democratico Enrico Letta di aumentare le imposte sulle eredità oltre i 5 milioni di euro, in modo da raccogliere fondi per dare ogni anno ai diciottenni meno avvantaggiati una «dote» da 10 mila euro.

L’idea di Letta è stata rapidamente accantonata dal presidente del Consiglio Mario Draghi e aspramente criticata dagli esponenti di destra, che l’hanno vista come un altro modo per aumentare le tasse. Il Pd invece ha difeso la misura, affermando che questa colpirebbe soltanto la fetta più abbiente della popolazione e ridistribuirebbe la ricchezza verso i meno fortunati.

In particolare il 21 maggio scorso Brando Benifei, capo delegazione del Partito democratico al Parlamento europeo, ha commentato la proposta su Twitter definendola «una misura di sostegno per i giovani», che verrebbe pagata dall’1 per cento di «eredi milionari» e andrebbe invece a favorire il rimanente «99 per cento» della popolazione italiana.

Il tweet è accompagnato da un intervento alla trasmissione Agorà su Rai 3 del 21 maggio, in cui Benifei ha ripetuto più volte lo stesso concetto sottolineando la contrapposizione tra l’1 per cento più ricco della popolazione, che sarebbe colpito dalla tassa, e il 99 per cento che invece ne gioverebbe. In una grafica aggiunta al video si legge: «L’1 per cento più ricco restituisca al 99 per cento dei giovani».
Sebbene sia vero che – per come è impostata ora – la misura del Pd andrebbe a vantaggio dei giovani, questo slogan rimane, appunto, uno slogan: anche seguendo le modifiche proposte il gettito delle tasse di successione non andrebbe comunque a favorire la grande maggior parte della popolazione italiana, e la platea di beneficiari è ben lontana dall’includere il 99 per cento dei cittadini o dei giovani. Vediamo come stanno le cose.

Breve ripasso sulle imposte di successione

Come abbiamo già spiegato, in Italia l’imposta sulle successioni e donazioni è stata introdotta nel 1990, rimossa nel 2001 dall’allora governo Berlusconi I e poi reintrodotta cinque anni dopo dal secondo governo Prodi. Questa riguarda tutti i passaggi di eredità e le donazioni tra vivi, ma è oggi caratterizzata da aliquote particolarmente basse e franchigie molto elevate (cioè l’importo minimo al superamento del quale scatta il calcolo delle imposte).

Oggi le eredità o le donazioni superiori al milione di euro e ricevute da parenti diretti (come figli, nipoti o genitori) sono tassate con un’aliquota del 4 per cento, che si applica soltanto sulla cifra che supera la franchigia del milione. L’aliquota sale al 6 per cento con una franchigia di 100 mila euro per i trasferimenti a fratelli o sorelle, e resta al 6 per cento senza però nessuna franchigia (in questo caso quindi la tassa va pagata sull’importo totale dell’eredità o della donazione) nel caso di altri parenti più lontani, fino al quarto grado.

Anche a causa delle soglie relativamente alte, in questo momento il gettito delle tasse di successione in Italia non è particolarmente rilevante: 429 milioni di euro nel 2020, 766 nel 2019 e 805 nel 2018.

Molti altri Paesi europei applicano aliquote ben più alte per tassare le eredità: in Francia possono arrivare fino al 45 per cento, in Spagna al 34 per cento e in Germania al 30 per cento.

La proposta del Pd

Il 20 maggio scorso, con un’intervista sul settimanale Sette del Corriere della Sera, il segretario del Pd Enrico Letta ha proposto di modificare la normativa italiana riguardante le sole successioni tra parenti diretti – quindi le eredità, non le donazioni – superiori a 5 milioni di euro: in questo caso, secondo la proposta del Pd, l’aliquota salirebbe dall’attuale 4 per cento al 20 per cento, da pagare comunque soltanto sulla somma eccedente i 5 milioni di euro.

Questo permetterebbe – secondo i calcoli dei Pd – di raccogliere 2,8 miliardi di euro all’anno, da redistribuire a «circa 280 mila ragazze e ragazzi» di 18 anni tramite una cosiddetta “dote”, cioè un bonus una tantum da 10 mila euro. La dote sarà ricevuta ogni anno dalla metà dei ragazzi che diventano maggiorenni, che infatti a gennaio 2021 erano circa 567 mila.

I beneficiari saranno selezionati in base all’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), dando precedenza alle persone con maggiori difficoltà, e il bonus potrà essere utilizzato solo per determinate spese nel campo dell’istruzione o della formazione, del lavoro o dell’imprenditoria e per le spese relative alla casa o all’alloggio.

Ricordiamo inoltre che l’idea di inserire una dote per i diciottenni non è nuova nel Partito democratico: lo stesso Letta l’aveva già accennata lo scorso 1 aprile, ospite alla trasmissione Porta a porta su Rai 1 (min. 29:45).

Ora che la proposta si è concretizzata e sono stati definiti gli elementi fondamentali, da dove arrivano le percentuali citate da Benifei secondo cui l’aumento sulle imposte di successione sarebbe pagato dall’«1 per cento» della popolazione, mentre ne beneficerebbe il «99 per cento»?

Togliere ai ricchi...

Partiamo dall’1 per cento che finanzierebbe la dote da 10 mila euro ai diciottenni. Questa percentuale sembra fare riferimento alle persone con un patrimonio superiore ai 5 milioni di euro, le uniche che verrebbero toccate in modo diretto dal cambiamento e sarebbero tenute a pagare un’aliquota del 20 per cento al posto dell’attuale 4 per cento.

È difficile sapere esattamente quante persone in Italia abbiano un patrimonio superiore ai 5 milioni. Stimare la ricchezza è infatti un esercizio molto complesso, visto che essa è costituita spesso da beni difficili da valutare o di cui non esistono registri. Una delle indagini più autorevoli sul tema, curata dall’Istat e dalla Banca d’Italia, analizza la ricchezza complessiva delle famiglie italiane – quindi non dei singoli individui – senza però indicare come questa è distribuita.

Anche se non ci sono informazioni dettagliate a riguardo, per farci un’idea generale del numero di milionari presenti nel nostro Paese possiamo guardare a due report diffusi da società private.

Il primo è uno studio curato dalla società di consulenza americana Boston Consulting Group, secondo cui nel 2019 nel nostro Paese erano presenti 400 mila milionari. Dato che la popolazione adulta quell’anno – ma anche nel 2020 e nel 2021 – era di circa 50 milioni di persone, i milionari costituivano l’1 per cento della popolazione con più di 18 anni.

Un’ulteriore conferma arriva dal Wealth Report dell’agenzia immobiliare Knight Frank, secondo cui nel 2021 in Italia per rientrare nell’1 per cento più ricco della popolazione è necessario avere un patrimonio di 1,4 milioni di dollari, che corrispondono a 1,1 milioni di euro.

Non sappiamo invece quante persone abbiamo un patrimonio superiore a 5 milioni di euro e verrebbero quindi realmente toccate dal potenziale aumento delle aliquote della tassa di successione di cui si sta discutendo. In ogni caso è molto probabile che il loro numero sia ancora più ridotto rispetto all’1 per cento circa della popolazione italiana, che come abbiamo visto rappresenta all’incirca la quota di cittadini con un patrimonio da 1 milione di euro e più.

Guardiamo ora al restante 99 per cento della popolazione, che beneficerebbe invece della misura in questione.

...per dare a chi?

Secondo Benifei, l’aumento del gettito delle imposte di successione serve per fare in modo che «l’1 per cento più ricco restituisca al 99 per cento dei giovani».

La seconda parte dell’affermazione rappresenta però un passaggio logico sbagliato: sebbene la parte più corposa delle tasse di successione viene effettivamente pagata solo dai più ricchi, secondo la proposta del Pd la dote che se ne ricaverebbe verrebbe data ogni anno a «circa 280.000 ragazze e ragazzi» che diventano maggiorenni. Questi corrispondono appena allo 0,5 per cento della popolazione italiana, che nel 2020 era di quasi 60 milioni di persone (il 99 per cento corrisponderebbe a circa 59 milioni di persone).

I 280 mila giovani citati dal Pd costituiscono poi il 3 per cento degli under 18 e il 2 per cento degli under 25: percentuali comunque molto ridotte.

Per stessa ammissione dei proponenti poi, la dote dovrebbe andare soltanto a metà delle ragazze e dei ragazzi che ogni anno compiono 18 anni, con una distinzione sulla base del reddito. I 280 mila citati sono infatti la metà dei circa 560 mila italiani di 18 anni. Non è chiaro quindi perché parlare del «99 per cento» dei giovani: al massimo, appunto, si tratta del 50 per cento dei 18enni.

Quel «99 per cento» potrebbe far riferimento ad effetti indiretti della misura, ma qui si entra nel campo delle ipotesi. È possibile, certo, che le operazioni di redistribuzione della ricchezza, come anche quella proposta dal Pd, abbiano ripercussioni su larga scala: per esempio, se un diciottenne utilizza i 10 mila euro della dote per avviare un’impresa, questa poi potrà crescere, assumere personale, pagare le tasse e via dicendo. Inoltre, il potenziale effetto redistributivo della tassa di successione è stato confermato da un recente studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Allo stesso tempo però non possiamo sapere a priori e in che misura l’aumento delle aliquote sulle tasse di successione influirà sulla grandissima parte della popolazione italiana. Quello che sappiamo è che i beneficiari previsti (280 mila giovani ogni anno) costituiscono lo 0,5 della popolazione complessiva, il 3 per cento degli under 18 e la metà dei diciottenni.

In conclusione

Il 20 maggio scorso il segretario del Pd Enrico Letta ha proposto di aumentare le aliquote della tassa di successione sulle eredità superiori ai 5 milioni di euro, in modo da raccogliere i fondi per dare ogni anno ai diciottenni italiani meno abbienti una dote una tantum da 10 mila euro.

Nell’ambito del dibattito nato intorno alla proposta, il 21 maggio il capo delegazione del Partito democratico al Parlamento europeo Brando Benifei ha scritto su Twitter che la una misura che sarebbe «pagata dall’1 per cento di eredi milionari» e andrebbe «a favore del 99 per cento» della popolazione italiana. In un video allegato al tweet si legge inoltre: «L’1 per cento più ricco restituisca al 99 per cento dei giovani».

Abbiamo controllato, e l’affermazione è vera solo per metà: se infatti è possibile che i milionari italiani – cioè coloro che pagano la maggior parte delle tasse di successione, e che verrebbero toccati dall’aumento proposto dal Pd se il loro patrimonio supera i 5 milioni di euro – rappresentino all’incirca l’1 per cento della popolazione adulta, non è invece corretto sostenere che il restante 99 per cento beneficerà delle modifiche.

La proposta del Pd prevede infatti di utilizzare i fondi ricavati dall’aumento delle tasse di successione per finanziare una dote da 10 mila euro da dare ogni anno a circa 280 mila giovani che diventano maggiorenni: questi rappresentano appena lo 0,5 per cento della popolazione totale.

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