Italia e Francia litigano ancora su un importante tunnel chiuso dal 2020

Questo articolo, scritto da Luca Fiocchetti, è uscito il 9 maggio su L’Unica – Cuneo, una delle quattro newsletter del nuovo progetto di giornalismo locale di Pagella Politica e Facta. Le altre tre newsletter sono dedicate alle città di Torino, Alessandria e Asti. Qui trovate il sito ufficiale del progetto, mentre qui potete iscrivervi alle singole newsletter
I lavori al Colle di Tenda sul versante francese – Foto: ANAS
I lavori al Colle di Tenda sul versante francese – Foto: ANAS
Doveva essere neve. Lo pensavano tutti, anche se la temperatura era mite. Lo pensavano i vecchi montanari, quelli che non consultano le app, ma indovinano il meteo dal colore delle nubi e dall’odore dell’aria. E il 2 ottobre 2020 si sentiva un profumo diverso, con la resina di pino che si mescolava alle punte cariche di elettricità dell’ozono. Ma c’era anche qualcosa in più, qualcosa di indefinito che sembrava annunciare un cambiamento.

Doveva essere neve. E questa, anche se arriva in anticipo, non è mai una cattiva notizia nei paesi di montagna che aspettano gli sciatori. Invece era pioggia, quanta non ne era mai caduta in questi luoghi di confine tra Italia e Francia, dove il Colle di Tenda svetta come un ponte tra due mondi. La neve arrivò solo venti giorni più tardi, quando ormai al turismo non pensava più nessuno, perché la tempesta aveva letteralmente divorato tutto quello che aveva incontrato.

La chiusura del tunnel

Alex, così l’avevano chiamata, era il prodotto di un raro incontro tra un fronte freddo atlantico e un flusso caldo e umido in arrivo dal Mediterraneo. Era una tempesta che si spostava e intanto cresceva e si alimentava fino a diventare “perfetta” sulle Alpi Marittime, dove scaricò più di sessanta centimetri di pioggia in quindici ore. Una quantità d’acqua che questa terra di frontiera, dove si fondono vulnerabilità e bellezza, non era in grado di sopportare. I fiumi si ingrossarono rapidamente e, compressi tra le valli strette, svilupparono un’ondata devastante. Chi quella notte l’ha vissuta di persona ricorda soprattutto i rumori del vento, della pioggia, dei tuoni, delle frane, dei crolli, del ruggito dei corsi d’acqua – tutti insieme – uniti in un coro terrificante.

Alex terminò il suo assedio lasciandosi dietro diciotto vittime – anche se otto corpi non vennero mai ritrovati, trascinati chissà dove dalla furia dell’acqua – e un conto di circa tre miliardi di euro per le strade, i ponti e gli edifici distrutti sui due versanti del confine. Il tunnel del Col di Tenda, arteria vitale del territorio, rimase sostanzialmente intatto ma, mentre la linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia fu riaperta dopo pochi mesi, il traffico stradale è tuttora interdetto. Dopo un travagliato iter di lavori, critiche, polemiche e frustrazione tra le comunità, tensioni diplomatiche tra le autorità italiane e francesi e un collasso dell’economia locale basata prevalentemente sul turismo, era stata fissata la data del 30 giugno prossimo per la riapertura del tunnel stradale. Un’ottima notizia per il territorio, che però non ha mai festeggiato.
La situazione due giorni dopo l’alluvione a Limone Piemonte – Foto: ANSA
La situazione due giorni dopo l’alluvione a Limone Piemonte – Foto: ANSA
Perché, nel corso del tempo, la vicenda del tunnel è diventata un intreccio di accuse reciproche, ritardi strutturali e promesse disattese. In questo braccio di ferro diplomatico l’Italia giudicava eccessiva la cautela della Francia che, da parte sua, chiedeva pazienza in nome della sicurezza, ma nel frattempo le comunità locali pagavano il prezzo di un’infrastruttura strategica bloccata da oltre quattro anni. I lavori sul versante italiano, gestiti da ANAS, sono finiti per quanto riguarda le opere civili principali. La nuova canna del tunnel è stata dichiarata percorribile già a novembre 2023, e anche il ponte sul rio della Cà è pronto e collaudato. Ma sul versante transalpino, più danneggiato dalla tempesta, i progressi sono stati lenti e la ricostruzione degli imbocchi e delle infrastrutture di accesso al tunnel ha subìto pesanti ritardi.

Francia e Italia ai ferri corti

Così, quando lo scorso dicembre il governo italiano ha proposto una riapertura a senso alternato ha ricevuto dai francesi un secco rifiuto motivato da ragioni di sicurezza. La Conferenza Intergovernativa è stato il teatro dello scontro, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (Forza Italia), forte del via libera dell’ANAS, ha addirittura minacciato azioni legali contro la Francia: se ANAS dice che è sicuro, «non si invochi la sicurezza» come scusa. Il viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi (Lega) ha rincarato la dose sostenendo che il tunnel era transitabile e accusando la Francia di ostacolare il territorio. La risposta francese è arrivata subito per bocca dell’allora prefetto delle Alpi Marittime Hugues Moutouh: «Non si possono far correre rischi agli automobilisti, le condizioni minime di sicurezza non ci sono».

Nel tentativo di ricomporre la lite e di dare finalmente una data di riapertura, il 28 marzo si è riunita a Limone Piemonte la Commissione Intergovernativa Alpi del Sud: Rixi e il ministro francese dei Trasporti Philippe Tabarot hanno confermato l’impegno comune a riaprire il tunnel al più presto, stabilendo la data del 30 giugno. Ma lo scetticismo persiste tra gli abitanti della valle Vermenagna e della valle Roya, disillusi dalle ripetute promesse di riapertura mai mantenute. Ad accrescere l’incertezza c’è anche il precedente della linea ferroviaria del Frejus, bloccata da una frana e riattivata con un ritardo di diciotto mesi, segnato, anche questo, dal contrasto tra le pressioni italiane per ripristinare il servizio e le frenate dei francesi che hanno portato a continui rinvii.

Gli screzi tra Italia e Francia

A impensierire non è l’avanzamento dei lavori, di fatto già completati, ma i collaudi che, secondo il programma, devono durare 75 giorni. La data del 30 giugno dovrebbe essere rispettata, ma nessuno, da entrambe le parti del confine, l’ha ancora comunicato ufficialmente: solo voci, promesse, dichiarazioni spesso smentite. Una situazione che agita il territorio. Quel tunnel, che dal 1882 unisce Piemonte e Costa Azzurra, era il cuore di un’economia viva: ogni anno ci passavano un milione e mezzo di veicoli e la sua chiusura ha devastato il turismo e il commercio transfrontaliero.

Alcuni bar, ristoranti, noleggi sci e scuole di snowboard hanno chiuso definitivamente o ridotto drasticamente il personale. Il tunnel era un passaggio chiave, oltre che gratuito, anche per le piccole e medie imprese che esportano merci tra Piemonte e Provenza-Alpi-Costa Azzurra, soprattutto prodotti agroalimentari e manifatturieri. La chiusura ha costretto a deviazioni lunghe e dispendiose aumentando i costi di trasporto del 40 per cento secondo la Camera di Commercio di Cuneo. E l’effetto domino innescato da Alex si conclude con lo spopolamento. La chiusura ha accelerato l’esodo dalle valli perché molti giovani se ne sono andati per uscire dall’isolamento.

Il silenzio della politica

Il 29 aprile, il sindaco di Tenda Jean Pierre Vassallo ha ributtato la palla in campo italiano, dichiarando di aver appreso dal Ministero dei Trasporti che il 27 giugno ci sarà un’inaugurazione ufficiale alla presenza dei due ministri. Questa volta, però, la frenata è arrivata da ANAS. L’ente italiano, il 30 aprile, ha definito i dati tecnici sulla modalità di apertura comunicati da Vassallo «ampiamente inesatti». «Il Commissario straordinario Nicola Prisco e l’azienda stanno lavorando per consentire l’apertura del tunnel nei tempi previsti e concordati», dice l’ANAS. Ovvero il 30 giugno: dopo cinque anni di attesa non sono certo tre giorni a fare la differenza, ma questo botta e risposta è l’ennesimo segnale di quanto il cantiere abbia messo a dura prova i rapporti tra Italia e Francia.

Quello che continua a preoccupare i valligiani è il silenzio della politica, rotto dalle proteste della vicepresidente del Partito Democratico, Chiara Gribaudo. «Il Tenda non riaprirà il 27 giugno: dopo aver smentito i falsi annunci, ci potete dire quando avverrà l’apertura?», ha dichiarato polemicamente la deputata cuneese, prima di aprire a quello che per molti è il vero problema del Tenda. «Ancora non ci sono notizie sui ristori per la popolazione: invito il governo, a partire dal ministro Salvini che si è riempito la bocca di tante promesse mai mantenute, a sbrigarsi per aiutare chi è stato danneggiato dall’inefficienza di questa politica».

Il tanto atteso annuncio dovrebbe arrivare dalla nuova Conferenza Intergovernativa, che tornerà a riunirsi il 16 maggio, dopo gli ultimi controlli su luci, ventilazione e sistema antincendio. Ma anche con i lavori ultimati e il traffico ripristinato, le ferite economiche inferte dalla tempesta non si rimargineranno in fretta. Limone Piemonte e le valli circostanti hanno subìto anni di perdite e molte attività non riapriranno più. I turisti, abituati a nuove destinazioni, non torneranno in massa da un giorno all’altro. Secondo alcune stime, il turismo potrebbe aver bisogno di un decennio per riavere il fatturato del 2019 e ci riuscirà solo con incentivi mirati e investimenti strategici. Per le comunità di queste valli il tunnel è un punto di partenza, non un traguardo.
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